1. Webcam

Il banner sulla pagina Facebook occhieggiava verso di lui. Una moretta coi capelli a caschetto, neri come vinile, sorrideva ammiccando sopra un paio di tette così perfette che dovevano essere state ritoccate con Photoshop.

Paolo si drizzò a sedere sulla sedia, indugiando col mouse sulla pubblicità.

In chat comparve Enrico.

Ehi, pervertito! scrisse quello. Già ti stai masturbando?

Sbuffò. Lo detestava quando riusciva a essere così cinicamente perspicace.

Non ancora digitò sulla tastiera, ma ho visto il sito che mi hai linkato.

Sessovivo.com?

.

Bene, vedrai che roba! Anzi, non voglio distrarti. Ci sentiamo dopo.

Nell'attesa che l'amico tornasse a scrivergli, Paolo afferrò la lattina già aperta e mandò giù una sorsata di birra. Era gelata, ideale in una notte torrida come quella. Roma in pieno agosto era una fornace e l'aria condizionata era rotta da mesi. Pochi soldi e un lavoro al call center non gli avevano permesso di pagare la riparazione.

Sua madre gli aveva ripetuto più volte che avrebbe provveduto lei, ma odiava sentirsi in debito con la vecchia. Aveva trent'anni, viveva da solo e non voleva dipendere ancora da lei.

– Sembra figo – mormorò verso il monitor. Quindi spostò il mouse sul banner e cliccò sulla moretta.

Lo schermo divenne nero, poi a poco a poco comparve una cornice rossa, seguita da alcuni frame di video in movimento. Al centro, il riquadro più grande: la moretta comparve di spalle, china in avanti, con il sedere tondo e sodo in evidenza. Si muoveva in maniera sensuale, voltandosi appena a scrutare la telecamera, la lingua a leccarsi le labbra. Sotto, il tasto GODI ORA.

– Che cazzata – ridacchiò Paolo. Spostò il cursore sul bottone e vi cliccò sopra.

Il video s’ingrandì a tutto schermo e la ragazza si spostò davanti alla telecamera.

– Ciao – disse, fissandolo dritto negli occhi.

Paolo restò a osservare perplesso quel viso niveo, gli occhi verdi come scaglie di giada.

– Ho detto ciao – ripeté la donna.

– Cosa? – fece lui, perplesso.

– Non si saluta più?

Paolo si sentì uno stupido. – Ciao – disse.

Lei sorrise e lui capì che stava interagendo tramite webcam.

Cazzo, è così che funziona?

Non aveva mai usato una webcam per queste cose, non si era nemmeno accorto che si fosse attivata, evidentemente cliccando su GODI ORA aveva avviato un qualche procedimento che ne attivava l'accensione in automatico.

Però la modalità a schermo intero non gli piaceva, avrebbe voluto continuare a chattare con Enrico.

Premette il tasto ESC, ma non successe nulla.

– Mi vuoi già lasciare? – chiese lei, mettendo il muso.

– No, no… figurati. Come ti chiami?

– Kasia.

– Bello. Sei straniera? Polacca?

– Mia madre. Io sono cresciuta qui. Ma non siamo qui per parlare, dico bene?

– Ehm… come funziona? Non… non l'ho mai fatto prima.

– Devi solo restare collegato con me, tesoro. Il più a lungo possibile.

– E come… pago?

Lei sorrise. – Pagherai alla fine.

Che cosa strana.

– Non devo inserire nessun codice? La mia carta di credito? O…

– No. E ora rilassati. Perché non ti spogli? – propose, allontanandosi quanto bastava dallo schermo per mostrare quel paio di tette che lo aveva attratto fin dall'inizio. Cominciò a toccarsi e immediata arrivò l'eccitazione.

Paolo si slacciò la cintura e allentò il primo bottone dei jeans.

– Vuoi che te lo succhi? – fece lei, sporgendosi verso la webcam.

– Oh sì, magari – rispose. – Peccato che siamo lontani.

Kasia lo confortò con un'espressione lasciva. – Tu non ti preoccupare. Chiudi gli occhi.

– Cosa? – Ma che sei scema? Con gli occhi chiusi non ti vedo, bella!

– Fidati di me.

Interdetto, Paolo lasciò che quegli occhi di giada lo convincessero a obbedire. Chiuse le palpebre e si rilassò sulla sedia.

– E adesso? – sbottò con aria seccata. Ma già qualcosa stava cambiando. Avvertì una piacevole carezza su tutto il corpo, come un calore che s’insinuava in lui e arrivava tra le gambe, come fossero labbra umide.

Si sentì avvampare, ogni fibra del suo essere venne investita da quella sensazione assurda, pregna di piacere, e l'orgasmo venne in fretta, liberatorio.

Quando riaprì gli occhi, Kasia era lì, con la testa ancora tra le sue gambe. Il seno era stretto contro il bordo del tavolo, la schiena liscia e glabra ondeggiava sotto la luce azzurra del monitor.

Paolo pensò di avere bevuto troppa birra. Pensò di essere impazzito.

La schiena di Kasia terminava dentro il monitor e dall'altra parte vedeva la parte superiore del suo sedere ripiegarsi sulle gambe, nascoste dal corpo oltre il video.

– Ma che cazzo…

Kasia si tirò su, passandosi una mano sulla bocca.

– Adesso devi pagare.  

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