– Ci sono tutti? – Ecco, forse avrebbe trovato una risposta alla domanda. La voce veniva da dietro un carro, quello di Dwilamond, per la precisione. Un attimo dopo, emerse la figura di un uomo imponente. Era alto più degli altri e più massiccio. Indossava lo stesso elmo e la stessa armatura, ma un lungo mantello nero scendeva dagli spallacci fin quasi a sfiorare il terreno. Sul fianco, invece della spada corta portava legato uno spadone a due mani, con l’elsa finemente incisa che spuntava dal fodero di cuoio nero. Emanava di sicuro un’aria di rispetto e di minaccia e i soldati smisero subito di chiacchierare quando lui proferì parola. Aveva un volto quadrato, segnato dal tempo e da molte battaglie, una delle quali aveva lasciato su di lui un segno indelebile. L’occhio sinistro era solcato da una brutta cicatrice che aveva reso la cornea opaca e lattiginosa. Una folta barba grigia completava l’opera, rendendolo più simile a un orso che a un uomo.

Uno dei soldati si staccò dal gruppo. Il viso era di ghiaccio, privo di qualsiasi emozione. – Lord Haeragan, sono tutti qui, come da voi richiesto. – Anche la voce era priva di eventuali sfumature di umanità.

– Proprio tutti, mio fedele Thaedus? – fece Lord Haeragan con malcelata ironia. Il tono era carico di velate minacce e Kitlan si scoprì a rabbrividire, all’improvviso invaso da spaventose immagini di morte.

Thaedus non si scompose. – A parte i riottosi, mio signore.

– Ah, ovvio. E confido che non creeranno mai più dei problemi, giusto? – Il Lord prese ad aggiustarsi i guanti, come se ormai la discussione gli fosse improvvisamente venuta a noia.

– I corvi stanno già banchettando sui loro corpi, mio signore.

A quelle parole, Kitlan provò un senso di vertigine. Questo voleva dire che... No, non poteva essere. Eppure sapeva quanto suo padre potesse essere cocciuto e orgoglioso. Forse aveva reagito. Forse aveva estratto il pugnale. E forse...

– Maledetti! – Vuldric, il capo villaggio, si staccò dal mucchio di persone spaventate e agitò il pugno in direzione del Lord. – Con che diritto venite nel nostro vill...

Haeragan mosse la mano, infastidito, e un paio di uomini scattarono subito, come sospinti da un vento magico. Furono su Vuldric, spade in mano, e lo colpirono alla schiena e alle gambe con il piatto della lama. Il capo villaggio crollò al suolo con un gemito di dolore.

– Padre! – Nilalith si inginocchiò accanto al genitore ferito. Una lacrima le solcava il volto.

Haeragan fece un altro gesto. – Non mi pare di aver autorizzato la parola a nessuno di voi. – I due uomini che avevano colpito Vuldric afferrarono Nilalith e la gettarono a terra. Rimasero lì in attesa di ulteriori ordini, ma il Lord non disse e non fece altro, né la ragazza osò proferire parola. Kitlan si costrinse a non intervenire, mantenendo il sangue freddo e tenendo sotto controllo l’istinto, che lo spingeva a saltare addosso ai due soldati.

– Vedete di non farmi perdere altro tempo prezioso. Vorrei evitare di sostare in questo... letamaio oltre il limite consentito dalla mia sopportazione. Thaedus! – Haeragan indicò il capo villaggio.

L’uomo si mosse con ampie falcate, raggiunse Vuldric e lo costrinse a mettersi in piedi. Poi lo afferrò per il braccio e lo condusse dinanzi al suo signore.

– Tu sei il capo di questo... posto, dico bene?

Vuldric aveva il capo chino, ma lo alzò con aria di sfida e fissò il Lord dritto negli occhi. – Sì, sono io. E il posto si chiama Vilamego.

Thaedus colpì Vuldric allo stomaco, facendolo piegare in due per il dolore.

– Il tuo tono non si addice al mio rango, omuncolo. Vedi bene di rammentarlo. – Haeragan prese a camminare in cerchio. – Ora dimmi, capo – Aspettò che gli uomini ridessero all’allusione, prima di proseguire. – Dov’è la Strega?

Vuldric si sollevò, lo sguardo sinceramente stupito. – Strega?

Thaedus colpì di nuovo, questa volta con il piatto della spada all’altezza dei tendini della caviglia. Il capo del villaggio crollò in ginocchio.

Haeragan continuava a girargli intorno. – Non fare giochetti con me, omuncolo. Se mi dici subito dov’è la Strega, ti prometto che questa storia finirà presto. La mia è una richiesta del tutto lecita, non ti sembra?

Vuldric rimase in ginocchio e scosse la testa. – Non so di quale strega tu stia parlando.

Kitlan chiuse gli occhi quando Thaedus scattò. Sentì solo il rumore della percossa e il tonfo del corpo del capo villaggio che cadeva a terra. E Nilalith che piangeva sommessamente.

– Dov’è la Strega? – Haeragan sembrava aver perso il tono subdolo e sardonico e guadagnato in ferocia e minaccia. – Dov’è?

Sferrò un calcio al capo villaggio. – Non capisco questa ostinazione. Cosa vi ha offerto in cambio del vostro silenzio? Monete? Cosa? – Lo colpì ancora. – Amore? Fortuna? Vi ha blandito con qualche tipo di incantesimo? Oppure vi ha minacciato? – Un nuovo colpo. – Vi ha terrorizzato con i suoi poteri? Ha detto che vi avrebbe incenerito tutti? Cosa?

Vuldric si agitò sulla strada polverosa, tossì un paio di volte quindi riuscì a sollevare il busto, poggiando le mani in terra. – Non... non lo so.

Kitlan stava per esplodere. Non capiva il perché di tanta furia, di tanta malvagità. Quale mente malata poteva spingersi così in basso e provare del godimento nell’infliggere una simile sofferenza? Perché non poteva fare nulla per fermare tutto questo? Se avesse saputo qualcosa della Strega, lo avrebbe detto, pur di fermare quella crudeltà. Ma lui, nessuno di loro, sapeva nulla di quella donna. E perché il capo villaggio non inventava qualcosa? Va bene, non sapeva nulla, ma perché non fingeva di saperlo? Poteva dire che era andata al nord, verso le montagne. O a est, nelle Valli di Limodo. Poteva mentire e porre fine a quella tortura. Perché si ostinava a cercare rifugio nella verità? Oppure... conosceva davvero la Strega?

(Traduzione di Nunzio Donato)