In passato si è parlato delle produzioni televisive contemporanee del Bel Paese finendo col riconoscere che, in barba alle mode mondiali, il fantasy sia ancora un genere bistrattato in favore di polizieschi e cinefiction religiose. Esistono tuttavia nuove generazioni che, muovendosi parallelamente al sistema dominante, cercano coraggiosamente di proporre alternative al costo di cercare sponsor minori bussando a ogni porta. Tra questi audaci figura Fabio Cento, regista e ideatore di Gorchlach: the legend of Cordelia, puntata pilota di una eventuale serie che mira ad aprire la strada al fantasy/storico nostrano. Sono circa 40 minuti di girato che però stanno attirando l'attenzione dei concorsi esteri e hanno destato la nostra curiosità.

Pà de fin sensa fouà – La trama

Dicono le leggende che in un tempo remoto, nei territori che coprono l'odierna Val d'Aosta, giunse il semidio Ercole (Christian Peretto) per consegnare a un custode puro di cuore l'artefatto noto come Gorchlach. L'amuleto, ricavato dal cuore fossilizzato dell'idra, venne infine concesso a Cordelo (Gianluca Calamai), leader dei Salassi e condottiero celtico che si insediò tra le Alpi fondando la città di Cordelia.

Lo strumento ha destato nei secoli l'attenzione di uomini potenti e ambiziosi, il sangue di molti uomini è stato versato per difendere o conquistare il potere che era celato in esso, ma il tempo fa il suo corso tramutando ciò che era storia in mito, quindi in oblio. Ai giorni d'oggi queste storie sono tramandate solamente dai vecchi (Antonio Vizzi doppiato da Luca Biagini) che vogliono intrattenere i nipoti (Tommaso De Tuddo) prima del sopraggiungere del sonno, ma le cose sono forse destinate a cambiare.

Guglielmo Corsaris (Federico Mariotti), giovane archeologo di buone speranze, ha scoperto nel suo sito archeologico un corpo mummificato e, senza pensarci due volte, ha strappato dalle dita rinsecchite del corpo un manoscritto polveroso. Celando l'esistenza di questo diario alle autorità, l'uomo contatta Rachel Blackwood (Alice Lussiana Parente), sua collega nonché vecchia fiamma, nella speranza di decodificare i segreti celati dalla mitica Cordelia.

Un ommo sensa ardzen l'est un laou sensa den – Breve antefatto

Come sempre capita in queste situazioni mi ritrovo a esplicitare una breve premessa: l'autoproduzione in questione si è mossa su un terreno minato da evidenti ristrettezze economiche. In questo senso è opportuno manifestare una certa clemenza nei confronti degli inevitabili difetti legati alle soffocanti limitazioni pecuniarie: poco tempo per adattarsi alle coreografie d'azione, fondali digitalizzati che balzano all'occhio e titoli di testa che farebbero venire una sincope sia a Oliver Kuntzel che a Florence Deygas. Detto questo passiamo all'analisi più approfondita.

Qui l'at pi de fi, fei pi de teila – Attori

Il cast è sorprendentemente variegato e valido, supportato da costumi ben studiati e da un'analisi storica del territorio che risulta perlomeno verosimile e coerente. La peculiare struttura narrativa su cui poggia Gorchlach ha portato altresì a promuovere a protagonisti molti personaggi ai quali solitamente verrebbe relegato un ruolo puramente secondario, se non direttamente quello di comparsa. Tra i nomi più noti risaltano sicuramente quelli di Sergio Muniz, di Roberto Accornero e di Andrea Damarco i cui ruoli, avrete notato, non sono stati in alcun modo menzionati nella sinossi.

Queste celebrità, nonostante interpretino anche ruoli interessanti e d'intrattenimento, non riescono ora come ora a inserirsi nel filone narrativo, offrendo elementi di colore che tuttavia non fanno progredire attivamente la trama. In altre parole: sembra quasi che sia stato fornito spazio a certi personaggi più in favore dei grandi nomi che vi sono dietro che nell'ottica di tessere un solido intreccio.

La cassola o l'étola – Struttura

Tenendo in considerazione il breve minutaggio dell'episodio, la decisione del sondare quattro diversi filoni temporali risulta ardita e non completamente appagante. Molti sono i dettagli solamente suggeriti che sembrerebbero sposarsi a elementi ancora inesplorati, ma nella parziale sterilità della puntata pilota questi indizi finiscono con lo stonare come bizzarrie, soprattutto ora che siamo ben abituati alle ambigue raffinatezze delle narrative televisive d'oltreoceano (basti pensare a Westworld).

Che il professor Corsaris si gratti patologicamente un occhio non è un problema, che una comparsa lo faccia notare con fare esplicito è molesto, che la cosa non conduca a nessuna conclusione è irritante. Grazie al cielo queste dinamiche sono estremamente rare, ma proprio per questo quando si presentano si stagliano in tutta la loro mole.

Oeuf d'une heure, pain d'un jour, vin d'un an – Comparto tecnico

Oltre ai già osannati costumi va fatto un plauso anche alla fotografia di Dario Corno. Il suo occhio, affiancato a quello di Fabio Cento, ha garantito una serie di inquadrature che rispettano l'immaginario a cui si voleva attingere. Le occasionali cadute di stile sono facilmente attribuibili alla povertà di alcuni set o a evidenti limitatezze nei tempi, mentre le scene che hanno avuto la fortuna di arricchirsi di dettagli risaltano sia per qualità della composizione che per un felice altalenarsi dei tagli di campi e controcampi.

Tra le altre piccole scelte vittoriose figura l'utilizzo dei droni per alcune vedute aeree. Schivato il pericolo dell'affidarsi a macchinari fastidiosamente traballanti, la produzione è riuscita a scomodare specialisti che sono stati in grado di garantire movimenti di camera dinamici di sicuro effetto, il tutto senza scadere nell'infantile tentazione di abusare di questo escamotage filmico.

Travail bien invionnà l'est metsà travonnà – Conclusioni

Come episodio pilota, Gorchlach fa molti passi falsi. A partire dal titolo, complesso al punto che il pubblico si lamenta di non riuscire a pronunciarne il nome, vi sono molti piccoli attriti che complicano la vendibilità del prodotto. Quello che ne risulta non è tanto un'atmosfera pregnante quanto un insieme di idee allo stato embrionale ma pronte per crescere ed esplodere.

Il difetto principale della singola puntata è anche la forza di quella che potrebbe divenire una serie. Certo nel caso sarebbe necessario lavorare duramente per dare un'eleganza al copione, rendendo appetibile al pubblico una tematica poco considerata qual è il mito della Val d'Aosta e garantendo un'immersione cronologica che non necessiti di continue didascalie per essere fruita.