Quando l’arte chiama Napoli risponde! 

Dal 26 settembre 2019 al 23 febbraio 2020 la Basilica di Pietrasanta di Napoli regala un’esposizione di oltre 200 opere del rivoluzionario artista americano Andy Warhol, curata dal giovane esperto Matteo Bellenghi.

La mostra presenta una nuova esposizione e un nuovo focus, ed è suddivisa in più sezioni , tutte interessanti.

Andy Warhol, la vita

Andy Warhol è figlio di due immigrati slovacchi, Warhol è nato a Pittsburgh, Pennsylvania, il 6 agosto 1928; nel 1942 il padre muore di tubercolosi, ed Andy studierà al Carnegie Institute of Technology dal 1945 al 1949. Nello stesso anno si trasferisce a New York, condivide una stanza con Philip Pearlstein, un pittore che diverrà poi molto noto negli Stati Uniti per i suoi ritratti di nudo. 

Andy non ha un soldo in tasca e racimola qualche spicciolo facendo occasionalmente il grafico pubblicitario presso famose riviste quali Vogue, Glamour e Harper’s Bazar. 

Warhol nel 1949 vive in un seminterrato infestato dagli scarafaggi, e persino durante un’importante mostra ne esce uno dalla sua borsa; la scena non passa inosservata alla fashion editor di Harper’s Bazaar, Carmel Snow, che intenerita, e allo stesso tempo affascinata dalla genialità dell’artista, gli affida il suo primo ingaggio di prestigio.

Andy Warhol a Napoli. Foto di Claudia Graziani. (c) Arthemisia
Andy Warhol a Napoli. Foto di Claudia Graziani. (c) Arthemisia

Nella vita di Andy nulla avviene per caso insomma, e persino un divano abbandonato sul ciglio di una strada ha la sua importanza: nel 1963 fonda la “Silver Factory”, e Billy Name, fotografo e grande amico di Warhol,  portò nella sede della Factory, un divano rosso recuperato tra i rifiuti di strada; sarebbe diventato l’oggetto più famoso dello studio di Warhol, usato per decine e decine di servizi fotografici.

Il 3 giugno 1968 è preso di mira da un femminista, Valerie Solanas, affetta da evidenti problemi mentali, che gli sparò riducendolo in fin di vita. Da allora l’artista Pop decide di limitare le sue uscite in pubblico, contribuendo ancora di più a creare il suo mito. Muore il 22 febbraio 1987 a New York, a seguito di complicazioni avvenute durante una banale operazione chirurgica.

Andy Warhol, la mostra a Napoli

La mostra partenopea di Andy è una sequenza di opere del mondo Pop che ha stravolto qualunque definizione estetica precedente, attraverso miti dello Star System e del merchandising come le intramontabili Campbell’s Soup, il ritratto serigrafato di Marilyn derivato da un fotogramma di Gene Korman, le celebri serigrafie di Mao del 1972 e il famosissimo Flowers del 1964. 

Ritratto di Beuys. Foto di Claudia Graziani. (c) Arthemisia
Ritratto di Beuys. Foto di Claudia Graziani. (c) Arthemisia

Alle opere che raccontano la scena americana agli inizi del ‘900 si alternano lavori che rivelano il rapporto di Warhol con l’Italia e un focus dedicato alla città di Napoli col suo Vesuvius del 1985, e il Ritratto di Beuys, realizzato nel 1980 in occasione della mostra tenutasi presso la Galleria Amelio.  

Opere senza dubbio d’impatto, anche se viene spontaneo chiedersi se la scelta dell’ambiente naturale da parte dell’artista, dello skyliner di Napoli, non sia un po’ in antitesi con le scelte pittoriche di un’arte ‘’popolare’’.

Tra le opere non mancano le rappresentazioni di figure storiche e volti di noti personaggi:

Man Ray, Keith Haring, Edvard Munch, Lenin, Giorgio Armani. Prezioso è il rarissimo ritratto della Monna Lisa realizzato con inchiostro serigrafico su pergamena nel 1978.

E ancora Liz, la serie Ladies and Gentlemen e i suoi Self portrait, per poi passare al legame con il mondo della moda e della comunicazione. 

I ritratti dei divi di Andy Warhol, hanno elaborazioni cromatiche pesanti, appaiono inespressivi, privi di emozioni, proprio come perfetti prodotti da “consumare”, in vendita tanto quanto gli oggetti quotidiani. La sua cruda pragmaticità ha anche radici nell’adolescenza, quando da bambino, a causa di una malattia della pelle, viene preso di mira dai compagni. Anziché giocare a baseball come ogni bambino dell’epoca, ascoltava la radio e guardava in faccia la realtà fatta di pochi sogni e tanti dolori.

Le cover di Andy Warhol. Foto di Claudia Graziani. (c) Arthemisia
Le cover di Andy Warhol. Foto di Claudia Graziani. (c) Arthemisia

A far vivere l’atmosfera degli anni 50’ ci pensano  la sezione di disegni derivanti dalla fase pre Pop di Andy Warhol, come raffigurazioni di anelli, orecchini e gemme provenienti dal suo primo lavoro di illustratore fino ad arrivare al mondo della musica, a mezzo di memorabili cover progettate e realizzate, come The Velvet Undreground & Nico e ritratti di Billy Squier, Mick Jagger, ecc… 

Utili alla comprensione del modus operandi “warholiano” sono le polaroid e gli acetati fotografici utilizzati per la successiva realizzazione dei ritratti: esposte icone del mondo del cinema come Arnold Schwarznegger, Silvester Stallone, Alba Clemente; del mondo musicale quali Grace Jones, Mick Jagger, Ron Wood, Stevie Wonder. 

Dall’ambito moda non mancano Gianni Versace, Valentino, Jean Paul Gaultier e ultimi ma non meno importanti i celebri Self Portrait dalla parrucca color argento. 

Secondo Warhol un’opera d’arte non deve avere nulla di misterioso,  e una scatola di minestra in un quadro, ad esempio, non ha bisogno di spiegazioni, non c’è bisogno di un lavoro di profonda analisi sul significato intrinseco del soggetto. Una scatola di minestra Campbell è evidentemente solo una scatola di minestra Campbell ed è possibile riprodurla all’infinito, come infinita è la sua disponibilità sul mercato alimentare.

Nelle sue oltre 200 opere il percorso artistico e privato dell’artista segna l’arte a tutto tondo, trasformando visioni e concetti, cristallizzando nell’immaginario collettivo volti, colori e scene e regalando all’Arte tutta, un aspetto nuovo.

Anche se Napoli ha ospitato il genio della Pop Art, Andy Warhol, spera di poter vedere al più presto le opere di altri bravissimi artisti, come Ai Weiwei, Damien Hirst, Jeff Koons.