Occorre premettere che questo libro nasce prima come immagini a fumetti che come romanzo. Luca Enoch, Stefano Vietti e Giuseppe Matteoni sono gli artisti che hanno dato il via alla saga fantasy denominata Dragonero.

Per chi avesse letto i fumetti, Dragonero – La maledizione di Thule risulterà simile, ma allo stesso tempo nuova. I personaggi sono gli stessi, ma alcuni dettagli della storia sono alquanto differenti.

I protagonisti sono principalmente quattro.

C'è Alben, il classico mago fantasy detentore dei grandi segreti magici che non ama elargire informazioni con facilità.

Ian è un eroe umano molto amato e coraggioso, disposto a tutto per salvare i propri amici e per fare la scelta giusta. Dentro di sé cela un potere forte che lui tende a mantenere sopito.

Gmor è un orco civilizzato, ama leggere e, fin da piccolo, è diventato il migliore amico di Ian. Ha metodi un po' rozzi, ma anche un grande cuore.

Sera è un'elfa silvana che è stata strappata dalla sua famiglia e costretta a vivere con gli umani. Durante una missione è diventata amica di Ian e Gmor e, da quel momento, non li ha più lasciati. È un personaggio che non ha paura di dire quello che pensa e di difendere le proprie idee.

I quattro amici partiranno per una nuova avventura dove dovranno affrontare i Reietti.

I Reietti una volta erano normali esseri umani che, giunti alla disperazione, si mettevano nelle mani di alcuni maghi. Questi, dopo diversi e dolorosi esperimenti, li potenziarono sottraendo loro i ricordi e trasformandoli in esseri superiori. Forti mercenari dagli enormi e incontrollabili poteri e fini strateghi.

Dovevano essere stati tutti sterminati, ma così non è stato. Adesso il più potente di loro si sta risvegliando e nessuno sarà al sicuro.

La prima osservazione che occorre fare è che questo romanzo coniuga le caratteristiche classiche del fantasy con alcuni elementi più innovativi.

Per esempio il libro parla di strani marchingegni come degli antichi ascensori o dirigibili. Il tutto ricorda lievemente un'ambientazione steampunk. Questo connubio è avvenuto in modo armonioso e senza stridere, cosa che sicuramente non deve essere stata semplice.

Un secondo punto di analisi riguarda la lunghezza del libro. Normalmente le saghe fantasy contano diverse pagine al proprio attivo. Questo romanzo non è così. È breve e sintetico, senza per questo cadere nel banale o avere grossi buchi di trama.

Quest'ultima, infatti, risulta essere originale, lineare e appassionante.

È la dimostrazione che, per essere un buon fantasy, bastano poche cose: personaggi per i quali fare il tifo, una buona trama e una grande capacità narrativa.

I protagonisti, per quanto stereotipati, appassionano il lettore che non può non affezionarsi a loro, alla loro umanità e ai loro difetti. Forse è proprio la loro imperfezione a renderli così attraenti agli occhi del lettore.

L'unica parte un po' lenta, riguarda la narrazione del passato dei vari personaggi.

Stefano Vietti ha inserito le loro storie con cadenza quasi calcolata, in momenti anche poco adatti. Sarebbe stato bello scoprire i dettagli poco per volta e non vederli sviolinati tutti in mezza pagina.

A parte questo la trama non presenta altri difetti. Il cattivo della situazione è credibile e per niente incongruente con la storia e il finale del romanzo non delude per niente il lettore.

Un fantasy classico dai risvolti steampunk che entusiasma a ogni pagina.