«Non si tratta di fingere», rispondo. «Questa è casa tua.»

Annuisce, ma il suo sguardo è distante, come se stesse pensando ad altro. «A volte le cose cambiano.»

Eppure, la legge su cui è basato il Pandemonio è la stasi. Nulla cambia. 

«Come?» gli domando. «Com’è possibile?»

«Sono innamorato» risponde, con un tono così calmo e tranquillo che all’inizio non ne colgo appieno il significato. «Si chiama Elizabeth, è intelligente, bella e mi capisce. È una dei Perduti e sa esattamente cosa si prova a essere per metà umani.»

L’amore inganna. È misterioso e impossibile. Una semplice occhiata a Lilith avrebbe dovuto essere sufficiente a renderci pienamente consapevoli del fatto che a noi non succederà mai.

«Ne hai parlato a nostra madre?»

Scuote la testa, tenendo gli occhi fissi sul tappeto. «Non intendo dirglielo.» Mi siedo sul divano, fissando Obie, il mio unico fratello, il miracolo di mia madre e la sola ragione che l’aveva fatta tornare al Giardino. E ora sta per andarsene.

La voce mi esce come in un sussurro. «Si arrabbierà moltissimo.»

«Senti» mi dice, e per la prima volta sembra davvero triste. «Credi che intenda farla soffrire? Non vorrei andarmene così, ma non ho davvero scelta. Non capirebbe.»

«Lo scoprirà.» L’idea di mantenere un segreto è inutile, quando si tratta di Lilith. Sono le conseguenze di avere una madre in grado di vedere attraverso gli specchi. Riesce a scoprire ogni cosa.

«Lo so. Ma almeno, in questo modo, potrò andarmene senza una sceneggiata, senza che lei tenti di fermarmi. Non potresti capire. Tu sei così buona, Daphne. Non posso essere quello che lei vuole che io sia.»

I demoni vanno sulla Terra. Questo lo so. Vanno sulla Terra, ma non per viverci né per restarci. Perché, anche se possono trovarsi perfettamente a loro agio a lavorare, divertirsi e nutrirsi in quel mondo, nessuno vorrebbe scambiare lo spettacolo e la gloria del Pandemonio per un luogo tanto pericoloso dove un angelo vendicatore intende ucciderti per il solo fatto che esisti.

«Com’è là fuori?» domando, sapendo che mi mentirà. In realtà, quello che voglio sapere è perché te ne vai?

Si volta, in modo che non possa vederlo in faccia. «È piacevole. Quando mi trovo lì, mi sento come se non ci fosse nulla di sbagliato in me. È più semplice essere me stesso. È più semplice non essere notato.»

Eppure, mio fratello non ha un aspetto tanto insolito. Suo padre sarà anche stato un essere umano, magari fino al midollo, ma nelle strade affollate del Pandemonio Obie ha le stesse sembianze di chiunque altro.

«Non si tratta di fingere» ripeto. «Non sei capitato qui per caso. Sei uno di noi.»

Obie tiene il capo chino. Ha un’espressione pensierosa e fissa il globo nelle mie mani. «Credo che nessuno appartenga davvero a questo posto.»

Lo dice come se ne fosse sicuro, come se sapesse delle cose che ignoro. Io non ho mai lasciato la città. Come potrei rispondere? Il mio tappeto riluce talmente d’argento nella luce fioca da assomigliare a un lago di metallo.

Si curva su di me, allungandosi verso il globo di neve, e io lascio che lo prenda. Quando lo scuote, i finti fiocchi di neve si agitano al suo interno. 

La ballerina resta al suo posto, immobile sotto l’albero.

«Daphne» mi dice, «devo farlo assolutamente.»

 «Non ti importa neanche che sia pericoloso? Cosa farai con Azrael?»

Obie mi rivolge un sorriso tenero e distante. «A volte il pericolo non ha importanza. Me ne vado da un luogo che non posso sopportare, per una vita che desidero più di ogni altra cosa. Sono innamorato» ripete, come se mi stesse implorando di capirlo.

Eppure, mio fratello è un vero esperto nell’amare qualsiasi cosa, persino le cose rotte. Io, invece, non sono nemmeno sicura di comprendere che cosa sia l’amore.

Con un sospiro, si alza in piedi e mi porge la sfera di vetro.

«Puoi tenerla» gli dico. La mia voce suona fievole e incerta, come se 

stessi facendo una domanda.

Voglio che abbia qualcosa da portare con sé, anche se la sfera di vetro non rappresenta certo i miei sentimenti. È stato lui a regalarmela. Quindi, forse è solo un modo per ricordargli che, un tempo, quando viveva nel Pandemonio, aveva una sorella a cui teneva.

Con un gesto, fa scivolare la sfera in una tasca del camice.

«Ci vedremo ancora» afferma, e all’inizio penso che intenda dire che non sarà una cosa permanente, che ritornerà. Invece, non appena si avvia verso la porta, si volta e aggiunge: «Devo ancora mettere insieme delle cose prima di partire.»

Annuisco con un cenno del capo.

Fuori dalla finestra, le guglie degli edifici assomigliano a dita colossali, che si protendono. Mio fratello esce dalla stanza e io vorrei tanto trattenerlo qui.

Mi rannicchio, stringendo le ginocchia al petto, e guardo dritto davanti a me. La stanza è avvolta nella penombra come sempre e la mia collezione di fiori di carta e campanelle di vetro non sembra più tanto bella come prima. Appoggio la fronte sulle braccia e chiudo gli occhi. Forse non so nulla dell’amore o del sentirsi a casa, ma sono terribilmente sicura che, se 

non troverò un modo per fermarlo, Obie morirà.