Un ringhio vibrò in fondo alla sua gola, seguito da un irrigidimento all’altezza dell’inguine, mentre chiudeva le dita attorno al collo della bambola attirandola a sé.

– D’accordo. – Veloce come il fulmine, la gettò su una chaise longue di velluto rosso, dove lei rimase immobile sempre con le gambe piegate; le ginocchia, prive di vigore, si aprirono offrendo un’immagine erotica quasi impossibile da sopportare: quella piccola quantità di sangue nelle vene di Roman esigeva di più, voleva la donna, voleva altro sangue.

Roman si sedette, scostandole i capelli dal collo. Il sorriso inebetito della bambola era un po’ imbarazzante, ma anche facile da ignorare e, quando lui si chinò, notò un riflesso nei suoi inespressivi occhi di vetro: non si trattava di lui, dato che non si rifletteva negli specchi, ma dei suoi occhi che sembravano due scintillanti luci rosse. CONNA l’aveva eccitato. Le voltò la testa per mettere in mostra il collo, dove l’arteria pulsante implorava prendimi, prendimi, e con un grugnito si premette contro di lei, le zanne che prontamente si allungavano provocandogli un’ondata di piacere in tutto il corpo. Il profumo del sangue lo travolse, portandosi via le ultime briciole di autocontrollo e liberando così la bestia interiore.

La morse, in preda al delirio, e troppo tardi si accorse di un fatto strano: in superficie, la sua pelle poteva apparire morbida come quella di un’umana, ma all’interno la consistenza era completamente diversa... Plastica dura, spessa, gommosa. Non riuscì a stabilire quanta importanza avesse per lui, poiché l’odore del sangue lo frastornava e il suo istinto, che gli ululava nel cervello come un animale affamato, gridava vittoria. Affondò i denti sempre più a fondo, fino a sentire quella soave sensazione di schiocco quando bucò l’arteria; santi numi, stava nuotando nel sangue! Con un prolungato gorgoglio, bevve il sangue che gli inondò le zanne e gli riempì la bocca, e quando ebbe finito ne succhiò ancora. Lei era deliziosa, era sua.

Fece scorrere una mano verso il basso e le strinse un seno. Che stupido era stato, accontentarsi di sorseggiare il sangue da un bicchiere! Come poteva sostituire la sensazione del sangue caldo che fluiva attraverso i denti? Per il diavolo, aveva dimenticato quanto fosse dolce, un’esperienza vissuta da capo a piedi che lo rendeva duro come roccia e gli incendiava tutti i sensi. Non avrebbe mai più bevuto il sangue da un bicchiere.

Con un altro strattone al collo di lei, si accorse di averla prosciugata e di essersela goduta fino all’ultima goccia... ma poi uno sprazzo di lucidità fece capolino in quello stordimento dei sensi: maledizione, aveva perso il controllo! Se lei fosse stata un’umana, sarebbe morta e lui avrebbe assassinato un altro dei figli di Dio!

Com’era possibile che un’esperienza del genere potesse favorire la correttezza dei vampiri civilizzati? Quella bambola avrebbe ricordato a ogni vampiro quanto fosse intensa e piacevole l’esperienza del morso e nessuno, nemmeno il più evoluto e moderno, l’avrebbe vissuta senza provare il desiderio di una vittima vera. Lui stesso non riusciva a pensare ad altro, se non di mordere la prima donna viva che avrebbe incontrato. CONNA non era la soluzione per la salvezza degli umani, ma un presagio della loro morte.

Roman staccò la bocca dal suo collo con un grugnito e sulla bianca pelle della bambola comparvero degli schizzi di sangue. Sulle prime pensò di avere aperto una falla, ma no, era certo di averla prosciugata... Dannazione, il sangue proveniva da lui! – Che diamine...?

– Oh mio Dio – sussurrò Laszlo.

– Eh? – Roman guardò il collo della bambola e lì, piantato nella plastica dura, c’era uno dei suoi canini.

– Gesù! – esclamò Gregori, avvicinandosi per vedere meglio. – Com’è possibile?

– La plastica... – Il sangue continuò a uscire dalla bocca di Roman e, maledizione, stava perdendo il pranzo. – All’interno, la plastica è troppo dura e gommosa, non assomiglia affatto alla carne degli umani.

– Oh cielo. – Laszlo si mise a tormentare un altro bottone con le sue dita nervose. – È terribile! La consistenza era così reale all’esterno, non me ne sono accorto... Mi spiace molto, signore.

– Questo è l’ultimo dei nostri problemi – replicò Roman, liberando il dente dalle pieghe del collo della bambola. Avrebbe discusso più tardi delle sue sfortunate conclusioni: per il momento aveva bisogno di riattaccare il canino.

– Stai ancora sanguinando – commentò Gregori, porgendogli un fazzoletto bianco.

– La vena del nutrimento collegata al dente è aperta. – Roman premette il fazzoletto contro il buco dove prima c’era il suo canino destro. – Me-da.

– Potrebbe chiudere la vena con i suoi poteri di guarigione – propose Laszlo.

– Ma così la figillerei definitivamente, rimanendo per l’eternità un vampiro con un folo canino laterale – replicò Roman, togliendo poi il fazzoletto e inserendo di nuovo il canino al suo posto.