La premessa è che non si tratta di una recensione. Terminato l'embargo posso dire di avere messo le mani, insieme a un gruppo di giornalisti di settori, sull'atteso nuovo capitolo della saga Deus Ex, ossia Deus Ex: Mankind Divided.

Il gioco è seguito diretto del precedente titolo della saga, Deus Ex: Human Revolution. In questo momento storico i biopotenziamenti mediante protesi bioniche non sono più visti come una opportunità, ma come una minaccia, e gli umani potenziati sono costretti a vivere separati dal resto dell'umanità, in uno stato di mechanical apartheid.

In questo quadro distopico ritroviamo Adam Jensen che sbarca il lunario facendo l'unica cosa che gli riesce bene, ossia rischiare la vita contro nemici agguerriti e armatissimi.

La meccanica del gioco, in prima persona, mescola lo sparatutto all'astuzia. Bisogna usare le potenzialità bioniche del protagonista con oculatezza, senza pensare che basti sparare a tutto quello che si muove.

La vita poi, si può rischiare anche in altri modi, come rimanendo folgorati per esempio. Da una prova di un paio di ore non posso dare molte informazioni sulla profondità della storia. Ma i tanti personaggi incontrabili, le tante varianti, lasciano ben sperare.

Se l'hacking di computer e di server sono alcuni dei tanti enigmi e problemi che dovremo affrontare con il cervello e i riflessi, molto interessante è la modalità Breach che ricorda molto le intrusioni cyberpunk degli anni '80, con una grafica a poligoni che echeggia il ricordo di Tron e Descent.

Si tratta di un vero e proprio altro gioco nel gioco, selezionabile da un menu a parte. Una modalità più arcade, molto meno complessa, quasi defaticante tra un enigma e l'altro. In pratica ci dobbiamo introdurre in server sempre più complessi e sempre più difesi, riprodotti come labirinti nei quali i programmi di difesa sono guardie armate e vari trabocchetti.

Forse un paio d'ore sono ancora poche, ma certo che è se sono queste le premesse, Deus Ex: Mankind Divided, promette molto bene.