Andrew non aveva tardato a capire che suo padre era una di quelle persone convinte che ogni singolo istante della vita di un essere umano dovesse essere impiegato utilmente. Ogni sforzo, ogni singola corda doveva essere tesa per il raggiungimento di obiettivi sensati. Vedere che il suo unico figlio passava il suo tempo con quelli che lui definiva un mucchio di mediocri, sentirgli dire che non voleva andare al college e sentirlo rincasare ogni giorno a notte fonda per ritirarsi in una stanza che puzzava di chiuso e indifferenza, era quanto di meno avesse sperato per Andrew.

“Se lo sai, perché me lo chiedi” gli rispose con superficialità Andrew e si avviò alle scale che portavano di sopra, lasciando dietro di sé una scia di impronte fangose. Era stanco e non aveva voglia di litigare, quella sera. Voleva solo sdraiarsi sul suo letto e fissare il buio e la pioggia fuori dalla finestra.

“Se ti vedesse tua madre…”

Andrew si immobilizzò a metà scala.

“La mamma avrebbe approvato le mie scelte. Sei tu che ancora non ci riesci.”

“E come potrei, vedendoti che sprechi la tua vita in questo modo?”

“La vita è mia e ne faccio quello che voglio” dichiarò con durezza Andrew. “Non m’importa.”

“Girati, devo parlarti.”

Andrew fece finta di non sentire e continuò a salire le scale.

“Obbedisci!”

Andrew si girò di scatto e rivolse al padre un’espressione colma di risentimento. “Ti ho già detto che non…”

“Questa è un’altra cosa” disse il signor McLeod e la sua voce sembrò rimpicciolirsi, come se volesse redimersi da quell’ennesimo scontro.

“Ho parlato al telefono con una persona, prima. Questa persona mi ha detto che…”

Andrew scorse qualcosa in fondo agli occhi del padre. Un luccichio che non aveva mai visto prima, come se per un istante al posto delle iridi avesse avuto due piccole monete d’ argento.

Adam McLeod si schiarì la gola. “Conosci un uomo che si chiama Morvus Wolfe?”

“Mai sentito.”

“Certo” concesse Adam McLeod, quasi fosse compiaciuto da quella risposta. “Questo Morvus Wolfe è a capo di un… be’, un gruppo di persone, qui in città, persone che hanno un compito molto importante.”

“Che genere di compito?”

Adam McLeod annuì, più rivolto a sé stesso che al figlio. “Questo Morvus Wolfe mi ha detto che tu sei…” La sua voce adesso era un tremito sottile.

“Cosa?”

Adam McLeod socchiuse le labbra, ma le serrò prima di proferire parola.

“Che io sono cosa?” insisté Andrew. “Di che diavolo stai parlando?”

“L’appuntamento è tra poche ore alla Winston House” disse Adam McLeod con un sussurro.

Andrew guardò il padre con sospetto. “Guarda che non ho nessuna voglia di mettermi addosso una tuta arancione e andare a difendere le balene al Polo Nord.”

Adam McLeod scosse piano il capo e si allontanò. Poco dopo, passando davanti la sua camera da letto per andare in bagno, Andrew lo vide seduto con il volto coperto dalle mani.