Ci sono film che nascono male e verranno ricordati negli annali del cinema come esempi di cattiva produzione. L’esempio più lampante è Exorcist: the beginning che il regista Renny Harlin sta girando negli studi di Cinecittà. Ma cominciamo, appunto, dall’inizio...

Nel 1990 James G. Robinson e la sua Morgan Creek Productions finanziano il terzo episodio dell'(esorcista che, sebbene accolto tiepidamente dalla critica, incassa una somma sufficiente a incoraggiare il produttore che nel 1997 commissiona quindi a William Wisher (sceneggiatore di Terminator 2) l’incarico di preparare uno script sulle gesta di padre Merrin in Africa, appena dopo la Seconda Guerra Mondiale.

Si tratta di una storia dal forte spessore psicologico, con l’esorcista che, alle prese con un demone forte e subdolo, si trova a questionare la sua fede più profonda. Wisher non sembra essere lo scrittore più adatto e Robinson bolla la stesura finale come “mancante di quel terrore psicologico di cui era pieno il primo film”. Esce Wisher entra Caleb Carr, noto ai più per aver scritto L’Alienista. L’ingresso di Carr incuriosisce John Frankenheimer (Ronin), che si propone come regista trascinando nel progetto anche l’attore Liam Neeson (Schindler’s list).

Siamo intanto arrivati al 2001, si pensa a una ipotetica uscita in sala per il 2003. In giugno 2002 Frankenheimer affronta una seria operazione chirurgica e muore di cuore un mese dopo. Spaventato dal corso degli eventi anche Neeson fugge dal progetto. Pochi film si salverebbero da un disastro simile ma Robinson è un duro, uno di quei uomini che hanno costruito un impero dal nulla, un tipo che non molla facilmente e così incarica il presidente della sua compagnia, Guy McElwine, di trovare un sostituto. McElwine individua subito il nome giusto, un suo amico di lunga data, quel Paul Schrader regista di buon calibro (Il bacio della pantera, Affliction, Auto Focus) e sceneggiatore geniale (Taxi Driver, L’ultima tentazione di Cristo, Toro Scatenato...).

E’ l’occasione che Schrader aspetta da una vita, da sempre ossessionato con tematiche religiose e personaggi messianici e il buon Paul si mette subito al lavoro, sostituendo lo scomparso Neeson con Stellan Skarsgard (Le onde del destino). Novembre 2002: l’intera troupe vola in Marocco per lavorare sei settimane in esterno e interno e quindi a Roma per il resto degli interni, budget previsto 38 milioni di dollari con uscita per l’estate 2003.

Facciamo un balzo temporale e immaginiamoci una scena. Robinson e McElwaine entrano nella sala proiezione n. 5 degli stabilimenti Warner Bros: è il 17 aprile 2003 e sono ansiosi di vedere quanto girato da Schrader ma alla fine della proiezione Robinson è totalmente insoddisfatto “il film è troppo introspettivo, troppo cerebrale, mancano le scene d’azione” (il motivo opposto per il quale era stato licenziato Wisher, ricordate?) e ordina un rimontaggio del materiale filmato. Schrader, cui viene concessa una settimana di tempo, si lamenta ed esige che gli vengano dati alcuni mesi per rigirare delle scene, la dirigenza affida il montaggio a un professionista del calibro di Sheldon Kahn (montaggio per La mia Africa, Qualcuno volò sul nudo del cuculo, Diritto di cronaca), Schrader, infuriato, vola via a New York a macerare la rabbia per qualche mese per poi tornare e licenziare Kahn. Ovvia reazione degli studios e, dopo le varie schermaglie legali che potete ben immaginare, Schrader viene licenziato ma anche Kahn, dopo un discorso chiarificatore con il regista, abbandona il progetto.

Robinson, uomo dalle idee chiare, si ritrova senza regia e senza montaggio. Arriviamo così a ottobre 2003, Robinson incontra finalmente il regista dei suoi sogni, tale Renny Harlin (capolavori quali Die Hard 2 e Driven) che dice subito chiaramente cosa bisogna fare per salvare il film: riscrivere la sceneggiatura, assumere un nuovo cast e aggiungere un sacco di azione.

Tali parole, pronunciate con irresistibile entusiasmo, convincono immediatamente la produzione che da carta bianca a Harlin: si ri-vola a Roma, si ricreano in studio anche gli interni africani, vengono convocati tre nuovi sceneggiatori (oltre allo stesso Harlin che coglie l’occasione di farsi sentire anche in fase di script) e sono rigirate tutte le scene con attori diversi (si salva Skarsgard, sempre nel ruolo principale).

Il lavoro di questa nuova troupe, iniziato dopo Natale 2003, costerà alla produzione dai 300.000 ai 450.000 dollari al giorno e farà lievitare il costo finale del film oltre i 75 milioni di dollari. Robinson ora si dice soddisfatto del film, più ricco d’azione e privato di quella tensione psicologica che risultava così indigesta. Non è ancora chiaro chi firmerà il risultato finale (del girato di Schrader vengono conservati esclusivamente gli esterni in Marocco) ma presto, con ulteriori spese, si giungerà a risolvere anche questo dilemma.

Buona futura visione a tutti gli appassionati!