John Diman (Fabio Testi) è un ex agente segreto che si gode la pensione dorata in un lussuoso hotel in Costa Azzurra. Un giorno nota una bellissima donna in spiaggia, la cui scomparsa lo mette in allarme, perché gli ricorda il modus operandi di suoi vecchi nemici, in particolare la bella e letale Serpentik. Che sia un segnale che anche lui è in pericolo?
Come in un binge watching forsennato, l'indagine di John s'intreccia con i flashback del suo passato, con la versione giovane di John (Yannick Renier), impegnata in un frenetica e sanguinosa lotta con killer efferati, donne bellissime e letali, in un gioco la cui posta era la sopravvivenza, in mezzo a hotel di lusso, champagne e cascate di diamanti.

In realtà va detto che Reflection in a Dead Diamond, film diretto da Hélène Cattet e Bruno Forzani, presentato in concorso alla Berlinale 2025, non è così lineare.
Il flusso narrativo oscilla tra passato e presente, presunta realtà e finzione. John Dime è solo un personaggio che non sa di esserlo? Narrazione e meta narrazione si mescolano, con un chiaro omaggio a quei film anni '60 definiti spaghetti-spy, oppure eurospy, perché spesso erano coprodotti, come questo titolo, da diverse nazioni europee.
Si trattava di epigoni dei film di James Bond, che sopperivano allo scarso budget con tanta violenza mescolata ad erotismo, come i film di OS117 o Modesty Blaise interpretato da una giovane e bellissima Monica Vitti, oppure andando sul versante della totale parodia come i nostrani James Tont Missione U.N.O., con Lando Buzzanca, e 002 agenti segretissimi con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia.

Nel calderone visivo e metanarrativo Cattet e Forzani mettono anche citazioni esplicite dal fumetto, Diabolik, Kriminal e Satanik in primis, ma anche Lo Sconosciuto. E anche il linguaggio cambia, alternando puro cinema, sequenze fumettistiche e letterarietà pulp, in un gioco continuo che è pura goduria per i cultori di questo mondo considerato di "serie B", il cui vessillo letterario è tenuto in piedi in Italia dalla collana Segretissimo di Mondadori.
E se devo dirla tutta, oltre che il mondo del B movie "spionaggesco" all'europea, l'operazione ricorda molto anche il post modernismo di Agente Lemmy Caution: missione Alphaville di Jean-Luc Godard, film del 1965 che giocava con i generi, il noir e la fantascienza, con un intenzione autoriale la cui interpretazione era tutta lasciata allo spettatore. Anche quel film giocava con la percezione dei personaggi della loro realtà, distraendo di conseguenza anche quella dello spettatore, costringendolo a un lavoro di analisi.

Reflection in a Dead Diamond pertanto, cita il mondo dei B movies spionistici, violenti e sado maso, per raccontare in filigrana la storia di due ex amanti che si ritrovano dopo tanti anni e rifanno quello che facevano da giovani, ossia inseguirsi, lottare, flirtare, fare l'amore anche con combattimenti che sono autentici amplessi. Due figure interdipendenti, destinate dalla logica della serialità a un eterno gioco delle parti il cui culmine potrete scoprire alla fine degli agili 87 minuti del film. E a quel punto a ognuno la sua interpretazione, come è giusto che sia.
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