Altro documentario portato sul grande schermo da Nexo Digital, in collaborazione con Sky Arte HD e Mymovies.it: Io, Claude Monet presenta la figura dell'artista attraverso il suo epistolario.

Claude Monet (Parigi, 1840 – Giverny, 1926) era un ribelle e la cosa non deve sorprendere, doveva essere molto difficile attenersi a delle regole talmente rigide da diventare insopportabili per una persona fantasiosa, ecco perché tanti artisti erano outsider (nel senso di al di fuori dei canoni sociali dell'epoca molto spesso castranti) e tante donne, a cui non era neanche consentita l'espressione artistica, sublimavano il proprio istinto e il proprio disagio attraverso una forma patologica, o considerata tale, come l'isteria. Monet, quindi, non era un ragazzaccio, era un creativo testardo e determinato, che incanalò la propria capacità e il proprio bisogno di comunicazione nelle caricature, attraverso cui si fece una discreta fama e iniziò a guadagnare dei soldi, notevole incoraggiamento per un giovane alle prime armi.

L'incontro con il pittore Boudin segnò una svolta nella vita di Monet, a cui venne consigliato di perfezionare la propria arte, iscrivendosi a un'accademia e osservando il mondo dal vivo, all’aria aperta, non dall’interno di  uno studio.

Monet, quindi, con i pochi risparmi si trasferì a Parigi, si iscrisse all'Academie Suisse, dove conobbe altri pittori con cui strinse amicizia (lato che nel documentario è poco analizzato): Pisarro, Bazille (mai abbastanza apprezzato), Renoir, tanto per citarne alcuni.

Claude Monet
Claude Monet

Il documentario è incentrato sulla vita interiore dell'artista, sui disagi economici; sono evidenti i problemi con la prima moglie Camille Doncieux, morta quando ancora i due figli erano piccoli, causati principalmente dall’assenza di soldi e con la seconda Alice Hoschedé, con cui passerà gran parte della sua vita, donna di grande forza, che sopporterà la difficile convivenza con l'artista,  con le sue frequenti assenze; percepiamo la frustrazione per i dipinti che l’artista non considerava degni di essere presentati, o esposti, o ancora l’insoddisfazione per l’ipotetica ignavia di Durand Ruel, eccellente e sensibile mecenate e mercante, senza cui tanti artisti non avrebbero potuto sopravvivere e lavorare.

Attraverso le opere filmate, che possiamo osservare come mai potremmo fare dal vivo, analizziamo non solo la pennellata, ma anche l’evoluzione del tratto, dal naturalismo ottocentesco notiamo i tratteggi che porteranno all’espressione dell’immediatezza visiva, alla reazione istintiva di ciò che la Natura offre. Proprio la ricerca costante e quasi angosciante di una verità, di una riproposizione delle impressioni che gli occhi subiscono al confronto con la luce, proprio in questo senso si potrebbe parlare di una ricerca quasi fotografica. E proprio nello studio di Nadar fu esposto un dipinto di Monet: Impression. Soleil levant. Qui il critico, pittore, giornalista Louis Leroy, per la verità in modo sarcastico, coniò il termine “impressionisti”, prendendosi gioco dell’apparente incompiutezza delle tele esposte.

<a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Claude_Monet">Claude Monet</a> - The Yorck Project: <i>10.000 Meisterwerke der Malerei.</i> DVD-ROM, 2002. <a href="https://commons.wikimedia.org/wiki/Special:BookSources/3936122202">ISBN 3936122202</a>. Distributed by<a href="https://commons.wikimedia.org/wiki/Commons:10,000_paintings_from_Directmedia">DIRECTMEDIA</a> Publishing GmbH. - Pubblico dominio
Claude Monet - The Yorck Project: 10.000 Meisterwerke der Malerei. DVD-ROM, 2002. ISBN 3936122202. Distributed byDIRECTMEDIA Publishing GmbH. - Pubblico dominio

Attraverso i luoghi e il confronto fra i luoghi frequentati da Monet e i dipinti che ritraggono quei luoghi, ripercorriamo le tappe della vita di Monet da Honfleur a Étretat, da Parigi a Venezia, a Bordighera, ma soprattutto a Giverny, luogo d’elezione, in cui i fiori, il ponte giapponese, i salici, prendono vita attraverso i colori di una palette in continua evoluzione per catturare la luce nel modo più veritiero possibile, fino alla serie di dipinti della cattedrale di Rouen e ancor di più attraverso la serie delle ninfee si arriva quasi a preconizzare i prodromi del puntinismo.

Notevole il documentario dal punto di vista visivo, il regista Phil Grabsky lascia allo spettatore il tempo di godere dei dipinti, di sondare le pennellate, di apprezzare il dettaglio e la visione d’insieme.

L’unica dolentissima nota è il doppiaggio affidato a Claudio Moneta, che con interpretazione enfatica e troppo caricata opprime le immagini, distogliendo e infastidendo l’attenzione.

In ogni caso è consigliatissimo.