“Human kind cannot bear to much reality”.

Sebbene datate, le parole di T.S Eliot contengono una verità universale: l'uomo ha bisogno di credere in qualcosa che corrisponda ai suoi sogni.

L’opera di Devon Scott non è un sogno, bensì un libro che offre uno sguardo a 360 gradi su un argomento di grande attualità: il Celtismo e i cosiddetti Celti, ovvero, come indica il sottotitolo, Leggende, folklore e magia dei Celti.

Il Cerchio di Fuoco è strutturato in tre sezioni - I Celti fra storia e leggenda; Astrologia, magia e folklore; La Riscoperta – più un’appendice in cui vengono trattati i gruppi a ispirazione celtica e neo-druidica: un carnet davvero vasto che spazia fra informazioni storico-archeologiche,  caratteristiche di società e famiglia, tradizioni usi e costumi, arti militari, religione divinità e simboli sacri, druidi e pratiche magiche. Non mancano cenni ad Avalon, le mele e re Artù.

Nonostante  il sottotitolo, la difficoltà maggiore nell’approccio a questo libro è stabilire cosa voglia essere: non un romanzo (in cui realtà e fantasia sono legittimate a miscelarsi), non un saggio (manca una bibliografia giustificabile in senso stretto), semmai un testo pseudo-divulgativo in cui informazioni fondate si mescolano a un pot-pourrie di ciò che il lettore curioso si immagina dell’argomento e desidera sentire in merito, nella speranza di scoprire che ciò che tanto ama dei romanzi fantasy corrisponde a realtà.

Sarebbe errato dire che l'opera contenga imprecisioni vere e proprie,  tuttavia è la struttura d'insieme che, invece di fare semplice divulgazione crea una sorta di confusione tra ciò che è e non è.

Tralasciando l'approssimazione del termine “Celti” - utilizzato ormai ovunque come se corrispondesse a un etnos unitario, mentre si tratta di un nome “cumulativo”utilizzato dalla società Greco-Romana nei confronti della complessità del fenomeno barbarico - nell’introduzione troviamo:

"I Celti, con il loro rapporto diretto e armonico con la natura, il culto delle acque, gli alberi, le pietre, incarnano il senso magico dell’esistenza che noi abbiamo perduto e che speriamo di ritrovare con la conoscenza dei riti e dei costumi ancestrali di questo affascinante popolo".

Ora, questa interpretazione - peraltro esatta circa il desiderio collettivo di un ritorno alla spiritualità – associata all’identità cui si fa riferimento, è vera se inquadrata nella categoria “leggende”: fermo il fatto che dei cosiddetti Celti sappiamo ben poco oltre le informazioni giunteci per derivazione (le testimonianze dirette in forma scritta sono praticamente assenti), lo sviluppo di una società antica prevedeva il disboscamento di foreste per l’agricoltura, lo scavo di miniere, l’inquinamento delle acque a causa della lavorazione dei metalli, la caccia di intere specie animali per proteggere i propri allevamenti, per nutrirsi o a scopo sacrificale.

Rispetto ai giorni nostri, la presenza umana era inferiore e quindi faceva proporzionalmente meno danni: nella battaglia uomo-natura, era la natura ad avere la meglio, ma non certo per il rispetto da parte dell’uomo.

La chiave di lettura di tutto il libro va individuata quindi nel Ricostruzionismo Celtico, derivato dal Ricostruzionismo Pagano, citato dall'autrice: una delle tante diramazioni New Age che desiderano trovare una spiritualità nuova basandosi su società che difficilmente possono averla avuta, e di cui, comunque, non abbiamo dati sufficienti.

Allo scopo di supportare tale posizione, l'opera della Scott crea un puzzle fra leggende vecchie e nuove, una specie di "Celtic Guide for Dummies" in cui tutto può trovare una collocazione: elfi e fate mescolate a calendari astrologici e piante di potere, il De Bello Gallico e i Mabinogion, Stonehenge, Belthane, i Canti di Ossian, le madonne nere, le pratiche magiche e molto altro.

Un certo pubblico, tuttavia, non vuole la realtà concreta su quella che a oggi è un’entità etnica in massima parte sconosciuta, non è interessato a conoscere il volto reale della Favola dei Celti, bensì desidera non solo sentirla raccontare ancora e ancora, ma anche sceneggiarla per uso personale, con buona pace di storici, archeologi e antropologi: a tale pubblico si rivolge questo libro.