"Vivo. Amo. Uccido... Sono soddisfatto".

Questa frase è il manifesto con cui torna Conan nelle sale cinematografiche.

Prima di arrivare a questo livello di consapevolezza il personaggio attraversa un arco narrativo che lo porta dall'infanzia alla giovinezza, con tanto di sanguinosa origine. Nato  sul campo di battaglia, non è un modo di dire.

La trama è veramente cosa esile. Rispettosa fino alla noia dei dogmi vogleriani.

Il giovane Conan imparerà molto velocemente l'arte della guerra, e avrà come mentore proprio il padre, Corin. Non mancherà l'elemento tragico, Corin morirà a causa della brama di Khalar Zym di possedere una maschera capace di riportare in vita i morti, che l'uomo vuole usare per riportare in vita la moglie.

E' inutile dire che un cattivo deve sempre essere certo della morte del figlio di un nemico. Quel ragazzo può diventare un uomo e cercare vendetta. La ricerca di vendetta di Conan s'intreccerà con l'ossessione del nemico di riportare ancora la moglie in vita.

L'esile trama è lo scheletro ideale per situazioni estreme. Combattimenti, sangue, corpi nudi a iosa non mancano.

ll film sembra rispettare una ricetta, che prevede a un certo minuto uno scontro, a un altro un inseguimento, a un altro ancora una misteriosa creatura.

Si prova un po' di pena per tanto materiale bellico sprecato, tanta convinzione da parte degli avversari, che sono carne da cannone predestinata.

Per fortuna le scene e il film nel complesso non durano tanto da esaurire la pazienza dello spettatore. 

La prima cosa che salta all'occhio, dimenticandosi di dettagli da fan come gli occhi azzurri, è che Jason Momoa ha il fisico del ruolo.

Lo ha dimostrato già in Game of Thrones, nel quale era un convincente Khal Drogo. Qui aderisce alle consegne del regista senza sbavature.

Così come con mestiere lavorano Ron Perlman, un dignitoso Corin, e Stephen Lang, che si diverte un mondo come Khalar Zym. E' un attore che sta vivendo una seconda giovinezza dopo Avatar e se la sta godendo tutta. I duetti con Rose McGowan, che interpreta la figlia Marique, lasciano intendere che tra i due personaggi ci sia più che il normale rapporto tra padre e figlia, ed è tutto merito di una ottima intesa tra i due attori, che oscurano il pallido personaggio di Tamara, una Rachel Nicols di pura presenza.

Anche il personaggio di Said Taghmaoui, il ladro Ela-Shan, non aggiunge molto valore al quadro complessivo.

Il regista Marcus Nispel, alle prese con un progetto "pilotato", più di produzione che autoriale, svolge senza sbagliare il suo compito di coordinatore delle risorse. E' probabilmente la sua dimensione ideale, quella di esecutore di direttive produttive, quando è stato lasciato libero di esprimere le sue idee ha sempre sbagliato tutto.

Le risorse, intendiamoci, sono molte, ma non moltissime. Gli effetti speciali sono nella media, anche se le creature di sabbia gridano vendetta. Molto del budget tecnico è stato speso per la conversione 3D, evitabile anche stavolta, se non per una accentuata profondità di campo di alcune scene.

Non so se la fotografia appaia oscura per il 3D, mi riprometto una visione in 2D alla prima occasione, ma posso dire che sarebbe impietoso confrontare l'impatto visivo generale non solo con il film di Milius, ma anche con le visioni di Frazetta e dei fumetti Marvel. Tra le tante concettualizzazioni visive del mondo di Conan, questa è una delle più povere.

Se quindi Nispel si rivela bravo esecutore, il problema del film sta a monte, alle intenzioni produttive.

Siamo di fronte a un action-movie che vorrebbe essere brutto sporco e cattivo, che non difetta nella miscelazione degli ingredienti, ma proprio negli ingredienti stessi, nella povertà e nella banalità delle situazioni narrative.

Insomma potete preparare un piatto con una esecuzione meticolosa, ma se sono le materie prime a essere senza sapore, il pasto sarà deludente.

Se si fosse trattato di un generico film fantasy, su un personaggio inventato per lo schermo, forse le aspettative sul prodotto sarebbero state minori, e l'operazione sarebbe stata accumunata a tanti film di puro e dimenticabile intrattenimento, che esaurisce la sua funzione durante la proiezione, senza nulla lasciare allo spettatore.

Ma Conan è un personaggio che in quasi ottant'anni ha vissuto diverse vite mediatiche. Nato nel 1932 dalla penna di Robert Ervin Howard, è già stato reinterpretato nella sua forma letteraria, ed è stato protagonista anche di film, telefilm, giochi e videogiochi. Un personaggio iconico. Un autentico mito.

Siamo in tempi di reboot, di reinterpretazioni di personaggi, e anche Conan sembra non sfuggire a questa legge. La linea guida di un vero reboot è quella di ripensare un personaggio come se fosse creato oggi. Senza quindi un collegamento con le precedenti versioni.

Questo è capitato con Battlestar Galactica e Star Trek e sembra che questa sia stata l'intenzione di Thomas Dean DonnellyJoshua Oppenheimer e Sean Hood, sceneggiatori del film.

I progetti più riusciti del genere finora si sono bene adattati a universi complessi, con più personaggi protagonisti e comprimari, che sono stati reinterpretati secondo linee guida che degli originali talvolta hanno mantenuto solo il nome.

E' innegabile però che un progetto come Conan nascondesse in sé più difficoltà e minori margini di manovra, proprio perché molto concentrato su un solo personaggio, senza comprimari, senza vicende corali.

Nonostante la presenza di un mondo come l'età Hyboriana alla spalle, è chiaro che l'universo narrativo in realtà in questo caso s'identifichi con il personaggio principale e che un suo stravolgimento sarebbe stato a rischio. In questo caso se si cambia quasi tutto di un personaggio, se si crea qualcosa di altro e si mantiene solo il nome, viene chiamato ancora Conan solo per questioni di marketing, di vita commerciale di un marchio, perché un generico film fantasy, con un personaggio chiamato "“Pdor, figlio di Kmer della tribù di Istar" non lo andrebbe a vedere nessuno.

Alla fine però ciò che conta in fondo non è quello che viene fatto, ma il come. Un altro reboot basato su personaggio singolo, ossia quello di James Bond, operato con Casinò Royale a A Quantum of Solace, ha dato soddisfazione anche a molti appassionati di vecchia data, anche se il secondo episodio è stato meno apprezzato del primo. 

Per cambiare tutto, per tradire la forma per rimanere fedeli alla sostanza, ci vogliono buone idee che in questo caso sono mancate.

Il finale di questo primo film su Conan lascia presupporre la volontà di creare un franchise, per cui penso che se il prodotto avrà il successo commerciale che sperano i produttori, ci saranno altre occasioni per vedere quello che è il Cimmero del nuovo millennio in azione. La speranza in questo caso è che si possa fare meglio di questo primo incerto tentativo.