Le Coefore è la parte centrale di una trilogia, l’Orestea, che inizia con l’Agamennone e termina con Le Eumenidi. Nella prima tragedia si compie il destino del re di Argo Agamennone, che viene assassinato per mano della moglie Clitennestra e dall’amante di lei, Egisto. Nelle Coefore, Agamennone viene vendicato dal figlio Oreste il quale, con la complicità della sorella Elettra che lo introduce a corte sotto mentite spoglie, uccide prima Egisto e successivamente la madre Clitennestra. Il tutto su preciso ordine del dio Apollo. Tuttavia, essendosi a sua volta macchiato di un crimine familiare, Oreste viene inseguito dalle Erinni, divinità vendicatrici di questo tipo di delitti. È questo il tema trattato nell’ultima tragedia della trilogia, Le Eumenidi, che si risolve con ’assoluzione di Oreste, grazie anche all’intervento della dea Atena.

Non è necessario penetrare a fondo nella concezione umana secondo la visione eschilea per comprendere, già dalla trama, che tutto ciò ha ben poco, se non nulla, a che fare con la vicenda di Harry. Anche lui vendica i genitori, certo, ma anzitutto lo fa contro un estraneo e in secondo luogo non si macchia comunque di un omicidio, poiché Voldemort in realtà si uccide da solo facendosi involontariamente rimbalzare addosso l’Avada Kedavra da lui stesso lanciato con la Bacchetta di Sambuco. Quanto al riferimento del sangue presente sia nella tragedia eschilea che nella saga rowlinghiana, si tratta di due concetti ben diversi: da un lato si parla del sangue versato delittuosamente all’interno della famiglia (la moglie uccide il marito e viene a sua volta uccisa dal figlio), dall’altro si parla di un legame di sangue ricavato attraverso un incantesimo – quello operato nel cimitero di Little Hangleton – che, anziché donare l’immunità sperata, inserisce – come abbiamo visto sopra – un “anticorpo” di Amore nelle vene malvagie di un mago oscuro.

Anche l’invocazione agli dèi di benedire i figli è totalmente fuori contesto: Eschilo sta infatti chiedendo agli dèi, per bocca della Corifea, di assistere Oreste ed Elettra nella loro azione  delittuosa, cruenta e vendicatoria. Un elemento che non trova posto né nella storia di Harry, né all’interno dei presupposti che la muovono. La vendetta del giovane mago, infatti, non è quella “hammurbica” dell’“occhio perocchio”, bensì quella effettuata attraverso l’atto di amore più grande: il sacrificio del sé per il bene altrui. Con tale gesto il ragazzo attiva l’“anticorpo” che Voldemort ha introdotto in sé tre anni prima e rende così immune dai suoi perniciosi poteri l’intera comunità magica.

Oltretutto, se Harry riecheggia la moderna filosofia del Cristo, Oreste ed Elettra riecheggiano invece un sistema meccanicistico schiacciato fra volontà contrapposte di diversi dèi pagani, come se gli uomini fossero marionette alla loro mercé. Questo riflette l’arcaica concezione omerica di cui abbiamo già accennato nel capitolo 3, anche se Eschilo la usa in senso critico per mostrare che ogni atto di riparazione del genere di quello operato da Oreste non fa che provocare un’intensificazione degli orrori, il che introduce il problema del ruolo dell’azione umana come fatto interiore, non ridotto a pura reazione o a determinazione esterna.

L’impressione, dunque, è che la Rowling si sia fatta trarre in inganno dal significato letterale delle parole, senza rendersi pienamente conto di cosa si celi veramente dietro la tragedia eschilea.

NOTE

1. G.A. Grynbaum, The Secrets Of Harry Potter, cit.

2. J.K. Rowling, Harry Potter e il principe mezzosangue, cit. p. 394.

3. G. Ekroth, The Sacrificial Rituals of Greek Hero-Cults in the Archaic to the early Hellenistic periods. Kernos Supplément, 12, Liège, Centre International d’Étude de la Religion Grecque Antique, 2002, p. 429.

4. H.P. Lovecraft, Supernatural horror in literature, 1927; trad. it. L’orrore soprannaturale nella letteratura, Sugarco, Milano,1994, p 15.

5. J.K. Rowling, Harry Potter e la pietra filosofale, cit., p. 283.

6. M. Frazer, The Golden Bough - A Study in Magic and Religion, cit., cap. XXII.

7. O. Rank, Der Doppelgänger, Vienna e Lipsia, 1914; trad. it. Il doppio, Sugarco, Milano, 1994, p.75.

8. V. JA. Propp, Morfologie skazki, Academia, Leningrad, 1928; trad. it. Morfologia della fiaba, Einaudi, Torino, 1988, p. 57.

9. J. Campbell, The Hero Of A Thousand Faces, 1949, Princeton University Press, Princeton, NJ, 1973, p. 87.

10. U. Carmignani – G. Bellini, Runemal, il grande libro delle Rune, L’Età dell’Acquario, Torino, 2009, p. 52.

11. Ivi, p. 224.

12. Qui non si tratta di un nebuloso personaggio mitico, di cui nulla si sa fino a quando fa la propria apparizione nell’episodio che lo riguarda; si tratta invece, pur nella finzione romanzesca, di un essere umano della nostra dimensione, ancorché dotato di poteri magici e, pertanto, il suo primo venire in esistenza è segnato a buon diritto dal processo naturale della nascita.

13. J.K. Rowling, Harry Potter e il calice di fuoco, cit., p. 555.

14. Una delle divinità Palo Mayombe è la Madre Agua, che governa il mare e tutto ciò che vi dimora.

15. Non sfugga, fra l’altro, come il confronto decisivo avvenga in una foresta, considerata allegoricamente un luogo iniziatico per eccellenza.

16. J.K. Rowling, Harry Potter e i doni della morte, cit., p. 651.

17. M.L. Von Franz, Der Schatten und das Böse im Märchen, Kösel, Munchen, 1974, trad. it. L’ombra e il male nella fiaba, Boringhieri, Torino, 1995, p. 227.

18. J.K. Rowling and the Live Chat, Bloomsbury.com, 30.07.2007.

19. J.K. Rowling, Harry Potter e i doni della morte, cit., p. 652.

20. Ivi, p. 646.

21. B. Snell, Die Entdeckung des Geistes – Studien zur Entstehung des europäischen Denkens bei den Griechen, Classen Verlag, Amburg, trad. it.

La cultura greca e le origini del pensiero europeo, Einaudi, Torino, 1982, p. 29.

22. M.L. Von Franz, L’Ombra e il Male nella fiaba, cit., p. 162.

23. “Eccola che viene, mi sento già i piedi di marmo, le mani di piombo. Ma, visto che viene…. Voglio aspettarla in piedi…(estrae la spada) e armato […]. Mi sta guardando… Mi pare proprio che mi guardi, che si permetta di fissarmi il naso – lei che sul teschio camuso non ha naso… (si mette in guardia). Che dite? Che è inutile resisterle?... Lo so. Ma non si combatte solo per vincere. No, è assai più bello quando è inutile!...”, cfr E. Rorstand, Cyrano de Bergerac, 1897 - trad. it. Cirano di Bergerac, Newton Compton, 1993, p. 96.

24. S. Adler, “J.K. Rowling talks about Christian Imagery”, in MTV Online, 10.06.2008.

25. Ibidem.