Anatolia, anno 260 DC. L’assedio dei Persiani ha stremato la resistenza della città di Edessa. L’Imperatore Publio Licio Valeriano guida personalmente la delegazione che esce dalle mura per trattare la pace con il suo avversario, Shapur di Persia. Nessuna trattativa verrà però intavolata, nessuna pace sancita. L’incontro è una trappola e con Valeriano finiscono nelle mani del nemico il capo della sua guardia personale, Marco Metello Aquila, legato della Seconda Legione Augusta, eroe dell’Impero, leggenda vivente, e dieci dei suoi uomini più valorosi e fidati. Il loro destino è segnato, la vergogna della cattura incisa per sempre in un bassorilievo sulle rupi di Nasq-i-Rustam: marciranno ai lavori forzati, come i più miserabili dei malfattori, in una miniera da cui nessuno è mai riuscito ad evadere. Il primo a morire di stenti è Valeriano, gli altri, colpevoli di avergli voluto tributare onoranze degne dell’Imperatore di Roma, reagiscono alla punizione inflitta loro dai carcerieri uccidendone alcuni, e sono quindi costretti a scappare nelle viscere del terzo livello, un inferno che non conosce scampo.

Ma c’è chi conosce quei cunicoli bui: Metello e i suoi fuggono e trovano rifugio in un’oasi dove è atteso un misterioso personaggio braccato dai Persiani; i Romani ne diventano la milizia privata, con il compito di scortarlo nel suo paese, la Sera Maior, il mitico regno della seta, la Cina…

Inizia così l’ultima opera di Valerio Massimo Manfredi, che ancora una volta ci narra le gesta di un gruppo di Legionari Romani al di fuori dei confini del loro Impero.

Per certi versi questo libro ricorda “L’Ultima Legione”, sempre di Manfredi, ma mantenuta la sola tematica dei Legionari, la storia è diversa.

Inizialmente la trama si divide in quattro differenti punti di vista, ovvero quello dell’Imperatore catturato e dei suoi Legionari, quello di Shapur di Persia, quello del nuovo Imperatore succeduto a Valeriano e quello del figlio di Marco Metello Aquila. Purtroppo tutti questi punti di vista si perdono durante il dipanarsi della trama, lasciando spazio solo alla storia di Metello Aquila e dei suoi soldati.

Perchè dico purtroppo? Perchè fino a quando la narrazione rimaneva divisa, il romanzo era di grande respiro e le sottotrame si intrecciavano lasciandosi in sospeso l'una con l’altra, ma proseguendo capitolo per capitolo, così creando suspense ed pathos notevoli.

Con l’unificarsi della trama il romanzo perde un po’ di efficacia, anche perchè ci si rende conto dell' “escamotage” dei capitoli precedenti. Facciamo un pò di chiarezza: Manfredi aveva bisogno di un background e se l’è creato, senza però poi sottilizzare troppo nel tagliarlo… Questo lo si nota ancora meglio nel finale del libro, che appare molto affrettato e che recupera repentinamente i punti di vista narrativi utilizzati in precedenza, ammassandoli nello spazio di quattro o cinque pagine. L'effetto ricorda purtroppo quello di un riassunto ad hoc fatto al protagonista - ma creato ovviamente per i lettori - allo scopo di far sapere cosa sia successo nel frattempo.

La storia è comunque molto verosimile e basata su dati storici. Manfredi poi la racconta bene, facendoci affezionare ai vari personaggi. Una parte discutibile è forse quella dell’arrivo dei legionari in Cina, dove hanno luogo scene di combattimento che riportano alla memoria un film di qualche anno fa, “La Tigre ed il Dragone”, con tanto di acrobazie degne della miglior casa di produzione di effetti speciali…

Concludendo, il libro è piacevole da leggere all’inizio e fino alla metà, dove rimane più storico, o fantastorico. Dalla metà in poi, dove emerge maggiormente l’aspetto fantastico, diventa meno credibile ed a volte un po’ fastidioso, anche perchè Manfredi ci aveva abituato a dosare gli aspetti fantastici col contagocce, mentre in questo libro a volte usa un mestolo…

Il finale rimane bruttino, anche perchè affrettato: non si possono condensare 8 anni di avvenimenti in poche pagine! Sembrerebbe quasi che questo libro sia inizialmente stato concepito come diviso totalmente in più sottotrame, ma alla fine, per ragioni di lunghezza, sia stato tagliato, lasciando solo la parte iniziale a mo’ di background.

Si legge comunque con piacere, anche se non è certo uno dei suoi migliori.