I telegiornali danno sovente voce al “problema” dell’immigrazione. Che abbinino i flussi migratori all’aumento della criminalità o li usino per sottolineare gli squilibri interni all’Unione Europea, i rotocalchi tendono a fornire una rappresentazione denigratoria di questa realtà che, in fin dei conti, non è altro che un naturale subprodotto dell’economia globale. Il regista francese Pierre-François Martin-Laval non ci stá e muove una contronarrazione adattando a film il libro autobiografico Un re clandestino. Ne viene fuori Qualcosa di meraviglioso.

Trama – Apertura

Nura (Mizanur Rahman) è un vigile del fuoco bengalese, ma è anche un dissidente politico e un padre amorevole. Proprio suo figlio Fahim (Assad Ahmed), discretamente noto nella regione per la sua abilità con gli scacchi, diviene l’obiettivo del regime, il bersaglio su cui far ricadere la punizione delle contestazioni paterne. Dopo aver sventato per un soffio un tentativo di rapimento, Nura decide di abbandonare il paese assieme al suo primogenito, confidando di riuscire a costruirsi una nuova vita in Francia, ove cerca asilo politico.

L’uomo ha difficoltà a integrarsi. Non riesce a trovare lavoro, non impara la lingua, fatica a vedersi rilasciare il permesso di cittadinanza, ma sostiene pienamente le potenzialità del figlio, iscrivendolo a uno sgarrupato club di scacchi. Qui Fahim incontra il caritatevole affetto della manager, Mathilde (Isabelle Nanty), e la severa guida del mentore Sylvain Charpentier (Gérard Depardieu), i quali lo aiuteranno a divenire un campione e un cittadino europeo.

Tecnica – Mediogioco

Qualcosa di meraviglioso è un film tecnicamente curato, ma modesto. Completamente focalizzato sulla narrazione, poco si pena a investire su audaci scelte di regia. Si limita a un’impostazione tradizionale, sicura e collaudata, certo che l’attenzione verrà catalizzata dai temi trattati e dal cast stellare.

A livello di copione, la pellicola condivide pregi e difetti del testo originale. Scritto a sei mani da Fahim, il maestro di scacchi e la manager della scuola, Un re clandestino non può che essere un resoconto viziato in molteplici direzioni. Martin-Laval, piuttosto che alterarlo per sollevare nuove riflessioni, vi si adegua remissivamente, proponendo una trama dolciastra che mal cela un atteggiamento paternalistico e pseudo-progressista. 

Attori – Gambetto

Lo sconosciuto Mizanur Rahman è particolarmente competente nell’interpretare un clandestino che non si capacita del mondo alieno che lo circonda, mentre Assad Ahmed rappresenta magnificamente l’equilibrio tra arroganza e curiosità che caratterizzano il campione di scacchi che ha ispirato l'intera vicenda. Eppure ambo gli attori sono di poco conto, se comparati al cast di supporto.

Gérard Depardieu (Asterix e Obelix, Il conte di Montecristo) è una bestia sacra del cinema francese. È passato dall’essere un giovane che tirava a campare vendendo il proprio corpo e improvvisandosi tombarolo, all’essere riconosciuto come un campione della sfera attoriale. Ora come ora non solo si può dunque permettere di accettare ogni ruolo, ma gli è pure permesso di recitare male, qualora non si dovesse sentire abbastanza legato al resto del cast. 

Furbescamente, Qualcosa di meraviglioso lo propone nei panni di un vecchio intellettuale dal carattere burbero e leggermente manesco, giocando sulla sua indole naturale e pertanto limitando al minimo lo strato di finzione. Certo, quando deve dimostrare ulteriori sfumature emotive risulta impacciato e poco reattivo, ma si tratta di episodi sparuti che non intaccano la piacevolezza della sua performance.

Conclusioni – Finale

Pierre-François Martin-Laval ha dato vita a un film che una mente cinica potrebbe identificare come postcolonialista, se non addirittura nazionalista, ma un occhio meno traviato saprà certamente godere del calore umano insito in questa favola moderna. Pellicola accessibile a tutti che, pur non stupendo in alcun modo, sa intrattenere con leggerezza.