Daredevil è un film per la TV di 13 ore. 

Per questo ho ritenuto imprescindibile la sua visione completa, a differenza di quanto fatto con altre serie, delle quali ho recensito la puntata pilota.

La stessa modalità con la quale gli episodi sono disponibili sulla piattaforma Netflix, tutti insieme da subito (ma non in Italia per ora),  ne consente la visione uno di seguito all'altro a seconda del proprio tempo.

La stretta consequenzialità di ogni episodio ne sconsiglia ovviamente la visione in ordine sparso, visto che sono concepibili come capitoli di un romanzo, non come racconti autonomi.

Le storie che Daredevil racconta sono tante. Quella dei due amici e colleghi Matt Murdock (Charlie Cox) e Foggy Nelson (Elden Henson), giovani avvocati che aprono lo studio a Hell's Kitchen, il malfamato quartiere della loro infanzia. Ed è il primo caso, l'omicidio del quale è accusata Karen Page (Deborah Ann Woll) che li coinvolgerà in una intreccio di speculazioni edilizie e scontri di bande criminali per la gestione di grandi appalti nel quartiere.

Ma Matt non è solo un avvocato, è anche il misterioso vigilante che la notte pattuglia il quartiere cercando di porre un argine alla criminalità.

Cieco dall'infanzia - un incidente mise a contatto i suoi occhi con una sostanza tossica, privandolo della vista - Matt ha ricevuto un dono in cambio: tutti gli altri sensi sono iper amplificati, tanto che ha dovuto essere addestrato a filtrare i suoni e gli odori del mondo che lo circonda. 

Ed è uno dei primi motivi che ci fanno fortemente empatizzare con Matt, non per la sua apparente disabilità, ma perché anche con le sue straordinarie facoltà, Matt è fragile. Nonostante la buona volontà e la conoscenza delle arti marziali, è un eroe dilettante, vulnerabile ai colpi degli avversari, e ha bisogno di chi possa rattopparlo quando subisce ferite che necessiterebbero di un ospedale, come l'infermiera Claire Temple (Rosario Dawson).

La trama è complessa. Una partita a scacchi, anche mediatica, nella quale attore sarà anche il reporter Ben Urich (Vondie Curtis-Hall), tra forze che sembrano impari, con un avversario, Wilson Fisk (Vincent D'Onofrio) che sembra invicibile

Karen e Foggy saranno di aiuto, ma non dobbiamo sottovalutare la forza che è capace di infondere a Wilson l'amata Vanessa (Ayelet Zurer), per esempio.  A ribadire che la lotta non è solo dei protagonisti, ma che è il lavoro di squadra che vince.

Nel calderone, attori e/o pedine del dramma, c'è di tutto, dalla Mafia di varie nazionalità a pericolosi ninja, in una miscela che costruisce un crescendo narrativo che procede lento ma inesorabile.

Pur avendo tanti momenti d'azione pura, Daredevil non è una serie action propriamente detta: i ritmi degli episodi non sono dettati dagli slot pubblicitari, ma dalla volontà del narratore. La narrazione della serie si sviluppa sì con l'intreccio di storia e dialoghi, ma anche con tecniche visive ben utilizzate: un ottimo montaggio (tanti e fondamentali i flashback sull'infanzia di Matt e Wilson); l'uso mirato della luce, con toni di giallo elettrici e sferzanti, ombre e chiaroscuri; scene in profondità di campo e piani sequenza.

Undici registi, ma una sola ben precisa direzione produttiva, quella data dal creatore Drew Goddard e soprattutto dallo showrunner Steven DeKnight, danno alla serie una forte e unica personalità, tanto da rendere necessario, come ho detto, un suo esame complessivo, come fosse un solo film.

Vincent D'Onofrio in Daredevil
Vincent D'Onofrio in Daredevil

Se chi non conosce la saga troverà un bel noir, con vibranti capovolgimenti e colpi di scena, l'appassionato di fumetti griderà al miracolo quando vedrà così ben rappresentati i personaggi a lui noti.

Nessuno degli attori scelti è meno che bravo, il risultato è che se non fisicamente, nella caratterizzazione data dai dialoghi e dalle azioni, sembrano tutti usciti dalle pagine delle storie a fumetti. 

Non posso non citare Stick, magistralmente interpretato da Scott Glenn, per cominciare. Il suo è il ruolo del mentore spietato di Matt, l'uomo che gli ha consentito di sfruttare al meglio i suoi poteri, ma che ha delle intenzioni e degli scopi nel quadro generale tutti suoi.

Kingpin contro Spider-Man. Cover di John Romita
Kingpin contro Spider-Man. Cover di John Romita
Però, sarà anche banale ma è doveroso dirlo, Vincent D'Onofrio schiaccia tutti. Non è Wilson Fisk, alias Kingpin, solo nell'apparenza fisica, ma soprattutto quando sferra i suoi pugni, quando si dimostra letale e agile nonostante la mole, come negli immancabili duelli con Devil (nome italiano di Daredevil), ma anche quando uccide con ferocia chi ha osato interromperlo in un momento di relax, o quando rovescia un tavolo in uno scatto d'ira.

La sua gamma di espressioni riesce a toccare anche le tenerezze e le fragilità di un personaggio complesso, che ritengo imprescindibile nei futuri sviluppi del Marvel Cinematic Universe, magari nel film di Spider-Man.

Il mio auspicio finale è ovviamente anche per il protagonista Matt Murdock/Daredevil. Dopo una partenza così buona è necessario che ritorni, con tutta la sua mitologia, ma anche i drammi che lo hanno reso un personaggio straordinario. Storie da raccontare non ne mancano, magari collegandolo al resto del Marvel Cinematic Universe, visto che da qualche parte, a occuparsi di altri problemi di scala cosmica, ci sono gli Avengers. E chi conosce Rinascita di Frank Miller e David Mazzucchelli sa a cosa mi riferisco.