Selene è ormai una reietta cacciata da tutti, sia lycans che vampiri e, a parte David, ormai non ha più nessun amico a cui rivolgersi. Per di più ha rinunciato per sempre a sua figlia per proteggerla da coloro che, a causa del suo sangue ibrido, la vogliono rapire. Inaspettatamente, però, Semira, un nuovo membro del consiglio dei vampiri, vuole Selene tra le fila dei propri combattenti a causa di Marius, il capo lycans dotato di abilità tattiche impareggiabili che gli hanno consentito di sbilanciare la guerra a favore dei suoi.

Selene potrebbe essere una valida risorsa, non tanto per le qualità di combattente ma per il suo sangue, che renderebbe potentissimo il vampiro che lo berrà. Ancora una volta braccata e aiutata solo da David, la guerriera si rifugia a nord dove, oltre che a nuovi alleati, scopre un modo, forse, per porre fine alla sanguinosa guerra millenaria. 

Dopo l’addio di Alice/Milla Jovovich di Resident Evil, sembra essere arrivato  il momento di salutare anche Selene/Kate Beckinsale, che iniziò la sua saga nel 2003. Questo Underworld: Blood Wars diretto da Anna Foerster, che si è fatta le ossa nella crew di Roland Emmerich, dovrebbe chiudere il cerchio e mettere un punto nella lotta tra gli aristocratici vampiri e i proletari lupi mannari. Ma se già il capitolo uno non brillava per originalità, passata la bellezza di 14 anni non è rimasto più niente in fondo al barile: un po’ a causa delle serie tv (qualsiasi episodio preso a caso da True Blood è più interessante), un po’ per la mancanza nel cercare di scrivere una trama minimente coinvolgente, Underworld: Blood Wars è un salto nel tempo. Tanto per dirne una, qui siamo ancora fermi all’opposizione delle tutine nere in latex degli aristocratici vampiri, contro i jeans e le magliette strappate dei muscolosi sottoproletari lycans. E anche là dove al film si chiede il minimo sindacale per la sufficienza, cioè nelle coreografie dei combattimenti e negli effetti speciali, proprio non ci siamo. Ci sono pochi soldi in questa produzione e si vede benissimo anche se, sempre per tornare all’ultimo Resident Evil, il budget è praticamente identico, eppure quello del film di Anderson sembra il doppio. 

Ma sono soprattutto le idee a mancare in questo prodotto che, tuttavia, si attacca alle mode del momento come Game of Thrones, senza nemmeno provare a cercare una propria identità. E quando Kate Beckinsale si ripresenta in scena dopo il suo viaggio spirituale con tanto di capelli con le punte bianche all’ultima moda, strappa ben più di un sorriso involontario.