Il Santo Graal si trova a Roma, nascosto lì dove è sempre stato negli ultimi 1700 anni. Si tratta solo di iniziare una piccola campagna di scavo e di recuperarlo, per chiudere definitivamente una catena di misteri lunga quanto la cristianità.

Questo, almeno, è ciò che afferma Alfredo Barbagallo, presidente dell’associazione culturale Arte e Mistero.

 

Secondo l’interpretazione più comune il Graal sarebbe la coppa usata da Gesù nel corso dell’Ultima Cena per istituire l’eucaristia. Il giorno successivo, durante la crocifissione, Giuseppe d’Arimatea avrebbe raccolto in questa stessa coppa il sangue di Gesù morente.

Cosa ne sarebbe avvenuto in seguito è tutt’ora un mistero. Ciò che è certo è che è stata cercata per secoli dai personaggi più disparati, dai cavalieri della Tavola Rotonda ai nazisti passando per innumerevoli cacciatori di tesori animati da intenti più o meno nobili.

 

Il federiciano Castel del Monte in Puglia, il castello di Montsegur già appartenuto ai Catari o l’abbazia di Glastonbury, dove sarebbe stato portato dallo stesso Giuseppe, sono solo alcuni dei luoghi legati al portentoso oggetto. Senza dimenticare un paio di “graal” dall’ubicazione certa, al punto che è possibile andare tranquillamente a vederli, senza doversi impegnare il lunghe e spesso pericolose “cerche”.

Si tratta del sacro catino conservato nella cattedrale di San Lorenzo a Genova e del santo cáliz della cattedrale di Valencia.

 

Queste due coppe, pur non essendo “la” coppa, rafforzerebbero l’ipotesi formulata da Barbagallo, che ritiene di poter recuperare il Graal nascosto nella basilica romana di San Lorenzo fuori le Mura. Ancora un luogo di culto dedicato al martire di origine spagnola, dunque, e non un luogo qualsiasi, ma quello della sua sepoltura.

 

Secondo la tradizione medievale nel 258 d. C. il diacono Lorenzo ricevette dal papa Sisto II i tesori della Chiesa, con l’incarico di custodirli. Era l’epoca delle grandi persecuzioni, e infatti pochi giorni dopo Lorenzo fu arrestato e giustiziato. I tesori, composti principalmente da reliquie, non vennero mai ritrovati.

La stessa tradizione narra che Lorenzo, poco prima della morte, abbia consegnato il Graal ad un soldato spagnolo che, successivamente tornato in patria, lo ha portato con sé.

 

Ora Barbagallo sostiene che la reliquia, lungi dall’aver compiuto un simile viaggio, sarebbe invece sempre rimasta vicino all’uomo che ne fu l’ultimo custode.

A sostegno della sua ipotesi, formulata al termine di uno studio durato due anni, ha evidenziato la ricchissima iconografia di “carattere graalistico” presente nella basilica.

Si comincia fin dall’ingresso, con l’affresco eseguito accanto alla porta e raffigurante San Lorenzo morto. Sopra al suo corpo aleggiano due coppe “che evidentemente indicano il luogo della sepoltura del Santo come luogo della sepoltura del Graal stesso”. In fondo alla navata, poi, San Lorenzo è raffigurato mentre stringe a sé il Calice, oppure di fronte a un ripiano sul quale è posto lo stesso oggetto. E ancora, in un terzo affresco si vede l'imperatore Enrico II di Baviera nell'atto di donare una simbolica coppa d'oro a San Lorenzo.

 

L’immagine più significativa sarebbe però il mosaico pavimentale posto proprio sopra il luogo della sepoltura del santo. In esso è chiaramente visibile un calice, sulla cui parte superiore comparirebbero, stilizzate, delle gocce di sangue.

 

Per scoprire se quest’ipotesi è quella giusta non rimane che aspettare una campagna di scavo.