Luca si sfregò la faccia. "Beh sì, il concetto è quello. Sono cose che non succedono, neanche ad Halloween."

"No, no - la vecchietta aveva voce dolce, con un sottofondo di fermezza - non succedono perché è successo qualcos'altro, capisci? Per questo la commemorazione dei defunti dovrebbe essere una cosa più seria, anche se capisco che per voi ragazzi sia… una festa. Un gioco."

Luca sorrise, senza sapere cosa rispondere.

La vecchietta gli restituì il sorriso, da sotto lo scialle che le copriva tutta la testa. Non era mai stato una vestaglia. 

"La notte dei defunti, quello che non succede… succede. I fantasmi sono le cose che non succedono, e quando non succedono mai… succedono adesso, capisci?"

Matta, fuori come i suoi gerani, pensò Luca. Ma, per qualche motivo, non riuscì a defilarsi.

"È un modo di vederla, però ad Halloween si parla di spettri, di defunti… sa, quelle cose dei film. Per divertirsi, insomma, si sta assieme, tutto qui…"

"Sì - concordò la vecchietta - si sta assieme. Quando invece non potrebbe succedere, altrimenti."

"In che senso?"

"I fantasmi non sono i morti – ripeté la vecchietta - i fantasmi sono quello che non è. Quando qualcosa non succede, succede stanotte."

Di colpo, con l'affilata lucidità che segue il rinsavimento improvviso dai fumi alcolici, Luca ebbe paura. 

"Dobbiamo proprio andare, adesso."

"Sì - concordò la vecchietta - mio marito sta tornando. Ed è quasi l'ora che quello che deve succedere, torni a succedere. I fantasmi dovranno tornare a dormire, per un altro anno."

Lo guardò negli occhi, e Luca si accorse che una delle lenti di quegli occhiali, enormi, troppo antiquati anche per essere definiti vintage, era crepata. Spaccata in mezzo. La vecchietta gli sorrise ancora, mostrando denti di dentiera spezzati, sbriciolati come se un colpo glieli avesse ridotti in frantumi, lasciando solo mozziconi, gengive, e tagli profondi.

Luca indietreggiò, con il terrore che gli si gonfiava dentro, umido e opaco come nebbia. Alzò una mano, per proteggersi da quello che non succedeva e che stava succedendo.

La lattina era stritolata nel mezzo, per la pressione delle sue dita contratte. No, io l'avevo lanciata, l'avevo buttata contro quello stronzo che…

La voce della vecchietta era dolce, per niente aggressiva, in nulla minacciosa. Era la voce dell'inesorabile pietoso. 

"È un peccato che i fantasmi non possano succedere davvero. Dico sul serio." Una pausa, come un singhiozzo soffocato. "Vorrei tanto vedere tornare mio marito. Ero scesa in strada perché pensavo fosse la sua macchina."

Se lei vorrebbe vedere tornare il marito, non è successo. Come io non ho lanciato la lattina… 

Come…

"Francesco?" Gli uscì rauco, stridulo come il verso di una cornacchia. "Smettiamola con questa cazzata e…"

Il lampione illuminava la strada da una nuova angolazione, fendeva la nebbia. C'era qualcosa, in mezzo all'asfalto, proprio sopra la linea spezzata. Una cosa piccola, soffice, scura. Una coda gettata di traverso. Un patetico mucchietto di pelo.

Non è scappato. Non è successo…

Il lampione era storto, pendeva sopra la carcassa di un'automobile, accartocciata come alluminio, le lamiere diventate lame, schegge e rottami sparsi tutto intorno, come immondizia. 

Luca si avvicinò. 

Il conducente sembrava addormentato, con la faccia sprofondata nell'airbag. Le mani penzolavano, inerti. Anche a quella distanza, la puzza di alcol nell'abitacolo prendeva alla gola.

Non è andato via, dopo aver mancato Francesco.

Si voltò verso l'amico. Gli sembrò di metterci un'eternità, tutta la vita.

"Non è successo - disse, con voce rotta - non è successo che sei arrivato sul marciapiede."

Francesco aveva un'aria vagamente stupita, come se gli avesse detto che aveva dimenticato una suppellettile di secondaria importanza. Si toccò l'escoriazione alla testa.

"Non fa molto male. Ho solo dato una botta."

Quasi l'avessero deciso insieme, si girarono verso il marciapiede, oltre la carcassa del gatto. 

Il corpo di Francesco era là. Sembrava occupare molto spazio, così riverso sull'asfalto.

Il sangue era una linea sghemba che scendeva verso la cunetta del marciapiede, e spariva nella nebbia. Con la chiarezza adamantina di chi vede quello che succede, Luca notò il cellulare, schizzato poco più in là, con il display solcato da una spaccatura nel mezzo, come gli occhiali.

La vecchietta sospirò.

"È davvero un peccato che non sia successo."

L'orizzonte stava perdendo profondità, diventava grigio e livido. Francesco si guardò le mani, come se non capisse perché la luce crescente riuscisse a passarci attraverso.

"No, ma questa è epica, proprio…"

Le finestre che davano sulla piazzetta si aprivano, una dopo l'altra, gli occupanti si affacciavano, richiamati dal fracasso dell'incidente.

Il portone si aprì e un uomo anziano, in pantofole e cappotto sopra il pigiama a righe, scese ciabattando, più veloce che poteva. 

"Stai bene?"

In ginocchio sul marciapiede, gli occhi fissi al lavatoio sbrecciato, pieno di immondizia, fu l'immobilità di Luca a rispondere per lui.

"Mi dispiace tanto, ragazzo… questa strada è maledetta, anche mia moglie, tanti anni fa…"

Era vecchia. Ma non è mai successo che diventasse vecchia.

L'uomo anziano stava chiamando il 118 con il cellulare.

Quando qualcosa non succede, succede stanotte

"Che peccato che quel lavatoio sia abbandonato. Avrebbero potuto restaurarlo." 

L'uomo lo guardò, un po' incerto. "Avevo fatto richiesta, ma non c'erano i fondi, ed è rimasto così." Disse al cellulare che una delle vittime sembrava in stato di choc. 

Tua moglie aspettava che tornassi, quella notte. Ma non è successo

Per un momento pensò di dirglielo, ma il sole stava dissolvendo la nebbia, le lamiere accartocciate splendevano come cromature nuove, e quello che non era successo non poteva più succedere, ormai.

"Ma sarai coglione." mormorò, e scagliò lontano la lattina vuota.