Ci siamo lasciati con la prima parte delle avventure di Nihal, ed eccoci a commentare il secondo capitolo delle Cronache del Mondo Emerso. Il libro si ricollega agli avvenimenti già accaduti grazie a un breve riassunto introduttivo, e anche noi rimandiamo alla recensione precedente (vedere link a fondo pagina).

Sennar il mago parte alla ricerca del Mondo Sommerso, la cui alleanza è indispensabile per riequilibrare le sorti della guerra contro il Tiranno. Dovrà affrontare l’oceano e i pericoli che più volte minacceranno l’impresa, guidato da una mappa che riporta latitudine e longitudine, scandagli e ogni altro particolare che permetta a un vascello di arrivare al grande gorgo.

Nihal prosegue il suo cammino che la porterà all’investitura di cavaliere e ad affrontare i mostri evocati dal suo passato e i nuovi fantasmi che l’avvicinarsi alla magia oscura renderà più tangibili.

La protagonista è caratterizzata dalla solita risolutezza intransigente, e anche quando si colloca dalla parte degli oppressi tende a privilegiare i propri disegni rispetto al bene collettivo. L’identificazione del lettore con Nihal si fa dubbiosa e guardinga: la guerriera è internamente tormentata, ma nel contempo sempre più spietata nei confronti di un nemico che pare la materializzazione del suo subconscio.

Nel felice intrico narrativo, i due piani restano paralleli e attivi per quasi tutta la vicenda, e rendono brioso il racconto. Solo nell’ultima parte l’equilibrio si spezza.

Non ha senso ripercorrere tutte le innumerevoli tappe e le prove alle quali i due vengono sottoposti: un affastellamento organizzato di avventure, visioni, profezie e situazioni “ostriche”. No, non è un errore di stampa, è l’immagine migliore per definire questa sorta di legge che Licia, aspirante demiurgo, ha instaurato nel suo mondo: ogni difficoltà e sofferenza aiuta la crescita; tanto più è preziosa la perla che si nasconde, tanto più è difficile aprire l’ostrica dai bordi taglienti (che lasceranno comunque molte cicatrici). E di ostriche è lastricato il cammino dei nostri due eroi.

Lo sapevamo quando abbiamo acquistato il volume: stiamo parlando di una vicenda senza inizio, né fine; un interludio che sviluppa i temi accennati nel primo libro e prepara all’epilogo. Un grande difetto a cui facciamo cenno ora per non parlarne più. Una situazione che avrebbe meritato forse più attenzione e un attacco più avvincente di quello che invece leggiamo. I preparativi della partenza, per quanto necessari, sono un calo della tensione narrativa che sarebbe stato meglio posporre. Questione di pagine, poi entrano in azione nuovi personaggi e l’avventura decolla.

Sennar e il suo viaggio fisico, Nihal e il suo viaggio indietro nel tempo.

Nella prima puntata della recensione, avevamo individuato alcuni aspetti migliorabili che si possono sintetizzare in:

- prosa semplice, diretta, nessun volo pindarico, nessun guizzo stilistico;

- monocromatica caratterizzazione di alcuni personaggi secondari;

- sensazione d'incompiutezza;

- descrizione superficiale del mondo creato.

Riguardo allo stile di scrittura va da sé che i cambiamenti non avrebbero potuto in alcun modo essere travolgenti. La coerenza va preservata, quindi non abbiamo stravolgimento del registro stilistico, ma un’attenzione maggiore al testo. Le frasi sembrano meglio costruite e più fluide. La scelta del linguaggio comune obbliga a collaudare la validità di quello che veniamo dicendo.

Personaggi usa e getta ne esistono anche in questo secondo episodio, ma più felicemente tratteggiati e funzionali all’andamento delle vicende (in sostanza: più usa che getta).

Anche i frettolosi trasferimenti da un luogo all’altro si sono ridotti, il tutto a beneficio di un disegno più compiuto dei nuovi mondi che i protagonisti attraversano.

A parte l’incipit e l’incompiutezza, di cui abbiamo già parlato, è la chiusura a lasciare perplessi: il futuro, inaccessibile, è anticipato dalla profezia, sottratto all’angoscia dell’imprevedibile. In molti hanno già evidenziato nella mancanza d’originalità una delle caratteristiche della trilogia, ma anche una letteratura di echi e rimandi può essere piacevole. Quello che invece bisognerebbe cercare di evitare sono le sorprese che alla fine non si rivelano tali. Per non correre il rischio di anticipare troppo, concedetemi un po’ di vaghezza.

Gli aspetti positivi sono per fortuna caratteristiche ricorrenti e costituiscono il marchio di fabbrica della serie: scorrevolezza del testo; capacità di scrivere un romanzo che il lettore, una volta iniziato, non possa più lasciare; colorate e rumorose descrizioni dei fatti d’armi; una narrativa fantastica che con la sua natura di sogno consapevole, da cui si entra e si esce a piacere, costituisce un buon addestramento per evadere dagli incubi imposti

(http://www.fantasymagazine.it/libri/69).