È morto lo scorso 13 giugno a 83 Ned Beatty. Se dalle nostre parti lo ricordiamo come l'impacciato e pasticcione Otis, spalla comica di Gene Hackman che interpretava Lex Luthor nei film Superman e Superman II, va ricordato come l'attore statunitense fosse uno degli ultimi grandi caratteristi di una grande stagione hollywoodiana.

A cavallo tra gli anni '70 e '80, è stato comprimario eccellente di grandi film della New Hollywood, che rimettevano in discussione lo star system.

È stato un attore capace di sostenere ruoli drammatici e comici, ma anche grotteschi e inquietanti. Non è stato mai un protagonista, ma è stato uno dei grandi caratteristi, ovvero quegli attori che completano il cast con ruoli che sono di supporto, ma sono anche scritti e costruiti con cura per essere un sostegno concreto alla vicenda principale. Attori non meno importanti dei protagonisti nell'economia complessiva di un film, specialmente quando gli attori principali sono solo divi di facciata per attirare gli spettatori al botteghino.

Pensiamo a Un tranquillo week-end di paura di John Boorman del 1972, nel quale Beatty affiancava Jon Voight (già anti-divo di suo) e il popolare Burt Reynolds, un quartetto completato da Ronny Cox (il cattivo di Robocop). In quel film interpreta scene violente e difficili e di forte impatto emotivo. Fu poi in pietre miliari di quella cinematografia, quali Nashville di Robert Altman del 1975, e Tutti gli uomini del Presidente di Alan J. Pakula del 1976, il film che rivangò l'ancora fresco scandalo Watergate. Un carnet di 150 film, tra i quali anche action, b-movie come Captain America di Robert Pyun del 1990.

Vinse l'Oscar come migliore attore non protagonista per Quinto Potere di Sidney Lumet, che nel 1976 mostrava il volto aberrante della ricerca dell'audience a tutti costi.