I titoli della serie Dark Souls e Bloodborne sono, notoriamente, videogiochi difficili. Eppure, partendo dal capostipite Demon’s Souls (2009), gli episodi realizzati da From Software hanno gradualmente ricevuto consensi da un pubblico sempre più vasto. In Dark Souls la morte è dietro l’angolo, il giocatore viene introdotto senza alcuna delicatezza in un mondo fantastico, violento e oscuro. Allora, perché questi titoli dal complicato approccio affascinano così tanto?

A porre il quesito è stato lo staff di GamerClick, con Massimo Burzi, alias Grifis e Danilo Di Michele, anche detto Danny K, che domenica 11 marzo hanno generato un appassionato dibattito con il pubblico di Cartoomics 2018 dal titolo Dark Souls e soulslike: ancora genere di nicchia o nuovo fenomeno di massa?

Ospite speciale dell’incontro è stata l’illustratrice Ckibe, che tiene regolarmente sessioni di gioco e disegno in diretta attraverso Twitch, che trovate in Risorse in rete.

Per fare chiarezza, i titoli presi in esame sono stati Demon’s Souls, i tre capitoli di Dark Souls e Bloodborne.

L'incontro è iniziato sottolineando come il difficile gameplay di Demon’s Souls ne abbia fatto un genere di nicchia. Il giocatore, infatti, è costretto a imparare dai propri errori per proseguire. Con i capitoli successivi, la meccanica di gioco si è certamente evoluta, ma l’anima è rimasta la stessa. Perché, quindi, siamo arrivati a Dark Souls 3 con una fanbase enorme e un’aspettativa ai massimi livelli? Come mai un gioco considerato difficile e di nicchia è diventato, nel tempo, così popolare?

Probabilmente perché l’alto grado di sfida porta a una maggiore gratificazione. Lo stimolo per proseguire è dato dalla sensazione di riuscire ad affrontare gli ostacoli con le proprie forze e, una volta superati, la soddisfazione è smisurata. Anche i meno avvezzi ai giochi difficili, i cosiddetti casual gamers, potrebbero desiderare di mettersi alla prova, così da dire anch’io posso farcela. Buona parte del successo della serie potrebbe derivare anche da questa auto-motivazione.

Sono emersi subito aneddoti riguardo i primi grandi ostacoli affrontati in Dark Souls, come il Demone del Toro o il Demone Capra. A questo punto, Ckibe ha simulato un forte dolore, come se venisse trafitta al cuore da una lancia invisibile. Decisamente sono nemici memorabili per tutti gli appassionati.

L’apparizione del temibile Demone del Toro, il primo boss di <i>Dark Souls</i>.
L’apparizione del temibile Demone del Toro, il primo boss di Dark Souls.

Ckibe ha scelto di affrontare la serie in modalità blind run, ovvero giocando in diretta Twitch senza averlo provato o essersi documentata in precedenza, fornendo al pubblico una genuina emotività davanti alle sorprese. Si è detta molto soddisfatta dopo il superamento delle difficili prove, che spesso le hanno richiesto più di una sessione di gioco. La storia e il gameplay, comunque, l’hanno resa un’esperienza indimenticabile, soprattutto con Bloodborne. Seguire l’insolita narrazione si è rivelata un’altra grande sfida. Infatti, la trama principale si scopre raccogliendo gli oggetti e leggendo con attenzione le loro descrizioni, oltre ad ascoltare i dialoghi dei personaggi. In questo modo viene premiata la curiosità del giocatore, perché nulla viene raccontato in maniera diretta. Fare strage di mostri sempre più difficili, quindi, non è la sola “anima” del gioco.

Il Demone Capra si prepara a fare a fette il protagonista di <i>Dark Souls</i>.
Il Demone Capra si prepara a fare a fette il protagonista di Dark Souls.

La vera difficoltà sono i check point?

In Dark Souls non esiste un sistema che permetta il salvataggio in qualunque momento. I progressi vengono registrati soltanto quando si passa da un’area all’altra. In caso di morte, è possibile tornare sul luogo incriminato e raccogliere di nuovo tutto quello che si è perduto, ma per farlo è necessario attraversare di nuovo tutto il livello dall’inizio. Le scorciatoie aperte restano tali, ma i nemici ricompaiono, rendendo la traversata tutt’altro che noiosa.

Questa modalità di gioco esisteva già nei giochi tradizionali come Rastan e Metal Slug per i cabinati da bar, così come nelle prime console, in Mega Man o Super Ghouls n’ Ghosts.

Alcuni giocatori trovano frustrante il dover ricominciare daccapo tutto un livello, e anche questo fa parte della difficoltà dei soulslike, sommato alla forza dei nemici che non fanno sconti a nessuno.

I momenti più memorabili tra il pubblico

Gli interventi da parte del pubblico sono stati numerosi e carichi di passione. I loro aneddoti hanno raccolto commenti di solidarietà e approvazione, quando tra loro hanno condiviso passaggi del gioco particolarmente ostici.

Un giocatore, per esempio, ha raccontato della sua esperienza nello scontro con Gwyn, un guerriero che brandisce senza tregua una lama infuocata, molto abile anche nella schivata. La soddisfazione di averlo sconfitto, per lui, è stata un bel traguardo.

Gwyn, il signore dei Tizzoni, in <i>Dark Souls</i>.
Gwyn, il signore dei Tizzoni, in Dark Souls.

C’è chi, invece, ha ammesso con rammarico che è rimasto fermo per tre mesi nel tentativo di affrontare Ornstein e Smough, una coppia di temibili nemici in armatura che si potenziano se uno dei due viene sconfitto. Ha  ricevuto ampio consenso dal pubblico quando, con affetto, ha rievocato la love story che coinvolge il personaggio di Artorias, un cavaliere caduto eroicamente in battaglia.

Ornstein e Smough, in <i>Dark Souls</i>.
Ornstein e Smough, in Dark Souls.

Uno degli elementi più emozionanti del gioco è l’aspettativa che sa generare. I personaggi raccontano spesso delle avventure di cavalieri e re, idealizzandoli. Il giocatore si trova piacevolmente sorpreso quando, a un certo punto, li incontra di persona.

A questo proposito, Ckibe ha ricordato con trasporto l’incontro con uno dei Cavalieri di Gwyn, un ammazzadraghi cieco nascosto in cima a una torre. Se il giocatore riesce a trovarlo ottiene da lui un grande aiuto: ascoltando la direzione del vento, l’uomo scocca una freccia in lontananza, colpendo e indebolendo un drago. La creatura si rivelerà essere un boss di fine livello.

Il giocatore affronta il cavaliere Artorias in <i>Dark Souls</i>.
Il giocatore affronta il cavaliere Artorias in Dark Souls.

Dark Souls e i nuovi giochi: qual è il livello di difficoltà e come hanno cambiato le vostre vite?

Dopo gli aneddoti, dal pubblico hanno chiesto: Come vi ha cambiato Dark Souls?

Ckibe, attraverso il proprio canale Twitch, affianca le sessioni di gioco ai disegni digitali che realizza in diretta. Si è sentita cambiata perché in questo modo ha conosciuto meglio il mondo dei videogiochi. Ha iniziato con Nintendo, ma è grazie a Dark Souls che ha potuto apprezzare titoli più impegnativi. La trama e l’atmosfera di Bloodborne l’hanno conquistata, soprattutto a livello artistico, quell’aspetto verso cui è più sensibile.

Di Michele, invece, ha affermato di aver sempre impostato la difficoltà alta nei videogiochi. Per lui l’attività deve essere appagante, coinvolgendolo al massimo nell’azione. Dark Souls è riuscito a emozionarlo e divertirlo, offrendogli un’esperienza unica attraverso un mondo fantasy affascinante e mettendolo in difficoltà spesso, così da stimolarlo.

La parola, poi, è tornata al pubblico. L’argomento è stato quanto gli appassionati di Dark Souls riescano a divertirsi con giochi nuovi e diversi. Se cercano lo stesso livello di sfida, oppure sono attratti da altre meccaniche.

In molti hanno risposto con un titolo recente, Monster Hunter World, uscito per PlayStation 4 a gennaio di quest’anno. Si sono detti soddisfatti perché, nonostante non sia brutale come Dark Souls, diversi mostri rivelano sfide interessanti, che spesso hanno richiesto loro di invitare in partita altri compagni per abbatterli.

È emerso, inoltre, un videogiocatore che si è formato dalla “vecchia scuola” del primo Nintendo, arrivato in Italia nel 1987. Passato al Super Nintendo del ‘92 con una serie di giochi di ruolo difficili ma affascinanti, Mother, è arrivato fino ai cabinati che non lasciavano spazio alla pietà come Metal Slug. Tutto questo, grazie alla passione del padre per i videogiochi.

Cuphead è un altro titolo apprezzato per la difficoltà e le belle animazioni. Soprattutto per il rispetto provato verso gli sviluppatori, che hanno creduto fino in fondo nel loro stesso progetto, portandolo avanti anche in mezzo a molte difficoltà economiche pur di completarlo.

Parte dell’emozione deriva anche dalla musica. C’è chi trova nelle soundtrack qualcosa di poetico, che siano di Dark Souls o di altri giochi altrettanto appassionanti.

Non deve essere affatto una passeggiata abbattere questo enorme Devilijho in <i>Monster Hunter World</i>.
Non deve essere affatto una passeggiata abbattere questo enorme Devilijho in Monster Hunter World.

Ultimamente, quando viene distribuito un gioco più difficile della media, immediatamente viene paragonato ai soulslike. Tra i più recenti, Cuphead è stato definito il Dark Souls degli sparatutto in 2D.

Spesso, paragonando due giochi completamente diversi tra loro e con una personalità così ben definita, si rischia di scatenare le ire di molti fan. Cuphead è un gioco artisticamente molto curato e davvero difficile, talvolta frustrante. Di Michele lo ha definito addirittura “punitivo”. Gli sviluppatori del gioco hanno tratto ispirazione visiva dai cartoni animati degli anni Trenta, dove la recitazione era esagerata, i colori saturi e la comicità slapstick esaltata. Effettivamente, a parte l’estrema difficoltà, Dark Souls e Cuphead non condividono nient’altro, nemmeno il sistema di gioco.

Il gusto videoludico delle persone difficilmente cambia, perciò anche le stesse aziende cavalcano l’onda del momento, spesso paragonando un gioco a quello di maggior successo. Un paragone talvolta forzato, ma fatto apposta per attirare l’attenzione del pubblico e semplificare la comprensione. Alcuni recensori fanno lo stesso errore, che sia voluto o meno.

Il combattimento contro un boss di <i>Cuphead</i>. Per mantenere coerenza con lo stile anni Trenta, non mancano la grana e i segni della pellicola usurata. Ogni elemento che non faccia parte dello sfondo va immaginato in movimento frenetico e impegnato a uccidere l’avatar del giocatore.
Il combattimento contro un boss di Cuphead. Per mantenere coerenza con lo stile anni Trenta, non mancano la grana e i segni della pellicola usurata. Ogni elemento che non faccia parte dello sfondo va immaginato in movimento frenetico e impegnato a uccidere l’avatar del giocatore.

I relatori sono tornati sull’argomento del livello di sfida proposto dai titoli attuali. Possibile che non sia Dark Souls più difficile della media, ma che quasi tutti gli altri giochi abbiano abbassato drasticamente il livello di difficoltà?

Contemporaneamente al primo capitolo di Dark Souls, nel novembre del 2011, venne immesso sul mercato un altro colosso videoludico di genere fantasy: Skyrim, quinto capitolo della famosa serie The Elder Scrolls. Un’avventura epica e certamente appassionante, che coinvolge il giocatore attraverso meccaniche differenti rispetto a Dark Souls e con l’asticella della difficoltà puntata verso il basso, se messi a paragone.

Probabilmente, la difficoltà generale dei videogiochi si è abbassata perché è cambiata una buona fetta di target. Se all’inizio i principali fruitori di giochi erano liceali con molto tempo a disposizione, adesso quello stesso liceale potrebbe essere sempre appassionato di videogiochi, ma ha almeno vent’anni in più sulle spalle. Non può perdere troppe ore per ripartire da capo con il livello. I trenta/quarantenni, attualmente, sono un target importante per l’industria. Le aziende, quindi, si adeguano alle necessità del pubblico, talvolta tornando addirittura sui propri passi quando molti fan protestano.

Un caso eclatante è stato quello che ha coinvolto EA/Bioware e il finale di Mass Effect 3. L’azienda ha rilasciato una patch gratuita che correggesse il finale della storia, perché molti appassionati non hanno gradito la scelta originale. Una mossa che nell’epoca d’oro dei videogiochi non sarebbe mai avvenuta.

Anche in <i>Skyrim</i> si combattono i draghi, ma con il giusto equipaggiamento e acquisendo alcune abilità, dopo poco tempo si rivela un’attività piuttosto semplice.
Anche in Skyrim si combattono i draghi, ma con il giusto equipaggiamento e acquisendo alcune abilità, dopo poco tempo si rivela un’attività piuttosto semplice.

Sentire tanti punti di vista differenti e il pubblico stesso che incalzava i relatori hanno reso veramente interattivo questo incontro.

Chi vi parla segue con molto interesse il mondo videoludico, ma non aveva mai giocato ad alcun capitolo di Dark Souls. Ascoltare tutte queste esperienze rimaste nel cuore di tanti giocatori, aver percepito che c’è molto di più oltre l’affrontare creature mostruose una più forte dell’altra, avrà sicuramente smosso la curiosità di molti.