Non che prima di Tolkien non si siano costruiti mondi fantastici, ma è vero che Tolkien si differenzia per la cura del mondo e per la porta d'ingresso. Se nelle opere di C.S. Lewis si entra a Narnia mediante un armadio o un dipinto, se l'Alice di Lewis Carroll attraversa uno specchio tra il mondo reale e il mondo secondario, Tolkien avvolge i suoi protagonisti, e quindi i lettori, nella sua costruzione, con un mondo secondario pieno di dettagli coerenti, in modo che non venga percepito in modo mediato dal fruitore, ma in modo diretto, dando un nuovo significato al rapporto lettore/scrittore.

"La maggioranza delle buone fiabe vertono sulle avventure di uomini nel Reame Periglioso, un mondo fatato, o Faërie, che contiene molte cose oltre a elfi, e fate, e oltre agli gnomi, streghe, troll, giganti o draghi: contiene i mari, il sole, la luna, il cielo; e la terra, e tutto ciò che è in essa: alberi, uccelli, acqua e pietre, vino e pane, e noi stessi, uomini mortali quando siamo vittime di un'incantesimo".

Tolkien fa proprie le parole di George Webbe Dasent, che introducenso la sua raccolta di Fiabe Popolari “Dobbiamo essere contenti della minestra che ci viene offerta, e non desiderare di vedere le ossa di bue che si sono messe a bollire per farla”.

Per Tolkien la minestra è la storia, e le ossa sono le sue fonti.

Il racconto arriva a noi mediante tre fasi: creazione indipendente, discendenza (prestito attraverso il tempo) e diffusione (prestito attraverso lo spazio).

La creazione è il più importante, perché le altre due si rifanno comunque a un creatore originale.

Pertanto la creazione di una lingua, di una cronologia, di complesse genealogie, di una geografia, oltre che fauna e tutti i particolari che la nostra esperienza considera parte del mondo, serve a forgiare qualcosa che è comunque percepito dal lettore, a prescindere dall'uso che se ne fa nella storia. La storia è infatti una cornice che ritaglia uno spazio, che si focalizza su un aspetto del mondo secondario.

La mappa autografata da Tolkien della Terra di Mezzo
La mappa autografata da Tolkien della Terra di Mezzo

L'esempio del “sole verde”è esplicativo del potere della sub-creazione.

“Creare un Mondo Secondario, all'interno del quale il sole verde possa essere credibile, imponendo la Credenza Secondaria, richiederà fatica e riflessione, e avrà bisogno di una particolare abilità, una sorta di maestria Elfica.”

La fatica fatta per mantenere in piedi la struttura del "Mondo secondario", di “rendere immediatamente efficaci le visioni della fantasia” ripaga lo scrittore perché crea qualcosa che non è meno vero del "Mondo Primario" agli occhi di chi ci si immerge.

È la potenza dell'”Incantesimo”, ossia “della creazione di un mondo secondario nel quale sia l'artefice che lo spettatore possono entrare”, trovandosi con “piena soddisfazione dei loro sensi”.

Il lettore immerso nel mondo secondario lo accetta tanto quanto il primario. Questo non significa che di peso le credenze dei due mondi siano interscambiabili, questo sarebbe confondere i due piani. Se il lettore accetta che nel mondo secondario esistano i Draghi, ha ben presente che non c'è prova che esistano nel mondo primario. È un motivo per cui la maggior parte degli appassionati di fantascienza, per esempio, non crede affatto agli UFO pur magari ipotizzando che non sia improbabile che esista la vita al di fuori del pianeta Terra, ma accettando l'idea che nell'universo di Star Trek esistano i vulcaniani.

Questo perché la Fantasia è una naturale attività umana. Non distrugge e non offende la Ragione, e non smussa neanche l'appetito per, né oscura la sua percezione della, verità scientifica. Al contrario. Quanto più la ragione è acuta e chiara, tanto meglio opererà la fantasia.

La fantasia è distinta dal mondo primario, ma un buon artigiano ama il suo materiale, pertanto gli elementi fantastici, per un appagamento completo, non devono essere decorativi o occasionali, ma il fulcro della sua narrazione, per una “liberazione completa”.

Questa “verità” risponde a una esigenza di Evasione, una delle principali funzioni delle fiabe,che per Tolkien, è la "legittima fuga del soldato prigionero", da non confondersi con la "diserzione dal campo di battaglia". L'evasione è la ricerca di concetti permanenti da raccontare, del superamento dell'idea che le cose della vita “reale” siano più vere dei prodotti della fantasia.

Questo perché il fine ultimo è la soddisfazione di un desiderio ancestrale di Consolazione del Lieto Fine, fondamentale nella fiaba tanto quanto la Tragedia nel teatro. Un opposto definito “Eucatastrofe”. Una consolazione, una gioia del lieto fine o di una “buona catastrofe”, di un improvviso capovolgimento felice (poiché nessuna fiaba ha un vero finale) che solo la fiaba può produrre supremamente bene. Non è negata affatto la possibilità della catastrofe, del fallimento, ma la buona fiaba. per quanto siano sregolate i suoi avvenimenti, per quanto fantastici o terribili le sue avventure, dare a chi le ascolta, quando giunge “il capovolgimento”, “un acuto barbaglio di gioia, e un desiderio del cuore, che per un attimo travalica i limiti del racconto, lacera la stessa trama della storia, e fa sprigionare da essa un bagliore improvviso.”

Se uno scrittore aspira a costruire mondi che abbiano pretesa di verosimiglianza deve quindi costruirli in modo che, a ogni particolare della sua costruzione la risposta alla domanda "è vero?", non può che essere: "Se hai costruito bene il tuo piccolo mondo, sì, è vero in quel mondo."

(1) J.R.R. Tolkien, Il medioevo e il fantastico, Bompiani, 2004, 9788845254895