Lui è così esile, e il suo corpo tanto sottile... ma potrebbe dominare potenze enormi con pochi gesti delle sue mani.

Dalla prima volta che l’ho visto - era seduto al piano di quel bistrot fumoso vicino al Pont Neuf, a Parigi - l’ho immaginato al timone di una nave antica, un veliero di pirati, ed è per questo che l’ho chiamato Capitano.

Mi piace vagare con la mente, stupirmi delle mie costruzioni mentali, cercare sempre nuovi spunti per scrivere.

Buttar giù storie e farle sembrare interessanti, a me stessa prima che a ogni altro, diventa sempre più difficile.

E’ per questo che ho costruito un amore con il Capitano? Non lo so più. Forse era quella la prima intenzione, o forse è successo altro, la prima volta, quando l’ho visto suonare e ho ascoltato la sua voce.

Era primavera. A Parigi, quando ci siamo incontrati, Notre Dame splendeva dei colori degli impressionisti, sul Quai risonavano le note di Debussy. Il giorno pareva interminabile, quei tramonti sull’acqua sembravano eterni. L’aria tremava e io sentivo una voglia inestinguibile di baci.

Lo so, che ho amato il Capitano fin dal primo momento che l’ho visto.

Mi sono avvicinata a lui con un bicchiere stretto tra le dita tremanti. Non avevo bisogno di cercare il suo interesse o quello degli altri. Il mio sguardo è una calamita, i miei pensieri pulsano addosso alla gente. Tutti li sentono, e gli uomini li avvertono direttamente sul loro sesso.

C’era un gran caldo, ma lui portava una giacchetta nera e non pareva accorgersene.

Mi sono appoggiata mollemente al piano.

Quella sera nel bistrot c’era Luis Sartre, un giovane poeta che ultimamente ha molto successo nei salotti bene. Nessuno faceva caso al pianista. Ma anche se Sartre fosse stato a vomitare in un vicolo come suo solito prestare attenzione al musicista non è à la page, tra scrittori.

Il Capitano aveva lo sguardo assorto e suonava un pezzo di Chopin senza partitura.

La sua fronte luccicava di sudore, aveva gli occhi spalancati sul nulla e non diede segno di avermi visto.

Ormai le voci coprivano il suono del piano ma lui continuava a suonare, senza accorgersi di niente.

Io lo stavo guardando, coglievo ogni battito di ciglia, ogni riflesso sulla sua pelle chiarissima, fissavo i suoi occhi che, con la luce e la sua concentrazione, cambiavano colore come quelli di un gatto nella penombra.

Non ero mai stata tanto emozionata.

E lui, lui deve essersene accorto perché d’un tratto ha alzato lo sguardo, mi ha fissata, mentre un lampo di luce gli illuminava il viso.

Ho visto quella luce riflettersi nei suoi occhi e per un attimo il respiro mi si è fermato.

Poi mi ha sorriso, ma senza calore.

Mi sono girata e son tornata al mio tavolo, con gli amici. Ora ne vedevo il profilo, potevo osservare le sue mani.

Il Capitano ha attaccato un altro pezzo.

Uno dei Notturni, non sapevo quale .

Si accaniva sulla tastiera. I muscoli protesi nell’esecuzione, quasi fosse un accoppiamento.

Quella musica era una specie di magia sotto forma di suono.

Lo sentivo mentre mi circondava con le note, tessendomi attorno una ragnatela di seta dorata, che non mi avrebbe mai più lasciato andare. Mi sentivo strega, e stregata allo stesso tempo.

Lo sai quante volte ho raccontato di amori irrinunciabili, come se dietro ci fosse un destino che non può essere contrastato.

Lo sai come mi lascio prendere da questa idea, quando scrivo... sai anche che non ci ho mai creduto.

Ero diventata vecchia con questa convinzione, che l’amore descritto nei miei racconti non esista.

Va tutto bene in fin dei conti, no? Una cosa è la finzione, altra è la realtà. E nella realtà non c’è posto per i sogni.

Eppure quella sera il Capitano, quando ha finito di suonare, mi si è avvicinato ed è rimasto fermo in piedi ad aspettarmi.

E in quel momento, fissando ogni particolare di lui, il suo viso quasi spettrale, le mani sottili tanto simili alle mie... son entrata nel sogno.

Ho vissuto l’amore più totale con lui.

Ho desiderato di fargli e di avere da lui quello che non avevo mai desiderato.

Ho succhiato il suo respiro e ho capito che mi era più necessario dell’aria che avevo respirato fino a quel momento.

Ho ascoltato il battito del suo cuore, tanto simile a quella musica, quella che ci ha fatti incontrare.

Ho bevuto il suo sangue e non ho più desiderato altro.

Ho capito che cosa era l’amore.