Sinossi

Un emozionante horror estremo così come è estrema la follia che esplora, ambientato in una Roma sul ciglio dell’implosione. I canoni del thriller/horror vengono qui applicati ad un family drama, esplorando una società moderna che, sempre più in preda all’odio, si trova faccia a faccia con una pressione ancora maggiore. Negli ultimi giorni, Roma è stata il palcoscenico di un curioso evento: quando piove, i tombini esalano un vapore denso di origine e composizione sconosciuta. Nessuno immagina che chiunque respira questa misteriosa nebbia dovrà fare i conti con qualcosa represso dentro di sé, i loro più oscuri istinti, la loro rabbia. Nemmeno la famiglia Morel.

Mi piacerebbe iniziare con un confronto tra Roma e Trieste. Trieste ha avuto una storia particolare: la componente austro-ungarica, quella slava, quella italiana si sono stratificate nel corso dei secoli. Com’è nata invece la stratificazione sociale di Roma?

Penso che Roma sia una città fortemente stratificata, con una storia di continui cambiamenti che hanno formato strati su strati su strati. Ogni epoca ha vissuto i suoi fasti e le sue tragedie. Di questo parla il film. Il palazzo dove vivono i protagonisti è Roma. Tutto quello che Roma ha vissuto è rimasto sotto, è sceso nel sottosuolo, si è accumulato e torna in superficie. Penso che questa sia una spiegazione fantasiosa del perché Roma sia una città così reattiva, piena di sentimenti e impulsi, che puoi vedere sulla pelle delle persone. È una città complicata nella quale si avverte una forte insofferenza, che alla fine esplode. È un’immagine che ho provato sa ricreare nel film: Roma che ha accumulato questa spazzatura emotiva che non va via, ma resta lì.

Non penso sia un problema solo di Roma. Mi pare di vedere in giro gente molto più aggressiva rispetto a prima della pandemia.

La pandemia ha acuito questa rabbia sociale, questa insofferenza, però a Roma c’era già da prima. Ci stiamo allineando tutti,  non è un periodo felice per l’umanità intera e l’Italia accusa grossi problemi.

Una scena di <i>Piove</i>, di Paolo Strippoli
Una scena di Piove, di Paolo Strippoli
Il film inizia con una serie di scene di uccisioni ambientate nel passato: si riferiscono a eventi storici precisi?

Abbiamo effettivamente pensato per ogni uccisione un preciso evento storico, ma la nostra idea era comunque di stilizzare questi “quadri”. Il nostro riferimento erano le vignette di un fumetto. È un inizio teatrale, perché non è altro che un manifesto del film, un suo libretto. Un prologo che ti dice cosa stai per andare a vedere. E perché si è formata quella melma nel sottosuolo di Roma. 

Mi ha sorpreso il mostro finale di melma. Non me lo aspettavo.

È una rappresentazione del trauma. L’idea alla base del film è che quando perdi una persona, il suo ricordo può essere dolce, o può diventare rimorso. Per la famiglia dei protagonisti il ricordo di Cristina è diventato rimorso, un mostro dentro di loro che vediamo alla fine. Il mostro si materializza prima di scomparire. È come un pensiero negativo che ti cresce dentro, ti corrode, e prima di scomparire diventa sempre più brutto, fino a diventare la cosa più mostruosa. È la parabola del trauma, per liberarsi di qualcosa devi affrontarlo, guardarlo in faccia in tutta la sua bruttura, e solo quando è cresciuto fino a diventare la cosa più terribile del mondo allora inizia a scemare e scomparire. Mostrare una creatura di melma che si deforma è stato il mio modo per mettere in immagini questa idea.

Paolo Strippoli - Foto di Lorenzo Davia
Paolo Strippoli - Foto di Lorenzo Davia
Il film è incentrato sul rapporto tra padri e figli.

È un argomento che mi interessa. La famiglia è la prima unità della società, ne è il laboratorio. Basta vedere un padre e un figlio che interagiscono per capire dove sta il mondo adesso. Raccontare di padri e figli per me è importante perché è la misura di quello che siamo noi oggi come società. Questo senso di protezione che oggi esiste nei confronti dei figli è un riflesso di quello che il mondo è adesso, quello che percepiamo. La famiglia sarà sempre una fonte di ispirazione che vorrei esplorare nei miei prossimi film.

In effetti ho trovato un parallelo tra il trauma storico che si accumula nella popolazione, e quello famigliare. Le colpe dei padri cadono veramente sui figli?

Assolutamente sì. Come le colpe delle generazioni passate ricadono su quelle future. Siamo sempre responsabili per i prossimi.

Il concetto di colpa espresso nel film mi ricorda quello della tragedia greca.

Io e Jacopo (Del Giudice, co-sceneggiatore di Piove) ci siamo ispirati anche alla tragedia greca, soprattutto nel tono e nella progressione. Entrambi i protagonisti sono stati stupidi. Il padre ha voluto che fosse la madre a mettersi alla guida, è stato un gesto di orgoglio maschio che fosse lei ad andare a prendere i figli. Il ragazzo ha fatto uno scherzo stupido, ma con una conseguenza mortale. Lui diventerà il mostro che ormai si crede di essere. È fondamentale che siano un padre e un figlio maschio. Se fossero state madre e figlia il problema si sarebbe risolto prima, perché avrebbero parlato tra di loro. Invece i due maschi hanno questo orgoglio tossico che offusca la ragione.

Paolo Strippoli premiato a Trieste S+F con il premio Wonderland Rai4
Paolo Strippoli premiato a Trieste S+F con il premio Wonderland Rai4
Quali sono i tuoi progetti futuri?

Sia A Classic Horror Story che Piove sono film che ho ereditato, non sono partiti da me ma ho scritto le ultime stesure e li ho diretti. Il mio prossimo film molto probabilmente partirà da una mia storia. Ho due progetti del cuore, due storie diverse: una di un padre e di un figlio e l’altra di una madre e una figlia. Le tematiche restano vicine a quelle di Piove, ma sono storie molto diverse, anche se crudeli e divertenti. Sempre di genere horror. Un horror che non punta allo spavento, ma a un sentimento di paura che cresce ed esplode. Ci credo tanto, è uno stile che spero di poter perfezionare nel corso degli anni. In Italia è difficile, spero mi diano la possibilità di fare un film che cambia genere lentamente, che ti sorprende e non sia come te lo aspettavi all’inizio.

Grazie per l’intervista e alla prossima.