Si sentì un idiota a restare lì impalato. Cosa doveva fare?

Vito non era stato chiaro in proposito.

– Entra e combatti – era stato il suo unico suggerimento, prima di indicargli l’ingresso dell’anfiteatro.

Meglio mettere da parte le forze, quindi. Che Bruce continuasse a dare spettacolo. Il suo turno sarebbe arrivato sul campo: avrebbe schivato uno o due colpi prima di subirne altrettanti e gettarsi a terra, fingendo di essere in difficoltà. A quel punto sarebbe intervenuta Signorina, a mettere in ordine le cose. Sì, era una buona idea. Avrebbe rischiato di perdere un dente, vista la dimensione delle mani di Bruce, ma che diavolo? I soldi doveva pur guadagnarseli.

Piano pronto, non restava che imitare l’avversario e provare a riscaldarsi un po’. Mark saltellò sul posto, ma i muscoli gli ricordarono le botte prese il giorno precedente.

Aveva le gambe pensanti, il braccio destro anchilosato e diverse costole non del tutto guarite. Di solito Signorina lo rimontava pezzo per pezzo in un paio di ore, ma non sempre. Mark aveva impiegato anni a notare che più lui era affamato, più le capacità di Signorina erano fiacche.

Legati a doppio filo, ecco com’erano.

E purtroppo in quei giorni Mark aveva messo nello stomaco davvero poco. Proprio una bella sfiga.

Colpì l’aria con un gancio deciso e il mondo prese a vorticargli intorno.

Male.

Poteva andare bene la stanchezza, il dolore alle costole e persino il braccio intorpidito; non avrebbe dovuto usare molto nessuna delle tre cose. Le vertigini, però, erano un problema.

Un uomo in completo scuro entrò nella gabbia da una porta secondaria e guadagnò il centro dell’arena. Passò indice e pollice sui baffetti scuri, lisci quanto i capelli, tirati indietro con un gel che per Mark proveniva direttamente da una betoniera, e fece cenno ai due sfidanti di raggiungerlo. Solo quando salutò il pubblico, però, Mark si accorse che aveva un minuscolo microfono tra orecchio destro e bocca. Poco importava. Per lui poteva avere anche un cavo elettrico che gli spuntava dal culo. L’unica cosa che gli interessava era Bruce, la sua espressione da killer con il quoziente intellettivo più basso della media e almeno cento chili di muscoli attaccati alle ossa.

Bella storia.

Mark non si pesava da anni, però sospettava di essere sotto i sessanta ed era cosciente di avere aspetto e colorito di un malato di dissenteria già sull’ascensore per l’inferno.

Si trattenne dall’azzardare lo sguardo minaccioso che aveva perfezionato negli anni. Vista la situazione, tutt’al più Bruce si sarebbe fatto una risata. Mantenne invece un’espressione il più seria e calma possibile. Tanto contro Signorina i muscoli erano utili quanto la sabbia per saziare la fame.

Concentrati sui soldi. Sul mucchio di soldi. E su Signorina.

– Ne abbiamo buttati a terra grossi come cavalli, vero tesoro?

Era una finta, e lo sapeva. La tensione venne fuori nel momento in cui dovette mordicchiarsi il labbro. Chissà, magari per lo sguardo da troglodita di Bruce e per i suoi muscoli tesi e lucidi di sudore. O forse era colpa di una frase di Vito, che in un primo tempo aveva sottovalutato e che adesso gli riecheggiava nelle orecchie.

– Ti conviene fare sul serio e stare molto attento: non ci sono regole, potrebbe anche ammazzarti.

Ammazzarlo.

Un conto era perdere due denti, beccarsi un occhio nero o qualche costola incrinata. C’era abituato.

Ma morire?

Benvenuti signore e signori in questo scorcio di un passato eterno! – esordì in inglese il presentatore, – Prima dare inizio allo spettacolo vorremmo ricordarvi che per le scommesse potete rivolgervi a uno dei nostri uomini, che troverete all’inizio di ogni fila. Saranno lieti di accontentare qualsiasi vostra richiesta durante e dopo lo spettacolo. Per noi è un onore e un piacere far sì che per voi questa sia una serata di puro divertimento e soddisfazione. Ringraziamo inoltre Siracusa e la famiglia Serenissima per lo spettacolo di stasera! – Mark notò che, indicato da un cenno che somigliava più a un inchino, Vito sollevò il bicchiere, – In questa magnifica notte, sotto i vostri occhi, ben due Shaders si affronteranno in un combattimento senza regole.

Due Shaders? Che significava “due Shaders”?

Sì signori – continuava intanto il presentatore – Oggi assisterete a un grande spettacolo! – zittì gli applausi che seguirono con un plateale cenno delle mani, – E ora, prima di dare inizio al combattimento, vi presento i due sfidanti! Alla mia destra il campione in carica. Con le sue quindici vittorie di fila contro Shadeless e ben tre contro Shaders, è uno dei combattenti più apprezzati al mondo: ecco a voi il campione olandese Adrian lo Strangolatore, con il suo Red Shade, il Gatto del Cheshire! – Grida e incitamenti rimbombarono nell’arena. Adrian rispose alzando un braccio, ma la sua faccia sembrava scolpita e l’espressione non subì il minimo mutamento.