Benvenuti nel mondo della Guerra Eterna.

Dopo una missione fallita il sergente Mike Stevens (Armie Hammer) e il commiltone Tommy Madison (Tom Cullen) vagano nel deserto alla ricerca del punto in cui essere recuperati.

Non sappiamo bene quale scenario mediorientale sia, non ha importanza, la storia può essere ambientata oggi come ieri come domani. Ma quello che intuiamo è che è una zona che ha subito tante guerre. Nel vagare del deserto i due entrano senza accorgersene in un campo minato, uno dei tanti lasciti di decenni di guerra.

Mike e Tommy desiderano solo tornare a casa, hanno chi li aspetta. Tommy ha una famiglia, e Mike una fidanzata. Ma il loro vagare viene bruscamente interrotto. Entrambi calpestano una mina. Se Tommy viene gravemente ferito, Mike invece ha la prontezza di spirito di non sollevare il piede.

Armie Hammer
Armie Hammer

E qui comincia la sua odissea. L'attesa dei soccorsi, oltre sessanta ore, con il piede piantato sulla mina per evitare che s'inneschi. Esposto al vento, al caldo, al gelo e alle bestie feroci della notte. Soccorso da misteriose figure che sembrano conoscere come evitare le mine. O sono solo sogni? Non si sa, lo comprenderemo approfondendo la storia di Mike, con flashback che ci raccontano chi è, qual è il suo viaggio.

Un viaggio che inizia in realtà stando fermo, bloccato su quella mina. Un viaggio iniziatico, un viaggio eroico, con tutti gli elementi ben noti, dal presagio alla chiamata, ai momenti di conflitto, alla grande prova. Con tutte le figure ben note, dal mentore al messaggero, con un grande antagonista.

Un viaggio pieno di metafore. Il deserto può essere un luogo rassicurante nella sua apparente immobilità. Anche l'essere il burattino di una macchina da guerra può dare apparente sicurezza, un male interpretato senso di appartenenza.

La mina è quindi il simbolo di quei blocchi, talvolta reali, talvolta pretestuosi, che a volte nella vita ci impediscono di essere quello che vogliamo, quello che possiamo. La sfida è trovare il modo non tanto di resistere immobili, ma di superarli.

Armie Hammer
Armie Hammer

Una grande prova per gli sceneggiatori e registi Fabio Guaglione  e Fabio Resinaro, autori del brillante corto di fantascienza Afterville, che proseguono la strada di un cinema che con il linguaggio del cinema di genere racconta storie di valenza universale, di spessore, allestite con un linguaggio cinematografico al passo dei tempi. Non solo perché il cast e i personaggi sono internazionali, con un brillantissimo Armie Hammer che riesce nell'insidiosissimo compito di sosterenere l'intero film,  con un ottimo cast di supporto, ma anche perché la scelta non appare forzata. Se da un lato siamo consci che un prodotto del genere è più vendibile, da un lato è evidente che questa storia necessitava di questo contesto, di personaggi che si portano un bagaglio di mitologia e valori che non sono i nostri.

Il risultato è pero una storia con una metafora profonda di valenza universale. Un'ottima narrazione, delle più pregnanti. Una scelta accorta e funzionale alla resa drammatica di un film assolutamente da vedere.