PARTE PRIMA

SOTTO LA MONTAGNA

SEI ANNI DOPO…

PRIMO CAPITOLO

Clay pensava di non avere la stoffa dell’eroe. Oh, gli sarebbe piaciuto! Avrebbe tanto voluto essere il salvatore dei draghi, glorioso e coraggioso, e fare tutte le cose straordinarie che gli altri si aspettavano da lui.  Sarebbe

stato bello guardare il mondo, capire quello che non funzionava e rimettere tutto a posto.

Ciò nonostante era totalmente privo delle qualità che si richiedevano a una figura leggendaria. Gli piaceva dormire più che studiare e continuava a lasciarsi sfuggire le galline nei sotterranei, durante le battute di allenamento alla caccia, perché badava ai suoi amici invece di tenere d’occhio i pennuti.

Non era male nei combattimenti, ma questo di certo non sarebbe bastato a porre fine alla guerra e a salvare le tribù dei draghi. Avrebbe dovuto essere straordinario. Essendo il più grande dei cinque, spettava a lui mettere paura, mostrarsi tosto. I suoi tutori volevano che fosse terribilmente pericoloso. Clay si sentiva pericoloso all’incirca quanto un cavolfiore.

– Combatti! – urlò il drago rosso femmina scagliandolo dall’altra parte della caverna.

Andò a sbattere contro la parete e si rialzò a fatica mentre cercava di allargare le ali color fango per tenersi in equilibrio. Si scansò un attimo prima che una zampata gli centrasse il muso.

– Forza – ruggì Astral. – Smettila di trattenerti. Devi essere spietato. Trova il mostro che c’è in te e tiralo fuori.

– Ma io ci provo! – esclamò Clay. – Forse se potessimo fermarci  a  parlarne  un attimo…

Lei gli si scagliò di nuovo contro. – Finta a sinistra! Rotolati a destra! Usa il  fuoco!

Clay provò a chinarsi sotto l’ala di Astral per attaccarla dal basso, ma ovviamente rotolò dalla parte sbagliata. Lei lo inchiodò a terra con un artiglio strappandogli un guaito di dolore.

–  E QUELLA PER TE È LA DESTRA, BABBEO? – gli tuonò nell’orecchio. – Ma voi Ali di Fango siete tutti così stupidi? O HAI SOLTANTO DEI PROBLEMI DI UDITO?

«Be’, se continui a urlare così li avrò presto» pensò Clay. L’Ali di Cielo sollevò la zampa e lui si divincolò, liberandosi.

– Ovviamente non so molto degli altri Ali di Fango – protestò leccandosi gli artigli indolenziti. – Però forse potremmo cercare di combattere senza tutti questi strilli e vedere… –. Si  interruppe  perché  aveva  sentito  il  ben  noto  sibilo che

precedeva sempre gli attacchi fiammeggianti di Astral. Seppellì la testa sotto le ali, ritrasse il lungo collo e rotolò nell’intrico di stalagmiti che costellavano un angolo della caverna. Le fiamme fecero esplodere le rocce intorno a lui e gli bruciacchiarono la punta della coda.

– Codardo! – tuonò il drago più anziano. Frantumò una stalagmite riducendola a una manciata di sassolini neri appuntiti.

Clay si coprì gli occhi e un attimo dopo si sentì pestare la coda con forza. – AHI! Avevi detto che chi pesta la coda è un baro! –. Si arrampicò in fretta sulla stalagmite più vicina. Dal punto in cui si era appollaiato, sotto il soffitto, guardò con odio l’enorme Ali di Cielo.

– Sono la tua istruttrice – ruggì Astral. – Per me quella regola non vale. Scendi immediatamente e combatti in modo degno di un Ali di  Cielo.

«Ma io non sono un Ali di Cielo» pensò Clay, con un impeto di ribellione. «Sono un Ali di Fango! Non mi piace appiccare il fuoco alle cose o svolazzare in cerchio e mordere altri draghi sul collo.» Gli facevano ancora male i denti dopo aver morso le squame di Astral, dure come diamanti. – Non posso combattere contro un mio compagno? –  domandò.

– Me la caverei molto meglio –. Per lo meno erano delle sue dimensioni (all’incirca), e poi non baravano (quasi mai). In effetti, gli piaceva lottare con loro, anche se non riusciva mai a vincere quando Astral li osservava. Lei lo rendeva   nervoso.

– Ah, sì? E chi vorresti avere come avversario? Quell’Ali di Sabbia striminzita, o forse la pigra Ali di Pioggia? Perché sono sicura che là fuori, sul campo di battaglia, di certo avrai modo di scegliere! –. La coda di Astral risplendeva come un tizzone incandescente mentre frustava   l’aria.

– Glory non è pigra – protestò Clay, leale. – Non è portata per i combattimenti, ecco tutto. Webb dice che nella foresta pluviale non c’è bisogno di combattere perché gli Ali di Pioggia hanno tutto il cibo che gli serve. Secondo lui è per questo che finora non sono stati coinvolti nella guerra: nessuna regina li vuole nel proprio esercito. Lui dice anche che…

– SMETTILA DI BLATERARE E SCENDI SUBITO! – ruggì

Astral. Si impennò sulle zampe posteriori spiegando le ali e all’improvviso sembrò tre volte più grande.

Con un guaito di terrore, Clay cercò di balzare sulla stalagmite accanto, ma ci mise un po’ troppo ad aprire le ali e cadde; la pietra gli si conficcò in un fianco, mentre i suoi artigli scivolavano lungo la roccia frastagliata schizzando scintille. Emise un altro guaito quando Astral, infilata la testa fra una colonna e l’altra, gli afferrò la coda tra i denti per trascinarlo di nuovo allo  scoperto.

Lo prese per il collo e gli sibilò all’orecchio: – Dov’è quel mostriciattolo violento che ho visto quando sei nato? Quello è il drago di cui abbiamo bisogno perché la profezia si avveri. Clay emise un grido rauco quando, cercando di aggrapparsi alle zampe dell’istruttrice, le strane cicatrici delle bruciature sui palmi di Astral grattarono contro le sue squame. Con lei l’addestramento alla battaglia finiva sempre così: Clay  perdeva i sensi e poi restava  indolenzito o  zoppicante per parecchi giorni. «Reagisci» si esortò. «Imbestialisciti! Fa’ qualcosa!» Ma, anche se era il più grosso dei cinque, ci voleva ancora del tempo perché diventasse adulto, e Astral lo sovrastava completamente. Pur sapendo che arrabbiarsi sarebbe stato d’aiuto, riusciva soltanto a pensare: «Tra poco sarà finita, poi potrò cenare». Non era certo una considerazione molto eroica.

Tutt’a un tratto Astral emise un ruggito e lo lasciò cadere. Il fuoco gli avvolse la testa mentre colpiva il pavimento con un tonfo.

L’istruttrice si voltò di scatto: alle sue spalle c’era Tsunami, ansimante e con un atteggiamento provocatorio. Tra i denti aguzzi dell’Ali di Mare era impigliata una squama rossodorata. La sputò a terra e fulminò Astral con lo sguardo.

– Smettila di accanirti contro Clay – ruggì – o ti morderò di nuovo –.  Le sue squame blu scure luccicavano come vetro  di cobalto alla luce delle torce. Le branchie sul lungo collo pulsavano,  come  sempre  quando  era arrabbiata.

Astral si sedette e spostò la coda in avanti per esaminare il segno del morso. Mostrò le zanne a Tsunami. – Quanto sei dolce! Proteggi un drago che ha cercato di ucciderti quando eri ancora nel guscio.

– Ma per fortuna voi draghi adulti eravate lì per salvarci la vita – ribatté Tsunami. – Lo apprezziamo davvero, soprattutto perché adesso non fate altro che ripetercelo –. Le girò intorno con passo deciso per frapporsi tra lei e Clay. Lui trasalì. Odiava sentire quella storia. Proprio non riusciva a capire come potesse essere successo: non gli sarebbe mai passato per la mente di fare del male a un altro drago, quindi perché mai aveva attaccato le uova che stavano per schiudersi? Davvero da qualche parte, nel profondo di sé, si nascondeva un mostro?

Gli altri tutori, Webb e Dune, dicevano che appena nato era incredibilmente feroce e che lo avevano gettato nel fiume per proteggere le altre uova  dalla sua furia. Astral voleva  che lui ritrovasse quella brutalità e che la sfruttasse durante  i combattimenti. Ma Clay temeva che, se ci fosse riuscito, avrebbe detestato se stesso e si sarebbe attirato l’odio dei compagni. Quando ripensava  a quel che era stato sul punto  di fare ai suoi amici, aveva l’impressione che tutto il fuoco gli  venisse  succhiato via.

Non aveva molta voglia di diventare una macchina di morte, anche se era ciò che Astral si aspettava da lui. Tuttavia poteva essere l’unico modo per far avverare la profezia.

– E va bene – concesse l’istruttrice, rassegnata. – Tanto avevamo finito. Annoterò un altro fallimento sulla tua pergamena, Ali di Fango –. Sbuffò una fiammella a mezz’aria, si voltò e uscì dalla caverna  con passo   maestoso.

Non appena la sua coda rossa fu svanita dalla vista, Clay  si sdraiò per terra. Non c’era una sola squama che non gli bruciasse. – Nell’allenamento di domani sarà ancora più perfida – disse a Tsunami.

– Ma no, è sempre così dolce! – scherzò l’amica. – La cattiveria non fa  parte del suo  carattere!

– Ahi! – mugolò Clay. – Non farmi ridere. Credo di essermi rotto  qualche  costola.

– Sei ancora tutto intero – disse Tsunami pungolandolo col muso. – Le ossa di drago sono dure quasi come i diamanti. Stai benissimo! Alzati e tuffati nel   fiume.

– No! –. Clay nascose la testa sotto l’ala. – È troppo freddo! Per Tsunami quella era la soluzione di qualsiasi problema. Sei annoiato? Hai le ossa rotte? Le squame secche? Il cervello imbottito di storia della guerra? Salta nel fiume! Lo gridava ogni volta che i compagni si lamentavano, senza curarsi del fatto che lei era l’unica in grado di respirare sott’acqua e che la maggior parte dei draghi odiava bagnarsi.

A Clay non dispiaceva più di tanto, in realtà, però non sopportava il freddo, e il fiume sotterraneo che attraversava la caverna era sempre ghiacciato.

– Buttati! – ordinò Tsunami. Gli afferrò la coda e cominciò a trascinarlo verso il fiume. – Poi ti sentirai meglio.

– Non credo proprio! – gridò Clay mentre cercava di frenare la scivolata puntando le zampe. – Congelerò! Smettila! Va’ via! Argh! –. Le sue proteste si trasformarono in una nuvola di bollicine non appena Tsunami lo scaricò nell’acqua  gelida.

Quando tornò in superficie, l’amica gli galleggiava accanto; ficcava la testa sotto e si schizzava l’acqua sulle squame come un bellissimo pesce un po’ troppo cresciuto. In confronto a lei Clay si sentiva proprio un imbranato, così goffo  e marrone.

Sguazzò fino a un punto meno profondo e si sdraiò su uno scoglio sommerso, con la testa poggiata sulla riva del fiume. Non le avrebbe mai dato la soddisfazione di    ammetterlo, ma effettivamente il bruciore si era affievolito. La corrente sciacquava via la polvere di roccia bruciacchiata impigliata fra le squame. Il fiume era comunque troppo freddo, però. Con le zampe raschiò la pietra sotto di sé. Perché non c’era nemmeno una briciola di fango laggiù?

–  Astral se ne pentirà, un giorno o l’altro, quando diventerò la regina degli Ali di Mare – dichiarò Tsunami mentre nuotava  avanti  e indietro.

– Pensavo che soltanto le figlie o le sorelle potessero sfidare una regina per conquistare il trono – replicò Clay. Tsunami nuotava talmente veloce! Avrebbe tanto voluto avere le zampe palmate come lei, oppure le branchie, o una coda simile alla sua, così potente da poter quasi svuotare il fiume con un singolo colpo.

–  Be’, forse la regina degli Ali di Mare è mia madre e io sono una principessa smarrita – fantasticò lei. – Come nella leggenda.

Tutto quello che i giovani draghi sapevano del mondo esterno lo avevano appreso dai rotoli di pergamena collezionati dagli Artigli della pace. Nella loro storia preferita, La principessa perduta, la figlia della regina degli Ali di Mare fuggiva e la sua famiglia metteva a soqquadro tutti gli oceani per ritrovarla. Alla fine la principessa tornava    a casa e i genitori la accoglievano ad ali spalancate, con festeggiamenti e banchetti.

Clay saltava sempre le avventure al centro della storia: a lui piaceva soltanto quell’ultima parte, in cui il papà e la mamma erano felici. E i banchetti. Anche quelli parevano piuttosto grandiosi. – Mi chiedo come siano i miei genito ri – disse.

– Io invece mi domando se qualche membro delle nostre famiglie sia ancora vivo – replicò Tsunami.

A Clay non piaceva ragionare in quel modo. Sapeva che ogni giorno, a causa della guerra, morivano molti draghi: Astral e Webb riportavano notizie di battaglie sanguinarie, terre bruciate dal fuoco e ammassi di corpi di draghi in fiamme. Tuttavia lui aveva bisogno di credere che i suoi genitori fossero sopravvissuti. – Sentiranno la nostra mancanza?

– Di sicuro –. Tsunami lo schizzò con la coda. – Scommetto che i miei sono impazziti quando Webb ha rubato l’uovo. Proprio  come  nella storia.

– E i miei devono aver rivoltato le paludi da cima a fondo – disse Clay. Fin da quando erano piccoli, tutti e cinque immaginavano che i loro genitori li avessero cercati ovunque. E lui sperava che qualcuno là fuori lo stesse ancora facendo, che sentisse la sua mancanza e lo rivolesse con sé.

Tsunami si voltò sulla schiena e si mise a fissare il soffitto di pietra con i suoi occhi verde chiaro. – Be’, non a caso gli Artigli della pace hanno scelto questo posto – commentò in tono aspro. – Nessuno riuscirebbe mai a trovarci quaggiù.

Per un attimo rimasero ad ascoltare il gorgoglio del fiume e il crepitio delle torce.

– Non staremo sottoterra per sempre – disse Clay per tirarla su di morale. – Se l’obiettivo degli Artigli della pace è quello di fermare la guerra, prima o poi dovranno pur lasciarci uscire –.  Si grattò un orecchio, pensieroso. –   Per Starflight mancano soltanto altri due anni, dopodiché potremo tornare a casa nostra –. Bisognava tenere duro ancora per un po’.

–  Be’, prima salveremo il mondo – precisò Tsunami. – E poi andremo a casa.

– Giusto – ammise Clay. Come ci sarebbero riusciti non gli era ancora chiaro, ma tutti sembravano convinti che al momento opportuno l’avrebbero capito.

Si trascinò fuori dal fiume, con le ali impregnate d’acqua, afflosciate e appesantite. Raggiunse la parete rocciosa, le allargò davanti a una torcia e inarcò il collo per scaldarsi. Flebili ondate di tepore si diffondevano sulle sue squame.

– A meno che… – disse Tsunami.

Clay abbassò la testa per guardarla. – A meno che, cosa?

– A meno che non ce ne andiamo prima – rispose lei. Si ribaltò e uscì dall’acqua con un movimento fluido e aggraziato.

– Andarcene? – le fece eco Clay, sbalordito. – Da soli?

– Perché no? Se troviamo una via d’uscita, perché mai dovremmo aspettare altri due anni? Io sono pronta a salvare il mondo, tu no?

Clay non era sicuro che lo sarebbe mai stato. Aveva sempre pensato che fossero gli Artigli della pace a dover dire  loro cosa fare. Soltanto i tre tutori Astral, Webb e Dune conoscevano il nascondiglio, ma fuori c’era un’intera organizzazione che si preparava per la profezia. – Non possiamo fermare la guerra da soli – osservò. – Non sapremmo da dove  cominciare.

Tsunami sventolò le ali, esasperata, e lo schizzò con una pioggia di goccioline ghiacciate. – Ma certo che possiamo fermare la guerra da soli – ribatté. – È questo il senso della profezia.

– Forse tra due anni – obiettò Clay. «Magari a quel punto avrò trovato il mostro che c’è in me e sarò il combattente feroce che Astral vuole che io sia.»

– O forse anche prima – insistette lei, ostinata. – Tu facci un pensierino, d’accordo?

Lui cercò di prendere tempo. – E va bene, ci penserò – concesse per porre fine alla discussione.

Tsunami inclinò la testa. – Sento che è ora di cena! –. Versi di animali spaventati riecheggiavano nella galleria alle loro spalle. – Facciamo a chi arriva prima in sala mensa! –. Senza attendere una risposta, si voltò di scatto e corse via     a  passi pesanti.

La luce delle torce sembrava più fioca e l’acqua fredda cominciava a filtrare sotto le squame di Clay, che ripiegò le ali e trascinò la coda fra i detriti della stalagmite frantumata.

Tsunami era impazzita: loro non erano pronti per fermare la guerra. Non sarebbero neanche stati in grado di sopravvivere da soli. Forse l’amica era coraggiosa e tosta come doveva esserlo un eroe, ma Sunny e Glory e Starflight… Clay pensò a tutte le cose che avrebbero potuto ferirli e si rammaricò di non poter cedere loro le proprie squame, gli artigli e i denti per proteggersi meglio.

Inoltre, non c’era modo di fuggire dalle caverne. Gli Artigli della pace avevano  preso le precauzioni necessarie.

Eppure Clay non poteva fare a meno di chiedersi come sarebbe stato tornare a casa subito, senza dover aspettare altri due anni. Non aveva mai conosciuto altro che quelle caverne, dove si era schiuso il suo uovo, ma aveva fantasticato molto sul mondo esterno. Tornare alle paludi, a un’intera tribù di Ali di Fango che gli assomigliavano e ragionavano come lui… Riunirsi ai suoi genitori, chiunque fossero…

Era forse possibile?

E se fossero riusciti a scappare, e a sopravvivere, e a salvare il mondo… a modo loro?

I Regni del Fuoco. La profezia dei Cinque Draghi: Guida ai draghi del regno di Phyra

I Regni del Fuoco. La profezia dei Cinque Draghi: Guida ai draghi del regno di Phyra

Articolo di Tui T. Sutherland Venerdì, 29 aprile 2016

Dalle pergamene degli Ali della Notte… La guida ai draghi della saga I Regni del Fuoco, la serie statunitense interamente dedicata ai draghi, bestseller del New York Times con due milioni e mezzo di copie, pubblicata ora in Italia da Piemme, in libreria dal 10 maggio 2016.

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© 2012 Tui T. Sutherland

Traduzione di Francesca Flore

© 2016 Edizioni Piemme

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