Se è vero che i morti torneranno sulla terra quando l’inferno sarà pieno, in Sopravvissuti di Matteo Cortini e Leonardo Moretti quel giorno porta la data 6 giugno 1944.

In piena seconda guerra mondiale, mentre gli alleati sbarcano in Normandia, succede qualcosa che cambia tutto: i cadaveri dei caduti, soldati e civili, all’improvviso si alzano e tornano a camminare, con un’enorme, insaziabile voglia di carne fresca. Quella dei vivi, naturalmente.

Circa dodici anni dopo, l’assetto politico mondiale è disintegrato e l’umanità drasticamente decimata dalla Fame dei Morti. In Europa, si sono riorganizzate tre dittature: il IV Reich in Germania, il Soviet in Russia e il Sanctum Imperium in Italia.

Nei territori restanti, restano pochi sparuti gruppetti in lotta perenne contro gli zombie, la fame, le malattie e… i loro simili ancora in vita. 

Teschio, Florence, Santiago e il Narratore sono riusciti a sopravvivere.

Dal fatale Giorno del Giudizio vagano per quella che un tempo era la Francia e che adesso viene genericamente inclusa nelle Terre Perdute Occidentali.

Qual è il denominatore comune di un commando inglese indurito da ogni genere d’esperienza, una ragazza che spera di salvare libri per ricostruire il mondo, un nazista disertore e uno spagnolo prossimo alla follia? Risposta: il desiderio feroce di non essere inghiottiti (e divorati) dall’incubo che ha preso il posto della realtà. “Sine requie”, quindi, anche nel romanzo, che gli autori hanno sviluppato dall’ambientazione postapocalittica del loro famoso e pluripremiato gioco di ruolo. 

Sopravvissuti, perfettamente fruibile anche da chi non conosce Sine Requie, è scritto in prima persona dal misterioso protagonista – il suo nome non viene mai fatto – che, attraverso una narrazione cruda e diretta, proietta il lettore nella tensione della storia fin dalle prime righe: distruzione e macerie sono lo sfondo su cui ci si muove; istinti primari, reazioni ferine e sentimenti ridotti all’osso, sono i profili caratteriali dei quattro compagni di sorte.

Il ritmo narrativo è veloce e tutto azione, ma senza splatter fine a se stesso: si lotta, si soffre e si spera assieme ai Sopravvissuti. Qualche dettaglio d’ambientazione in più non avrebbe guastato, perché viene voglia di conoscere a fondo le Terre Perdute e i loro minacciosi confinanti attraverso particolari più approfonditi, senza dubbio presenti nei setting del gioco ma qui un po’ troppo scarsi.

Centrata su un archetipo molto classico, questa ucronia horror ha il pregio di rendere la figura del morto vivente più “vivace” del solito. Spesso in cinema e letteratura, si fa presto a dire zombie: corpi verdognoli e un po’ putrefatti, che magari perdono qualche pezzo e vagano qua e là biascicando I want brain e il gioco è fatto, anche perché il caro estinto uscito dalla tomba non si presta molto alle variazioni.

Troppo repellente per essere un vero eroe, l’unico suo ruolo accettabile è quello del mostro, che coniuga due paure ancestrali: lo scontro –incontro fra vivi e morti e il terrore di essere mangiati (eredità quest’ultima di epoche primordiali in cui l’uomo non era al vertice della catena alimentare). 

Nonostante ciò’, i Morti di questa novelization hanno la capacità di diversificarsi ed evolvere in nuove forme, con quel tocco ludico che riesce a vivacizzare la trama, peraltro abbastanza schematica.

In ogni caso, l’impressione complessiva è che gli autori siano riusciti a sviscerare (è proprio il caso di dirlo) i risvolti psicologici dei loro personaggi: in una situazione atroce come quella descritta, quanto della propria umanità resta all’Uomo? I quattro protagonisti sono le possibili risposte: c’è chi l’ha persa del tutto, sfigurato/consumato nel volto come nello spirito, chi all’improvviso la ritrova a suo rischio e pericolo, chi ci si aggrappa nonostante tutto e chi non riesce ad accettare la realtà, scivolando in psicosi personali.

Dopo aver letto il finale di questa intrigante odissea postapocalittica, sorge un interrogativo: per raggiungere la salvezza è sufficiente essere umani?