Medici della peste, combattimenti frenetici, stile vagamente vittoriano e una punta di meccaniche “soulslike”: il videogame Thymesia sembra avere tutte le carte in regola per essere un capolavoro del genere action, tuttavia il titolo ci dimostra decisamente che non è tutto oro ciò che luccica. Abbiamo avuto modo di testarlo e l'esperienza è stata discretamente dolceamara.

Il mondo di Thymesia, tra derive e risacche

Il regno di Hermes ha lungamente abusato del potere dell’alchimia, uno sfruttamento intensivo che ha scatenato sui cittadini una pestilenza di portata catastrofica. Con il popolo ormai infetto che si trascina per i viottoli imbrattati di sangue, il combattente Corvus sembra essere l’unico in grado di risolvere la situazione, tuttavia una prepotente amnesia lo obbliga a rallentare il suo intervento, imponendogli di riesplorare le proprie memorie al fine di prepararsi all'epilogo del suo viaggio.

Quella sopra riportata non è che una breve sinossi di una trama che evidentemente si fa da parte per lasciare spazio all'azione, tuttavia i giocatori più navigati potrebbero già intravedere qualche parallelismo con un videogame a cui Thymesia viene frequentemente affiancato: Bloodborne. La comparazione regge poco, tuttavia i richiami sono presenti e le innegabili affinità finiscono con l'imporre a Corvus un metro di paragone difficile da raggiungere.

Thymesia, primo titolo sviluppato dal neonato gruppo taiwanese OverBorder Studio, patisce non poco dell’inesperienza dei propri creatori, i quali hanno tratteggiato il mondo di Hermes con scelte autoriali estremamente derivative e poco memorabili. Lo storytelling visivo e il level design risentono di questa immaturità, con il risultato che i livelli hanno quel look artificioso e tendenzialmente lineare tipico dei videogame anni Novanta. Le strade straripano di percorsi senza via d'uscita, le scorciatoie si rivelano inutili e mal progettate, quindi subentrano le piccole sciattezze, quali le proporzioni del protagonista che non si armonizzano con l'arredamento degli edifici o le numerosi pareti invisibili con cui si cerca di arginare la libertà di movimento dei giocatori.

Non siamo incappati in potenziamenti o segreti tanto interessanti da giustificare l'esplorazione profonda delle cittadine appestate. Complice il fatto che ogni combattimento rischia di causare gravi ferite, il Corvus che abbiamo avuto modo di controllare è infine divenuto un maratoneta specializzato nel correre disperatamente e nell'ignorare gli avversari incrociati sul cammino. Una strategia peraltro estremamente efficace visto che i personaggi non giocanti non sono in grado di inerpicarsi sulle scale a pioli, ma che finisce con il confinare gli scontri alle sfide obbligate.

Ma i combattimenti sono il fulcro del gioco!

La strategia del fuggire senza dignità solleva due problemi: non valorizza il ricco sistema di combattimento imbastito dagli sviluppatori e garantisce un’esperienza punitiva non appena si incontra un boss di fine livello. E i boss di fine livello sono già di per sé molto frustranti, in questo gioco. Inutile girarci attorno, Thymesia non è un gioco accessibile, almeno non fintanto che non si supera il prepotente scoglio iniziale. Non tanto per la sua alta difficoltà, quanto per il fatto che la profondità del suo sistema di gioco viene spiegata poco e male. Risulta dunque necessario imporsi di dedicare tempo alla sperimentazione sul campo, ma con la certezza di essere destinati a morire molteplici volte prima di aver assorbito concetti e tempistiche di esecuzione. E le tempistiche sono estremamente importanti.

Non esiste un limite alla frequenza degli attacchi, non ci sono "barre stamina" o affini, tuttavia non è neppure possibile interrompere in corsa un attacco e i nemici non si dimostrano particolarmente rallentati dai colpi subiti. A differenza di titoli soulslike quali Bloodborne o Sekiro, i programmatori non hanno inoltre avuto l'eleganza di accompagnare i combattimenti principali con colonne sonore create per formare un sodalizio tra il ritmo della musica e quella degli attacchi avversari, quindi le manovre belliche del proprio nemico risultano di difficile interpretazione e posso riservare fastidiose sorprese. La vita di Corvus si estingue nelle fasi iniziali di gioco con estrema velocità, quindi il decifrare le abilità dei boss risulta particolarmente snervante, soprattutto quando la loro presenza è annunciata costantemente da un filmato introduttivo. Non importa quante volte proverete a combattere il boss, ci sarà sempre una clip da saltare.

Il giocatore può affrontare le minacce che popolano la città con spadate, parate, schivate, ma anche con un lento artiglio "pestilenziale" che è in grado di carpire alcune abilità speciali temporanee dai propri avversari. L'idea del potenziamento è estremamente gradita, introduce una dinamica d'alto rischio che viene riscattata da un guadagno intrigante, tuttavia l'alternanza degli stili di combattimento è tutto meno che opzionale. Ogni avversario è dotato di due diversi bacini di salute: il primo va eliminato con gli attacchi tradizionali, il secondo con armi impestate. Se non lo si fa, i nemici rimarginano con un certo sadismo le proprie ferite.

Un ossatura "ruolistica" permette dunque di potenziare il proprio personaggio nelle statistiche e nelle abilità, tuttavia in molti casi i menù di selezione non sono sempre chiari e l'anteprima video proposta nella pagina di descrizione può non essere sufficiente a comprendere il valore di un determinato talento. Al novellino non resta che spendere punti e pregare di aver compiuto le scelte corrette, anche perché Thymesia adotta la meccanica tipica dei soulslike di azzerare i punti esperienza accumulati e non spesi qualora Corvus sopraggiunga la morte ultima.

Un prodotto che dovrebbe rimanere ancora un po’ in forno

Dietro allo sviluppo Thymesia c’è evidentemente molta passione, tuttavia il risultato attuale sembra più assestarsi al livello di un progetto scolastico particolarmente elaborato che di un videogioco destinato alla vendita. Considerando che non siamo riusciti a identificare i membri di OverBorder Studio – il sito ufficiale ne oscura il volto e non segna i nomi -, potrebbe tranquillamente essere che nessuno dei partecipanti al progetto abbia esperienze pregresse.

Manca in altre parole un estro creativo degno di nota, qualcuno che possa prendere le redini direttive per condurre il gioco verso orizzonti inesplorati. D'altronde, uno dei pregi dei titoli indipendenti è che, essendo low budget, possono azzardare a vagare in territori sperimentali e inediti senza incappare in grandi contraccolpi economici. 

A onor del vero, bisogna riconoscere che gli sviluppatori hanno dimostrato di essere presenti e di prestare orecchio ai riscontri dei tester. Come potete notare dalle scritte di comando che compaiono sui nostri screenshot, abbiamo avuto modo di testare il prodotto quando era ancora in una fase decisamente acerba, tuttavia nel giro di un paio di settimane l'esperienza è stata raffinata in maniera radicale.

L'uscita di Thymesia era originalmente prevista per inizio agosto, tuttavia la decisione di posticiparla è stata corretta e quei pochi giorni di differenza hanno permesso ai programmatori il tempo necessario a ribilanciare alcuni elementi di giocabilità decisamente critici, nonché gli hanno concesso un attimo di respiro per risolvere alcune sciatterie che balzavano rapidamente all'occhio.

Vale dunque la pena acquistare il titolo? Si e no. O, per meglio dire, dipende molto dalla cifra che verrà chiesta al consumatore. Sappiamo che Thymesia dovrebbe raggiungere PC, PlayStation 5 e Xbox Series X|S, tuttavia ancora oggi non esiste un listino prezzi ufficiale a cui poter far riferimento. In ogni caso, ci giunge difficile consigliare le avventure di Corvus a meno che il publisher non decida di puntare a un prezzo estremamente accattivante. Escludendo il sistema di combattimento, non c'è infatti molto da cui poter trarre soddisfazione.