La Grande Bellezza è troppo da intellettuali? Ci pensa Fabio Resinaro a risolvere la questione: nel suo Dolceroma gli ambienti debosciati della capitale si affiancano a intrighi, esplosioni e duelli di katana. L’intenzione era quella di usare le scene d’azione per portare al grande pubblico un messaggio sociale, ma i risultati sono traballanti, confusi e non particolarmente di rottura.

La trama

Andrea (Lorenzo Richelmy) è uno scrittore di poco talento che si mantiene facendo da assistente a un losco becchino di Milano. Durante le nottate in obitorio incappa in un piccolo camorrista di periferia (Libero De Rienzo) il quale non vede l’ora di pavoneggiarsi dei suoi atti criminali, non rendendosi conto che le sue parole sono riportate nei minimi dettagli in un libro che il produttore Oscar Martello (Luca Barbareschi) decide di adattare in un lungometraggio di Cinecittá.

La seduzione dell’industria cinematografica non è tuttavia priva di insidie: regista e protagonista (Valentina Bellè) vengono scelti attraverso raccomandazioni, il budget di produzione è risibile e il cast passa più tempo a fare festini che a lavorare. La pellicola ne risulta danneggiata, inguardabile. Andrea e Oscar decidono di correre ai ripari, organizzano il finto rapimento della prima attrice accolandone la responsabilità a dei sedicenti malavitosi furenti. 

Quello che i due non avevano preso in considerazione è che qualcuno ha distrutto tutte le copie del girato, dando il via a una serie di eventi che distruggerà le vite di molte persone.

La tecnica

Fabio Resinaro, sceneggiatore e direttore artistico, dimostra una grande consapevolezza cinematografica e un immenso amore per il panorama internazionale. Supportato dal direttore della fotografia Paolo Bellan, egli ripropone scene reminiscenti di grandi blockbuster quali Fight Club e Wanted, richiamando l’estetica patinata tipica di Hollywood. L’impostazione favorisce un’alta digeribilità del prodotto, ma a demerito di un’identità chiara e indipendente: atmosfere, tematiche e trama sono tanto eleganti quanto raffazzonate, traballano quando sottoposti a un’attenzione critica.

Gli attori

Encomiabili sono le performance degli attori. Luca Barbareschi – che è anche produttore – si è ritagliato un ruolo epocale magistralmente interpretato. È impossibile rimanere impassibili all'amara comicità di Oscar Martello, provincialotto arricchitosi grazie a un matrimonio ben calcolato e a un numero imprecisato di amenità immorali. Andrea Serrano e Valentina Bellè reggono con maestria il ritmo della pellicola, sono protagonisti introversi e malsani che tuttavia non sfociano mai nel grottesco. Persino Claudia Gerini, seppur limitata da un ruolo minore, risulta una sorprendentemente sensuale femme fatale, una moglie della “Roma bene” che si cura ossessivamente delle apparenze e dei riti sociali.

Conclusioni

Dolceroma è godibile, poco impegnativo e a tratti molto divertente, eppure lungi dall'essere memorabile. È ottimamente confezionato, ma poco audace nella forma e nel contenuto. Le critiche ai salotti romani erano già poco sferzanti ai tempi del kolossal di Sorrentino, edulcorate con scene pulp finiscono col perdere ulteriore forza, con lo smussarsi in un’opera di mera fiction.

Resinaro garantisce un’ottima esperienza, uno svago accessibile a tutti e con una raffinata scelta di composizione delle immagini, ma vacilla nel voler essere sia di intrattenimento che di spessore, senza riuscire a inserirsi effettivamente in nessuna categoria.

Sinossi

Film italiano diretto da Fabio Resinaro.