Il Magazzino della Fantasia

La porta del Magazzino della Fantasia era socchiusa. Nithi stava rientrando verso casa e rallentò il passo per poter guardare, ancora una volta, quella vetrina colorata e piena di meraviglie.

Nithi passava davanti al negozio tutte le sere, si fermava sempre a guardare la vetrina principale, decorata agli angoli da alcuni disegni sul vetro. Adorava quella piccola fata in basso a destra, con le scarpe a fiorellini, le assurde calze a righe colorate e l’aria un po’ sbadata. Era innamorata della statua dell’elfo guerriero che la guardava dalla mensola in alto, ed era orgogliosa di quel drago d’argento in volo che sembrava venir fuori dal poster attaccato a sinistra. E poi c’erano tutti quei libri, tanti libri come non ne aveva mai visti in tutta la sua giovane vita.

 

Il negozio si trovava in un edificio del primo Novecento. Durante una lezione di storia dell’arte, la ragazza aveva scoperto che la palazzina aveva subito profondi cambiamenti nel 1932 per mano di un architetto dalla biografia ricca di misteri, che arrivato nel quartiere ne aveva fatto la sua residenza. Lo stile Liberty di quegli anni era stato così contaminato dalla sua passione per il fantastico e proprio la libreria all’angolo aveva subito i cambiamenti più radicali. Un disegno arcano, a spirale, aveva coperto gran parte del pavimento. Artigli affilati erano comparsi su alcune librerie e, tra specchi e decorazioni floreali, volti inumani dagli occhi obliqui erano stati scolpiti nel legno. Per una curiosa coincidenza, il Magazzino della Fantasia aveva trovato una collocazione ideale.

 

Nithi era affascinata da quel luogo, ma superare la Soglia di Due le risultava arduo. Due era il numero massimo di persone sconosciute con le quali riusciva ad avere un dialogo. Era una ragazzina timida, schiva e silenziosa. Parlava poco, ma amava ascoltare i suoni e le parole. Quando leggeva, tutto il suo essere si concentrava nell’insieme di carta, inchiostro e colla che teneva tra le mani.

 

Naturalmente, il dilemma della Soglia restava irrisolto. C’era una grande passione, al di là della vetrina. E c’erano sempre tante, troppe persone nel negozio. Nithi vedeva ogni volta sorrisi e stupore, discussioni animate, desideri e attenzione.

 

In tre passi era di fronte alla maniglia. In quattro, sulla strada di casa, incapace di affrontare un altro ostacolo che le sembrava insormontabile. La maledetta campanella della porta, che avrebbe suonato e fatto girare tutti a guardarla e lei avrebbe dovuto dire per forza qualcosa. No. Non sarebbe mai entrata in quel negozio.

Quella sera, tuttavia, la porta era socchiusa. Non c’era nessuno e la maledetta campanella non avrebbe suonato. Così Nithi prese una decisione, fece un respiro profondo ed entrò.

 

C’era stata una festa, il negozio era pieno di coriandoli e decorazioni. Bicchieri e piattini erano sparsi un po’ ovunque. Lo striscione, sopra quel che restava della torta, la informò che era stato un compleanno. Una festa di compleanno.

Il negozio era ancora più incredibile di come sembrava dall’esterno. La ragazza era senza fiato dallo stupore e non sapeva da che parte guardare o quale libro cominciare a sfogliare. Fu il suo stomaco a decidere. Quella sera la lezione di Aikido era stata particolarmente impegnativa e la ragazza aveva così fame che si sarebbe mangiata persino un orco intero, armatura compresa, se ne avesse avuto l’occasione. E quella fetta di torta era proprio invitante.

 

Si era appena accostata al tavolo quando udì dei passi e la voce di qualcuno che parlava al telefono. Proveniva dalle scale in fondo al negozio.

Nithi si bloccò, immobile, con il cuore in gola.

“Sì, è stata veramente una bella festa”, diceva la voce. “Sono andati via tutti, ora chiudo e vado a casa”. I passi si stavano avvicinando. “Va bene, ci vediamo martedì, allora. Grazie per aver chiamato. Ciao... ciao”.

 

Nithi non aspettò di vedere a chi appartenesse la voce, afferrò il pezzo di torta e silenziosa come solo un ladro addestrato è in grado di fare, si avvicinò alla porta aperta, fece attenzione a lasciarla esattamente come l’aveva trovata e, una volta fuori, scappò via.

 

Il Mago era davvero contento. Alla festa erano venuti in tanti, chi non aveva potuto, aveva telefonato e chi proprio non si era fatto vivo... beh, il Mago sapeva quanto forte può essere un legame e quanto, a volte, le parole non sono sempre necessarie. Era stanco, ma le belle emozioni che aveva provato nel pomeriggio gli avevano riempito il cuore. Era anche affamato, c’era stata talmente tanta gente e talmente tante cose da dire e da dirsi che si era scordato della torta. Gli avevano lasciato l’ultima fetta, lì, sotto lo striscione. Si girò verso il tavolo, ma la torta era sparita.

 

Qualche giorno prima c’era stata una piacevole discussione sulle misteriose origini della libreria. Certo, si era fatto molto tardi e, certo, i ragazzi avevano portato quella birra artigianale che aveva dato il suo contributo alle diverse, e fantasiose, teorie su quel luogo. Forse, pensò il Mago, questo negozio è davvero un posto speciale, un posto magico. Forse si è aperto un varco spazio-dimensionale e un cucciolo di drago si è mangiato la mia torta. Forse, dallo stesso varco, un Ippogrifo affamato è uscito alla ricerca di cibo. Forse un Hobbit cercava nuove ricette. Forse la torta è stata disintegrata da una palla di fuoco durante l’ultimo combattimento contro il malvagio Stregone Dorato. Forse... forse è meglio che vada a casa.

Così il Mago spense le luci e uscì dal negozio. Chiuse la porta, chiuse gli occhi e disse, sottovoce, “Buon compleanno”.