Per Brandon Sanderson il contatto fra un autore e i suoi lettori è qualcosa di fondamentale.

Chi visita il suo sito, oltre a poter leggere un blog molto aggiornato può spulciare nei retroscena delle sue opere, per le quali lo scrittore di Lincoln ha reso disponibile molto materiale inedito. E per i vecchi fan, ma anche per chi ancora non lo conosce e vuole farsi un’idea di come scrive, è addirittura disponibile un intero romanzo, che è possibile scaricare gratuitamente con un semplice clic.

Per lui inserire una pagina dedicata alle FAQ – o domande più frequenti – relative a La Ruota del tempo era qualcosa di fondamentale. C’era da soddisfare infatti non solo la curiosità dei vecchi lettori desiderosi di poter acquistare una nuova opera, ma anche e soprattutto quella di milioni di persone che, rattristate dalla prematura scomparsa di Robert Jordan, hanno scoperto la sua esistenza solo nel momento in cui è stato dato l’annuncio che l’onore – ma anche l’onere – si completare A Memory of Light era ricaduto su Brandon.

Vediamo allora quali sono state queste prime considerazioni di Sanderson relative al romanzo e al lavoro che lo aspetta.

 

Innanzitutto ricorda che A Memory of Light, dodicesimo volume della serie, sarà anche l’ultimo, e che sarà basato sugli appunti lasciati da Jordan prima della sua morte. Ma, soprattutto, ci tiene a rassicurare i fan del fatto che anche questo libro sarà opera di Robert, che ha realizzato note molto dettagliate, soprattutto per le scene più importanti. Il suo lavoro perciò sarà quello di sviluppare gli appunti nel miglior modo possibile, cercando di utilizzare la prosa dello stesso Jordan ogni volta che se ne presenterà l’opportunità e limitando al minimo le variazioni.

Sulla copertina dell’opera ci saranno entrambi i nomi, ma quello di Jordan sarà, ovviamente, più evidente.

 

A una richiesta di dire, nello specifico, quali parti del romanzo sono già state scritte e quali invece necessitano del suo intervento, Sanderson per il momento preferisce non rispondere. Forse, ha detto, lo farà dopo la pubblicazione del libro, ma per il momento la cosa sarebbe solo controproducente.

Il rischio sarebbe quello di avere lettori troppo interessati ad analizzare il testo per confrontare i due diversi modi di scrivere, perdendo così di vista la visione d’insieme della storia. A suo giudizio, ci sarà tempo per le analisi. Prima, è meglio godersi il libro che si sta leggendo.

 

Il punto successivo è un po’ più spinoso, ed è di quelli che farebbero preoccupare qualsiasi autore discretamente affermato alle prese con uno dei giganti del genere. L’interrogativo riguarda la qualità del romanzo stesso, che potrebbe non essere all’altezza di ciò che avrebbe scritto Jordan se fosse stato ancora vivo.

Brandon risponde con onestà, evidenziando le difficoltà ma anche gli elementi a suo favore. Jordan, afferma, era il maestro, mentre lui è un semplice artigiano. Robert è stato uno dei più grandi autori che la fantasy abbia mai avuto, e lui non può sperare di scrivere con la sua abilità e la sua intensità in questo stadio della propria carriera e, pensa, pochissimi scrittori affermati sono in grado di farlo.

Per fortuna, ricorda, non deve fare il lavoro da solo. Ci sono gli appunti, che gli danno molta fiducia.

 

Per spiegarsi meglio, immagina la realizzazione di un violino a opera di un famoso liutaio. E sottolinea che se il maestro realizza il design e il cuore dello strumento, con tutte le parti che gli consentono di produrre i suoi magnifici suoni, anche se un apprendista si è dedicato alla vernice o a qualche parte poco importate, questo non significa che il violino non sia opera del maestro.

A Memory of Light ancora non è un romanzo, ma ciò che ha visto lo ha entusiasmato perché gli ha consentito di vedere il modo di lavorare di Jordan, e l’opera che stava creando.

Tutte le scene più importanti sono talmente dettagliate da fargli quasi sentire di aver letto il romanzo, e non un piano di lavoro. Ci sono però ancora molte cose da fare, in particolare nelle scene meno importanti, realizzate in modo frammentario o addirittura condensate in un paio di frasi.

Ciò che conta è che Jordan ha lasciato il progetto dell’opera, e questo lo ha convinto che lui, Harriet Popham Rigney – vedova ed editor di Robert – e i suoi assistenti riusciranno a realizzare qualcosa di molto vicino a quanto avrebbe scritto lo stesso autore di Charleston.

 

Uno dei tormentoni della saga è relativo a chi ha ucciso un certo personaggio alla fine di I fuochi del cielo, quinto volume della serie.

Sanderson dice che una delle caratteristiche più affascinanti di Jordan era quella di non mostrare tutto direttamente, ma di lasciare alcune cose all’immaginazione del lettore. E per questo dettaglio, a suo giudizio, c’erano abbastanza indizi che permettevano d’individuare il colpevole, al punto che in origine Robert non intendeva scriverlo esplicitamente.

Con il passare del tempo, però, l’interrogativo ha talmente ossessionato i lettori da spingere Jordan a spiegare meglio quell’episodio. Ora, lui e Harriet devono solo decidere in quale punto di A Memory of Light sia più sensato inserire questa spiegazione.

 

Una delle caratteristiche degli appunti che ha dato molta fiducia a Brandon è il fatto che, anche se ci sono molte parti che devono ancora essere scritte, c’è sempre un’indicazione di ciò che deve essere narrato e di ciò che invece deve essere lasciato all’immaginazione del lettore.

E quindi, i fan non devono preoccuparsi: non ci sarà alcuna rivelazione di cose che avrebbero dovuto rimanere nascoste, lasciate alla fantasia di ciascuno. Allo stesso modo non ci saranno domande prive della loro risposta, se Jordan voleva darla. Tutto quello che lui dovrà fare sarà seguire le indicazioni del maestro.

 

Per quanto riguarda gli altri avvenimenti, dopo aver ricordato che per contratto non può rivelare nulla della trama prima della pubblicazione del libro, Sanderson chiude con una delle frasi preferite da Robert Jordan quando le curiosità dei lettori si facevano eccessive: “Read and Find Out”. Cioè, leggi e lo saprai.