Conoscere l'opera di un autore a volte non basta. In particolare quando la sua produzione sembra attingere in modo inscindibile dai luoghi in cui è nato o ha vissuto. Uno di questi autori è sicuramente Raymundus Joannes de Kremer, noto anche con gli pseudonimi Jean Ray e John Flanders, nato  l'otto luglio 1887 in una casa situata al numero 86 (ora il 48) di Rue Ham, a Ghent, Belgio. Anzi nelle Fiandre (doverosa la precisazione visto che il forte legame dell’autore con la parte fiamminga della sua cultura, nonostante egli abbia scritto anche in francese e inglese). 

Molte le sorprese di questo viaggio, alcune letterarie e auliche, altre prosaiche e terrene, a cominciare dal ristorante, scelto a caso, guidati dai morsi della fame. Il locale non sembrava nulla di particolare e invece si è rivelato ottimo. Accolti dalla maitre ci accomodiamo.

Bastano poche battute per accorgerci dal suo accento che non è oriunda. In realtà è italianissima, si è trasferita a Ghent per amore e ormai vive lì da anni felice.  Ci rifocilliamo con birra e un ottimo spezzatino, anch’esso affogato nella birra trappista. Trovare una compatriota in un locale a Ghent sembra uno scherzo. Il Belgio ha una capacità di accoglienza e una apertura mentale sorprendenti. 

L’inaspettato continua ad accompagnarci  quando troviamo l'albergo che ci ospita, il Monasterium Poortackere, in Oude Houtlei. All’inizio l’ingresso quasi ci sfugge, perché non è affatto quello che ci aspettavamo di trovare. Poi aiutati da alcuni passanti lo identifichiamo e ci addentriamo in quella che ci era sembrata una chiesa e che si è rivelata un chiostro medievale, chiamato appunto PoortAckere, riadattato a hotel. 

Sembra di essere in “Alice” di Carroll: niente è come è, perché tutto è come non è e viceversa. E le idee preconcette, o le aspettative non valgono, almeno qui. 

Anche l’albergo è tutto fuorché quello che ci aspettavamo. La brochure ci spiega che il monastero è stato un ricovero per anziani,  malati, suore e orfani. Ora è una struttura alberghiera con 113 posti e una curiosa sala conferenze ricavata nell'antica cappella.

Non c'è molto tempo per ammirare l'albergo, la cui atmosfera ricorda un campus universitario, vitale e multiculturale. In reception c'è già, pronto ad accoglierci Andrè Verbrugghen, signore simpaticissimo e gioviale, dalla vitalità sorprendente: presidente dell'Amicale Jean Ray, l'associazione di fan che continua a preservare la memoria dello scrittore, proponendo incontri mensili, traducendo racconti e romanzi, promuovendo la lettura del vasto patrimonio ancora non del tutto conosciuto. 

É un fresco giorno di luglio, ci siamo lasciati dietro l'afa torrida di Milano e girare per le vie di Ghent è un’esperienza veramente piacevole, soprattutto se la guida è un uomo dal volto di folletto, che sembra aver attraversato la Storia per illuminare fatti e luoghi non essoterici.

Un uomo capace d’inoltrarsi – conoscendone ogni segreto – negli angoli e negli anfratti più segreti della città. 

Jean Ray, al secolo Raymundus de Kremer, rievocò in alcuni suoi scritti la casa in cui nacque:

“Abbiamo vissuto a Ghent, in Ham, una grande vecchia casa, così grande che ero convinto che avrei potuto perdermi nelle mie disobbedienti incursioni nei piani vietati. Esiste ancora oggi, ma su di esse grava il silenzio e la polvere dell'oblio, perché non c'è nessuno che ci vive con amore. 

Due generazioni di marinai e viaggiatori ci hanno vissuto e, come nel vicino porto, il canto delle sirene si sposa con le enormi risonanze dei seminterrrati e con gli echi di quella strada impoverita e senza gioia che è Ham."

La casa natale di Jean Ray
La casa natale di Jean Ray

Quello che visitiamo è un quartiere tranquillo e probabilmente lo era alla fine dell'800, quando erano ancora presenti i canali, forieri di nebbia e umidità, ormai quasi tutti interrati.

Girando per i vicoli e le strade, grazie al racconto dell'affabile Andrè, sembra di vedere quei monelli di strada, in mezzo ai quali c'era il piccolo Raymond, giocare e popolare con la fantasia i brumosi vicoli. L’immaginazione si mescola alla realtà, confondendone i confini. Lo scolaro della Ècole primairie di Rue Basse, scorrazzava per la Reke,  ossia l'alzaia dei canali: con lui tutti i suoi compagni della "Banda di Saint Jacques”, impegnata – tra avventure, giochi e dispetti –  a bazzicare il teatro delle marionette di  Tone Antroe, situato presso le Minnemeers.

Il teatro non esiste più, ma rimane nel ricordo a testimoniare quanto il popolo belga sia legato alla tradizione di raccontare storie. Antroe era un artigiano che in un momento di indigenza cominciò a costruire bambole di pezza e burattini, mettendo in scena spettacoli.

Jean Ray scrisse in uno dei sui articoli di una di queste messe in scena, dal nome Jue des trois Fantomes. Secondo alcuni studiosi è probabile che tutta la sua produzione fosse fortemente influenzata dall'ironia e dall'immediatezza popolare di quelle opere. I suoi esordi come scrittore sono dedicati proprio alla stesura di copioni teatrali, su commissione dell'attore/autore Henri Van Daele.