Film, a quanto riportano le cifre della Disney, visto da sei milioni e mezzo di ragazzi in America e classificato come il film più visto degli ultimi cinque anni in Australia. Arriva in Italia trasmesso da Disney Channel, il canale dei ragazzi fra i sei e i tredici anni.

La storia di Descendants potrebbe essere interessante. Seguiamo le vicende dei reietti del mondo delle favole: i figli dei cattivi, relegati con i genitori nell’isola dei Perduti, sono invitati, tramite proclama, dal futuro erede al trono Ben, figlio della regina Belle e del re Adam (Bestia), a frequentare la scuola di Auradon insieme ai figli degli eroi Disney. La cosa solletica i genitori cattivi, che vogliono manipolare i figli per affermare il loro potere. Quindi c’è la lotta per il predominio fra i cattivi, l’ipotetica lotta fra i cattivi e i buoni ignari, il confronto/scontro generazionale.

Purtroppo il doppiaggio non aiuta, risulta posticcio, poi il crollo dell’attenzione all’apparire di attori, alcuni veramente infimi, tanto per citarne uno Dan Payne, il re Adam, un manichino incapace di stare in scena e di reggere il confronto con i giovani e anche con Keegan Connor Tracy, Belle; altri diretti male, esagerati, fuori le righe, risultano macchiette fastidiose: Wendy Raquel Robinson, Crudelia, che sembra voler imitare malamente la già esagerata e stantia recitazione di Helena Bonham Carter, o ancora peggio Johnny Depp nei Pirati dei Caraibi. Anche Maz Jobrani, Jafar, non brilla in fatto di recitazione. Brava e credibile nella esagerazione del personaggio Kristin Chenoweth, che rende bene Malefica sia con espressività facciale, sia con posture fisiche e in più ha anche una bella voce, è evidente la preparazione di attrice di musical. Sorvolo la Regina cattiva di Biancaneve perché è meglio stendere un pietoso velo.

Dove Cameron è Mal, la protagonista, figlia di Malefica, conosciuta per la serie tv Liv e Maddie, è brava, si muove bene, a volte risulta troppo compresa dal suo personaggio di attrice, da sembrare Francesca Bertini, ma essendo in erba, si spera che con il tempo mitighi l’eccesso. Sofia Carson, Evie, la figlia della Regina cattiva di Biancaneve, bella e funzionale al personaggio.

Sarah Jeffery, Audrey, figlia di Aurora e fidanzata di Ben, riesce benissimo a fare la stizzosetta, purtroppo spesso appare sciaquetta. Mi auguro che sia solo l’immedesimazione stanislavskiana a dettare simile recitazione.

Passiamo in rassegna i ragazzi.

Bravo Cameron Boyce, Carlos, figlio di Crudelia, anche fisicamente. Difficilmente sopportabile Booboo Stewart, Jay, figlio di Jafar, il cui unico obiettivo evidente è mostrare quanto sia macho e muscoloso. A parte questo le espressioni sono da triglia lessa. Sembra valere la regola talis pater, talis filius anche nella finzione filmica.

Gli attori che interpretano i personaggi buoni sembrano scelti ad hoc per risaltare i cattivi. Se fra i secondi ci sono profondi crateri di sufficienza, fra i primi è meglio stendere un velo pietoso. Magari un piumone. Terrificante l’esordiente Mitchell Hope, il famoso principe Ben. Caruccio come il Ken di Barbie: stessa capacità motoria, stessa capacità espressiva.  

E in ultimo Jedidiah Goodacre, Chad, figlio di Cenerentola, il cui personaggio yuppie sembra calzare perfettamente. Bravo per fortuna Zachary Gibson, figlio di Cucciolo.

Brenna D’Amico è un’inconsistente Fata Madrina. 

Anche la sceneggiatura è banale, le trovate registiche non sono divertenti e puntano su una comicità greve. Non si capisce perché inserire in solo due scene la ragazza in sedia a rotelle. Dovevano garantire le quote handicap, così come hanno garantito le quote nere (l’allenatore di calcio, la mamma della Bella Addormentata) e le quote asiatiche (Dianne Doan, la figlia di Mulan)? Però alla base del film e soprattutto del messaggio i luoghi comuni sono garantiti: il principe biondo e bello, la ragazza cattiva che si redime grazie all’amore, i genitori cattivi sgraziati ed esagerati.

Il tentativo di porre dei temi interessanti c’è per carità: l’emancipazione dei figli, la crescita, l’affrancamento dalle colpe dei genitori, ma il tutto è sommerso da una retorica ipocrita, che dovremmo scrollarci e che invece si reitera, instillandosi nelle menti dei ragazzi a cui il prodotto è destinato.

Una lode a Carola Campagna, l’interprete della canzone Se solo, la cui voce risulta più armoniosa di quella della cantante/attrice americana. La speranza è che non si perda fra testi inconsistenti e festivalieri.