PARTE PRIMA

INFERNO

PROLOGO

Una volta mia madre disse a un’intera schiera di angeli che avrebbe preferito morire piuttosto che tornare da un uomo che non amava.

Fu molto tempo fa, prima della carestia, della guerra o del motore a scoppio. Prima che mio padre cadesse in disgrazia e uccidesse un migliaio di messaggeri divini nel corso della sua discesa. All’epoca, mia madre era giovane e fiera. La sua vita era diversa.

* * *

Dio creò Adamo dal fango, con tanto di anima e cuore nel petto; questo 

fu il primo uomo. C’era un giardino pieno di animali in cui Adamo viveva 

da solo.

Quindi, poiché non era bene per l’uomo essere solo, Dio creò Lilith. 

Questo fu il primo sbaglio. Camminò verso Adamo attraverso un prato lussureggiante di fiori e lui se ne innamorò all’istante.

Lei non ricambiò il suo amore.

Lui non si accorse dell’oscurità che abitava dentro di lei. Era giovane e pensava che lei potesse cambiare. Mio padre dice che è esattamente quello che succede quando si è giovani, ma penso ancora che Adamo avrebbe dovuto saperlo. Avrebbe dovuto capirlo dal suo sguardo, intuire la verità dalle sue unghie seghettate. Avrebbe dovuto sapere che non si può cambiare una ragazza con i denti di ferro.

Vissero insieme nel Giardino e Adamo era felice. Tuttavia, Lilith era destinata ad altri luoghi. Quando Adamo tentò di domarla, lei gli resistette. Non era stata creata perché le dicessero come comportarsi o cosa fare. 

Quando se ne andò, lo fece con calma. Semplicemente, si alzò in piedi e si allontanò. Lei apparteneva alla natura selvaggia, oltre il Giardino, e così rimase, notte dopo notte, a vagare su una spiaggia nera lungo un mare simile a vetro lucidato.

Non c’era motivo di tornare da Adamo. Non le mancava. Pensava che sarebbe riuscita a lasciarsi alle spalle tutta la loro vita insieme. Questo fu il suo sbaglio.

Mio fratello nacque su un letto di pietre nere, sotto una luna rosso sangue. Nostra madre lo chiamò Ohbrin, un nome misterioso in una lingua che solo lei conosceva. Le assomigliava sotto quasi ogni aspetto. Aveva i capelli neri e lisci e i suoi occhi erano grigi, ma ogni tanto rideva e le sorrideva. Sapeva di non essere destinata a crescere bambini, così lo riportò 

indietro per mostrare ad Adamo un figlio il cui sorriso assomigliava tanto a quello del padre.

Tuttavia, nel Giardino le cose erano cambiate. Adamo sedeva sotto uno strano albero dai rami distesi e accanto a lui si trovava una strana donna, formosa e pesante, creata da un pezzo del corpo dello stesso Adamo, così che non lo avrebbe mai lasciato.

Quando Lilith gli mostrò il bambino nelle sue braccia, lui gli diede uno sguardo e si voltò dall’altra parte. Le disse che non lo voleva, che non voleva il suo stesso figlio.

Al tempo in cui se ne era andata, Lilith avrebbe reagito in modo freddo e distaccato. Adesso tremava, sconvolta dalla rabbia all’idea che un uomo potesse rinnegare il proprio figlio. Sputò in faccia ad Adamo e maledisse il giorno in cui lo aveva visto per la prima volta. Il giorno in cui era nata.

Prese con sé Obie e se ne andò, affrettandosi nell’oscurità.

* * *

Nell’oscurità incontrò mio padre.

IL GIARDINO

CAPITOLO UNO

Sto guardando Intrigo Internazionale quando l’immagine svanisce dallo schermo del televisore. Ero arrivata alla parte in cui Thornhill viene inseguito dall’aeroplano e la scena si fa davvero emozionante. Poi il suono si interrompe bruscamente e Cary Grant si dissolve in un mare di puntini minuscoli.

La sagoma di mia madre appare sullo schermo, tenue e senza volto. 

Quando inizia a parlare, la sua voce arriva da molto lontano, distorta dal ronzio dell’elettricità statica. «Ho bisogno che tu mi raggiunga di sopra.»

Svanisce di nuovo, prima che possa rispondere, ma l’immagine non ritorna. So che dovrei andare di sopra a vedere cosa vuole ma, per il momento, non mi muovo.

* * *

All’Inferno narriamo le nostre storie scolpendole sulla superficie delle cose. 

I racconti vengono forgiati un pezzo alla volta, inchiodati su pilastri e colonne, martellati sulle strade lastricate. La Guglia, l’edificio in cui ho trascorso tutta la mia vita, è una celebrazione delle imprese della mia famiglia.

La scala che conduce al tetto è tirata a lucido, decorata da incisioni dell’armata dei caduti. Arrivata in cima, scosto il cancelletto ed entro nel cortile. 

Il giardino di Lilith è un ammasso intricato di fiori d’argento e rampicanti metallici. Mio padre lo costruì per lei. Ogni foglia o ramo è fatto a mano.

Mi rivolge la schiena, seduta su una panchina in filigrana accanto a un uomo che riconosco subito non essere Lucifero. I suoi capelli si sono liberati dai pettini, riversandosi come un velo nero sulle sue spalle. Indossa un vestito lungo, di un rosso acceso come le braci e aperto in modo da lasciare scoperta la schiena. La sua pelle è di un bianco accecante.