In occasione di Lucca Comics & Games 2018, il 3 Novembre la "dragologa" Francesca D'amato ha tenuto a villa Gioiosa un seminario dal titolo L’evoluzione del drago nell’immaginario fantastico italiano attraverso l’araldica Viscontea.

In primo luogo abbiamo imparato qualche base di araldica, in particolare i colori utilizzati. Storicamente, sembra che gli antichi (come Lucrezio) definissero l'arcobaleno solo con tre colori: giallo, rosso e viola, e solo successivamente furono aggiunti verde, porpora, arancione e blu. Il significato simbolico dei colori è cambiato negli anni, afferma la D'amato, durante i primi anni del ciclo arthuriano il cavaliere che vestiva completamente di rosso era cattivo e quello nero soltanto misterioso, con bianco e verde come colori positivi. Solo in seguito il nero diventò simbolo del cavaliere malvagio.

Allo stesso modo cambiò l'araldica di Re Artù che, da uno stemma con il drago (che simboleggiava nobiltà, fedeltà e valore militare), passò a uno stemma con tre corone, quando il drago assunse connotazioni negative.

In seguito siamo passati a esaminare l'evoluzione dell'araldica viscontea, che alle origini possedeva uno stemma con sette corone e successivamente uno scudo dallo sfondo argentato con biscia blu "in palo" (cioè a sviluppo in verticale) "passante" (cioè che guarda di fianco).

Ancora successivamente la biscia fu adornata con spine e diventò "ingollante uomo di carnagione", cioè con in bocca un uomo di solito colorato in rosso, per contrasto con il blu della biscia e per alludere ai saraceni. Sembra che questo stemma fosse concesso alla famiglia Visconti dal comune di Milano per le imprese compiute in oriente durante una crociata da un certo Ottone Visconti. In realtà pare che questa bolla fosse un falso, voluto dai Visconti per leggittimare la loro nobiltà e darsi un orgoglioso stemma, tanto più che storicamente i Visconti entrarono in conflitto con la città di Milano perché il papa voleva eleggere come vescovo un Visconti e la città si ribellò. Basti pensare inoltre che i Visconti a un certo punto cominciarono a definirsi discendenti di Enea, e quindi della Dea Venere.

Successivamente la leggenda dello stemma subì un'altra evoluzione, con la storia che un certo Uberto Visconti sconfisse un drago venefico che divorava uomini e portava pestilenza afferrandolo per la barba e uccidendolo con una scure. Nel corso del 1500, al mutare dei valori, il fantomatico Uberto cominciò a sconfiggere il drago invece con il suo ingegno.

La figura della biscia-drago nello stemma potrebbe far riferimento anche alla biscia di Mosè, episodio biblico riportato anche da Michelangelo nella Cappella Sistina, o alla storia di Giona che, in origine, invece che da una balena veniva ingoiato da una pistride, una specie di serpente marino, o ancora dalle immagini dei draghi riportato da Marco Polo dalla Cina (sembra che la figura del drago comunque sia stata importata in Cina dai Romani, che avevano un corpo di cavalleria dalle aste con teste di drago).

Fu aggiunto allo stemma dei Visconti una corona, quando comprarono il titolo di duchi dall'Imperatore del Sacro Romano Impero (1395 dC), e in seguito la biscia-drago entrò nello stemma degli Sforza quando le due famiglie si unirono. Dal simbolo di Milano derivano alcuni stemmi attuali che contengono la biscia-drago, come lo stemma dell'Inter e, molto semplificato, quello di Canale5.

Al termine della sua presentazione, la D'amato ha mostrato una mappa dove sono segnalati tutti i draghi del folklore italiano (spesso la morte di un drago a opera di San Giorgio rappresentava simbolicamente la bonifica di una zona paludosa).