L'Associazione Italiana Studi Tolkieniani, fedele alla sua missione di divulgazione di qualità, è presente a Lucca con un ciclo di seminari di approfondimento su una selezione di temi suggestivi.

Senz'altro molto suggestivo è il tema prescelto da Barbara Sanguineti, sul modo con cui J.R.R. Tolkien ha rielaborato la figura dei non-morti, traendola dalla mitologia e da una tradizione antichissima, per adattarla anche filosoficamente alla sua creazione.

L'elaborazione della figura dei non-morti è antica quanto il senso di sgomento e il terrore dell'ignoto che assale l'uomo di fronte all'Aldilà: spesso esprimono un tipo di rapporto con l'Aldilà organico alla cultura in cui si sviluppano le loro leggende.

Escludendo dal discorso la categoria degli zombie, che non ha un vero e proprio riscontro in Tolkien, le due grandi famiglie di non-morti sono spettri e vampiri, declinati in modi differenti a seconda dello spirito di ciascun'epoca.

Nelle Lettere, Tolkien spiega che il tema centrale del Signore degli Anelli non è il potere e il dominio, ma la morte e il desiderio di immortalità. Ecco perché la rappresentazione dei non-morti ha una grande rilevanza, non solo come elemento narrativo utilizzato quando lo scrittore vuole far leva su emozioni di terrore soprannaturale, ma anche come chiave di lettura filosofica dell'opera.

Ciascuna delle razze tolkieniane ha una sua rappresentazione dell'Aldilà, coerente con la loro cultura e soprattutto le loro caratteristiche. Evidentemente solo gli Uomini (e gli Hobbit) hanno il concetto di non-morte, gli unici per i quali la morte è (tendenzialmente) senza ritorno.

Immagine di John Howe
Immagine di John Howe

Nell'epopea tolkieniana la figura principale di non-morti sono i Nazgul, Spettri dell'Anello. In effetti Eowyn si rivolge al Signore dei Nazgul utilizzando il termine "undead", entrato nell'uso con questo significato con il romanzo Dracula di Bram Stoker del 1897.

I loro poteri sono una commistione tra quelli degli spettri e dei vampiri: come gli spettri sono virtualmente incorporei e invulnerabili alle armi normali e possiedono una voce terrificante, come i vampiri emanano un'aura di contagio, traggono forza dal gruppo e le ferite da loro inflitte riducono a spettri coloro che le ricevono: proiettano la consueta sensazione di terrore ma sono in qualche modo vulnerabili alla luce del sole e all'acqua.

In Il Signore degli Anelli compaiono poi i Morti di Dunclivo, maledetti da Isildur a cui avevano giurato di sostenerlo in battaglia, rifiutandosi poi di combattere per viltà (e per questo detti "gli spergiuri"). La non-morte è la loro condanna, che verrà espiata solo quando avranno combattuto al fianco di un erede del re, Aragorn. Sono spettri, ombre incorporee, circondati da un'aura di paura che è da sola sufficiente a sbaragliare i nemici, i Corsari di Umbar.

Disegno di John Howe
Disegno di John Howe

Altra figura in qualche modo assimilabile ai non-morti è quella degli spiriti delle Paludi Morte: Elfi, Uomini e Orchi caduti in antiche battaglie tra i popoli liberi e Sauron. Non è chiaro se si tratti di immagini o di veri e propri spiriti (in teoria Elfi e Orchi non dovrebbero essere soggetti alla non-morte: potrebbero essere pero' Elfi che hanno rifiutato la chiamata nelle Aule di Mandos).

Sebbene non ci siano nell'universo tolkieniano veri e propri vampiri, è l'Anello stesso ad avere similitudini con questa figura mitologica: ammalia, trasforma, contagia, e il legame con i Nove Anelli del Potere lo rende piu' forte.

Lo stesso Sauron ha caratteristiche in comune con Dracula, benché la sua malvagità sia più distruttiva, spinta dalla volontà di dominio e annientamento e non da semplice egoismo.

In generale, tuttavia, nelle principali creature non-morte dell'universo tolkieniano manca una caratteristica fondamentale della tradizione come il momento del trapasso/risurrezione: gli Spergiuri permangono come spirito, mentre per i Nazgul il passaggio dalla vita alla non-morte avviene piuttosto come una lenta consunzione. Per Tolkien non ci puo' essere resurezione al di fuori della volontà di Eru Iluvatar.

Un'eccezione sembrano essere gli Spettri dei Tumuli, che infestano le tombe dei Dunedain che combatterono contro il Re Stregone. Si tratta però di spiriti malvagi inviati da Angmar ad animare le ossa degli antichi sovrani che giacevano nelle tombe, per dissacrarne la memoria, e non degli spiriti che avevano abitato in quei corpi. Ancora una volta, dunque, non siamo in presenza di un vero e proprio ritorno in vita dopo la morte, cosa che nell'universo tolkieniano è pressoché impossibile.

L'unica vera eccezione è quella di Beren, nel Silmarillion, tornato in vita per intercessione dell'amata Luthien, a questo punto divenuta a sua volta mortale: i due prenderanno dimora nella Terra dei Morti che vivono (Land of the Dead that live).

Solo l'amore nella sua forma più estrema, in Tolkien, puo' rendere possibile il ritorno dalla morte.

La grandezza dell'autore e della sua opera si misura anche con la profondità con cui è stato in grado di trattare temi eterni come la vita, la morte, e anche la non-morte. E pazienza se non ci sono gli zombie.