Riccardo Coltri è noto soprattutto per i suoi racconti d’ambientazione tipicamente italiana, narrazioni che caratterizzano il suo modo di scrivere e che rendono inconfondibili le sue pregevolissime storie. Ha tuttavia dato alle stampe anche alcuni romanzi, tra cui, nel 2001, il volume dark-horror Non c'è mondo (Bonaccorso Editore). Ambientato a Verona e basato sulla leggenda di Giulietta e Romeo, il libro è stato finalista al Premio Internazionale Scrivere per amore nel 2002. Nel 2007 è uscito il suo secondo romanzo, il fantasy italiano Zeferina (2007). Ambientato nella seconda metà dell'Ottocento, durante i primi anni del Regno d'Italia, Zeferina si basa su miti e leggende alpine e mediterranee. Ma Coltri si è fatto conoscere anche in numerosi premi nazionali, come ai Premi Alien, Lovecraft, Possibile Impossibile, Oltre il reale, Omelas, e dal 1995 a oggi ha pubblicato una settantina di racconti su riviste e su antologie dedicate al Fantastico. Una personalità e uno stile ben precisi, che vogliamo scoprire assieme a voi in questa nostra interista.

Riccardo, bentornato su FantasyMagazine. E’ un piacere intervistare uno dei fondatori della rivista in veste di autore fantasy italiano. Come prima domanda, vorremmo sapere qualcosa in più su di te. Quando hai iniziato a scrivere? E cosa?

Sono contento di aver dato il mio contributo a FantasyMagazine nella prima parte della sua storia, così come sono state importanti le altre pubblicazioni con cui ho collaborato finora. Arriva però il momento in cui ci si chiede cosa si vuole fare, e ho scelto di allontanarmi un po' dalle riviste per dedicarmi soprattutto a racconti e romanzi. Poi valuterò, di volta in volta. Per quanto riguarda il resto, ho iniziato a scrivere nel '94, il primo racconto l'ho pubblicato un anno dopo, era una storia di fantascienza.

Zeferina
Zeferina
Fino al 2000 mi sono dedicato quasi esclusivamente ai racconti: fantastico in generale, ma in prevalenza horror.

Va bene, all'inizio c'è stato anche un romanzo (in realtà non si fa... dicono che bisognerebbe iniziare piano piano), una storia che non ha mai letto nessuno, mi è servita come palestra, come prova. È successo che non è stato niente male scoprire una passione che fino a quel momento ti aveva seguito come un'ombra, in attesa di una chance.

La tua produzione raccoglie una quantità ragguardevole di racconti, lunghi e brevi, finalisti in numerosi premi letterari e contenuti in varie antologie. In molti di questi casi la tua attenzione si sofferma su vicende e storie che hanno come retroscena l’Italia, i suoi misteri e le sue genti passate e future, c’è un motivo particolare? E’ una scelta per differenziarti dal resto della produzione italiana? Un gusto personale? O cosa?

A parte rari casi, cioè storie che necessitavano di uno scenario preciso ― un racconto western, per esempio ― ambiento da sempre solo in Italia, mi riesce più naturale, mi diverte di più. Un po' sì, c'è anche la scelta di differenziarmi, ma non è tanto il gusto di provocare... né mi passa mai per la testa il nazionalismo o l'amor di patria, non c'entra (anzi, spesso da qui viene voglia di andarsene, quando vedi certe robe). Alla fine, ecco, un motivo molto semplice è: "perché no?". In fondo non è obbligatorio che debba succedere sempre tutto in un reame lontano lontano. Comunque vado a istinto, in realtà non ho niente in contrario verso altre ambientazioni. Né, per dire, utilizzo sempre la stessa tecnica, per cui diciamo che dipende da come mi sveglio la mattina.

Zeferina per esempio è un romanzo narrato al presente, è venuto fuori così, lo avevo fatto poche altre volte. Non me la sentivo di parlare di un mondo irreale, e nemmeno il tradizionale Medioevo mi prendeva, mi incuriosiva di più pensare a un orco che impugnava un'arma da fuoco in un'epoca che poteva essere il Settecento, l'Ottocento... In passato per dei racconti avevo utilizzato come scenario fantasy la decadente Repubblica di Venezia. I primi anni del Regno d'Italia d'un tratto mi sono sembrati interessanti. Una terra da poco unificata, per certi versi ancora misteriosa, dove da qualche parte si aggirano antichi popoli dediti alla magia: anguane, beate genti, massarioli... le creature mitiche dei nostri boschi.

Il tuo esordio nel campo del romanzo, Riccardo, lo si deve al 2001 con la pubblicazione di Non c’è mondo: novella dark-fantasy ambientata a Verona con riferimenti a Giulietta e Romeo. Nel 2007 esce invece Zeferina (volume con ambientazione italiana e con una curiosa vicenda editoriale che lo vedrà in ristampa). Dicci, come nascono i tuoi romanzi? Cosa cerchi quando ti siedi a scrivere dei tuoi mondi? E, attualmente, a cosa stai lavorando?

Non c'è mondo, pubblicato da Bonaccorso, è nato perché volevo provare a reinterpretare a modo mio, possibilmente senza commettere sacrilegi, la leggenda di Giulietta e Romeo, con atmosfere un po' dark. Non una storia cattiva, però abbastanza oscura. Il dramma di Shakespeare mi piaceva molto e i luoghi li ho qui... a un quarto d'ora di macchina (tra l'altro, allora lavoravo in una libreria, nella via in cui si trova la Casa di Giulietta). Il titolo del romanzo deriva da una frase contenuta nell'opera, pronunciata da Romeo. A volte nasce tutto così, si prova a bloccare un'immagine nella mente, la si traduce in parole. È come descrivere un dipinto. Altre volte invece si forzano le cose, ed è il caso di Zeferina: mi ero imposto di pensare a un accostamento insolito, in una storia fantasy, e chissà perché a un certo punto mi sono immaginato uno con addosso una camicia rossa da garibaldino, un fucile a tracolla, mentre viaggia nel bosco insieme a degli elfi.

Cerchio Settimo
Cerchio Settimo
Sulle prime il protagonista era proprio un ex soldato, un mezzo stregone alla ricerca di una cura per dei malefici, e per resistere ai tormenti interiori si procurava tagli sulle braccia, applicava sulla pelle mignatte. Mi era simpatico quel mago pazzo che andava avanti a grappa, e ho più o meno tenuto il personaggio, ma poi ho optato per una protagonista femminile. Una giovane strega, minuta, carina. Una ladruncola, sola contro tutti. Stabilito che doveva essere una ragazza che viveva nel Regno d'Italia (all'inizio del romanzo è diretta verso un albero cavo, ha un fagotto fra le braccia, in testa ha un cappello a cilindro che ha rubato chissà dove), ho raccolto informazioni e, be', ho anche dovuto almeno un po' ristudiare alcuni capitoli di Storia che a scuola non avevo molto affrontato perché, eeeeer, quel giorno là ero assente. La vicenda si svolge in un territorio di confine, in parte anche nell'area cimbra, sono perciò citate perlopiù leggende italiane ma c'è anche qualche mito proveniente da altre culture, come la Caccia Selvaggia, di cui esistono versioni alpine, e l'albero della vita ― l'Yggdrasil per la mitologia norrena ― che nel caso di questo romanzo è un grosso platano (realmente esistente).

Dopo la pubblicazione con Larcher, qualche mese fa, ho ampliato un po' il testo, ho aggiunto nuove situazioni e personaggi. Nella nuova versione, che sarà pubblicata da un altro editore, ci sarà anche un po' più di sangue. Per la turbolenta Zeferina però c'è da aspettare ancora un po', al momento non so dire quanto... Ci sarebbe addirittura l'ipotesi di un film, ma è troppo presto per parlarne. Può succedere o no. Il solo fatto che una casa produttrice si sia interessata dà le vertigini e sinceramente è già una soddisfazione, ecco tutto.

I progetti per il prossimo futuro riguardano prima di tutto un racconto ambientato nell'Impero Romano, fra gladiatori e mitiche razze di guerrieri. Su un'antologia di prossima realizzazione. Poi ho un altro romanzo fantasy che potrebbe vedere la luce entro il 2008. È un po' più cattivello di Zeferina. Tra i lavori che voglio al più presto iniziare, invece, c'è un romanzo horror un po' particolare (sta nascendo in un modo curioso), ambientato ai giorni nostri.

La produzione italiana nel campo del fantastico e della fantasy è in gran fermento. C’è chi conferma questa tendenza e c’è chi invece teme sia solo un fuoco di paglia. Come autore e come esperto del settore, tu cosa ne pensi? Siamo arrivati a un fatidico momento di svolta? La fantasy italiana ha davvero davanti a sé un solido futuro cui guardare?

Grazie per l'"esperto del settore", ma posso risponderti da appassionato che sta seguendo la vicenda e, appunto, anche come autore che ci è finito in mezzo. Di sicuro la situazione si è mossa. Credo che il discorso

Zeferina, disegno di Roberto Bonadimani (partic.).
Zeferina, disegno di Roberto Bonadimani (partic.).
sia più ampio, il fatto è che negli ultimi tempi sta accadendo qualcosa di straordinario, secondo me: la gente, grazie ai forum, ai blog, ha la possibilità di discutere di più, commentare, dare giudizi in totale anarchia, e tutti hanno almeno una possibilità. Una volta si annunciava un romanzo spacciandolo per un capolavoro, un caso letterario, e si poteva sperare di farla franca, oggi invece un autore deve rimboccarsi le maniche e dimostrarlo, di aver fatto un buon lavoro, che abbia pubblicato con una casa editrice microscopica o con una gigantesca. Altrimenti è sommerso dalle critiche, soprattutto se sulla copertina c'è scritto che è il nuovo Tolkien, l'erede della Rowling, eccetera. Una specie di rivoluzione, insomma: niente bluff, se vali o no stavolta te lo dice direttamente il popolo.

Io penso sia anche per questo che a un tratto è scoppiato, proprio su internet, il fenomeno della "fantasy italiana": fra i lettori si è scoperto che in realtà esiste e non è vero che non la cercava nessuno. Gli editori se ne sono accorti e oggi si precisa più volentieri che un tal romanzo è di uno scrittore nostrano, suscita curiosità. Non siamo al traguardo, affatto, c'è solo più apertura. La fantasy italiana è di vario tipo e non è di certo automatico che debba essere tutta di alto livello. Il punto principale è un altro: aver dato una possibilità agli autori, prima invece venivano bloccati in partenza.

Riccardo, siamo giunti all’ultima domanda. Grazie infinite per essere rimasto con noi e con i lettori che sempre ci seguono. L’ultima domanda ha oramai una sua ritualità ben precisa che si può racchiudere in poche parole: un consiglio rivolto agli scrittori esordienti. Cosa consigli loro? Come muoversi? Quali sono le basi imprescindibili da cui partire?

Prima di qualsiasi altra cosa, divertirsi. Poi viene il resto, ufficialmente non ci sono regole ferree e il bello è anche questo. Servirebbe la continuità, altrimenti rimane un hobby che fai una volta al mese o quando ti gira, e non ci sarebbe niente di male, ma tutto qui. Puoi essere un genio e raggiungere il successo subito, dopo aver scritto una sola volta in vita tua, ma sappiamo tutti quanto è difficile. Il più delle volte funziona così: almeno un po' c'è da sgobbare. Partendo in quarta, con entusiasmo ma cominciando per gradi, confrontandosi, vedendo che errori fai e cercando di capire quali sono, invece, i tuoi punti di forza. Ovviamente leggere, quello è il carburante. C'è uno stato d'animo che trovo incredibile, quando si legge un ottimo libro: è fatto per un 1% di sconforto allo stato puro ("porc... questo è di un altro pianeta, come fa a scrivere così?") e per il restante 99% hai una carica addosso, che non vedi l'ora di riempire pagine di tue creazioni.

Valutare i consigli e le critiche, sapendo che tutto potrà tornare utile, ma anche che i mostri sacri non esistono e chi in teoria ne sa più di te può sbagliare o essere rimasto indietro, spetta a te scegliere che strada percorrere. Nessuno ti fa diventare uno scrittore se per primo non ci pensi tu, ma non sto parlando di autopromozione martellante su internet, con siti, blog e booktrailers su YouTube: buono che ci siano questi mezzi, ulteriore prova che oggi tutti hanno una possibilità, ma resta il fatto che prima dovresti aver davvero trovato qualcosa da dire. Infine (ormai per fortuna questa la sanno tutti, ma è sempre bene ribadirlo): evitare tutti quei personaggi che sfruttano l'altrui passione. Dribblandoli o, nei casi più gravi, non esitando a portarli davanti a un giudice.

I siti di Riccardo Coltri sono:

www.zeferina.it

http://crislor.it/rcoltri.htm