Nell’oscurità della platea, tra le diffuse risate, si notano le sagome di alcuni spettatori che fissano il palcoscenico con occhio sgranato. Immobili. Balbi. Le labbra di questi individui, nel giro di due ore, passano dall’essere spalancate dall’incredulità al divaricarsi per incitare gli attori con urla passionali accompagnate da gesticolamenti altrettanto enfatici. Si tratta dei neofiti del Grand Guignol de Milan, gli abituè li notano subito. Che siano finiti in teatro mossi da casualità o trascinati da amici poco importa, tutti seguono questo iter.

In effetti le pièce dei ragazzi del Grand Guignol possono essere scioccanti o, perlomeno, destabilizzanti – il compère, d’altronde, altri non è che il Principe delle tenebre adornato con denti aguzzi e corna posticce. Altrettanto diabolici sono i temi trattati, liberamente ispirati a episodi storici reali, ben documentati e arricchiti da un pizzico di fantasia che li rende opportunamente – o forse “apparentemente” – innocui, riuscendo a trasformare terribili efferatezze in materia di scherno. Una serata conclusasi bene, se affidata alle loro grinfie, è tassativamente contraddistinta da una folla urlante che incita uno o più assassini a massacrare senza pietà le innocenti vittime.

Alla fin fine il Grand Guignol – intendo quello originale della Parigi Ottocentesca – è nato proprio con questo intento: esorcizzare le paure e i mali che assillano il cittadino medio, costretto a soffocare i propri istinti per non sfigurare agli occhi dalla moralità perbenista e ipocrita. Il teatro diviene qui un luogo franco, un sancta sanctorum in cui dare farsescamente il peggio di sé. Presenziare al Guignol con l’intento di essere caritatevoli verso gli attori stonerebbe quasi quanto l’organizzare un'orgia a tema palombaresco.

Il Principe e i suoi scagnozzi milanesi, maschere sotto le quali si nasconde il vivace gruppo Convivio d’arte, si rifanno esplicitamente a questa memoria, pur deviando dal percorso tracciato abbandonando la contemporaneità in favore dei costumi tradizionali. Forse la nostra società non è più capace di ridere truculentemente di sé stessa o, cosa più probabile, l’estetica demodè à la Teatro dei vampiri è particolarmente gradita al pubblico odierno, resta il fatto che l’effetto catartico ne rimane inalterato e lo sfogo è assicurato. La tradizione, in fondo, altro non è che una rielaborazione contemporanea del passato e il Grand Guignol de Milan è terribilmente abile nel ripescare faccende remote e dimostrare siano ancora attuali, se non eterne.

A quasi quattro anni dall’inizio delle mefistofeliche serate meneghine e dopo una tournée che li ha portati a Roma come a Londra, i granguignoli sono riapprodati finalmente a Milano, aprendo con il recente spettacolo del 20 settembre la stagione 2017/2018. Il collaudo della novella sede, lo spazio Mi Mat, non è stato esente da problematiche, ma le carenze sono di minuscola portata ed è facile ipotizzare che le future performance saranno soggette a una conseguente tara. E no, la mia clemenza nell’abbonare i summenzionati difetti non ha nulla a che vedere con il recensore giornalistico avvelenato sulla loro ribalta pochi giorni fa.

Il prossimo incontro si terrà il 31 ottobre, in concomitanza con Halloween. Il titolo: Fantasmi, magia nera ed occultismo in Italia. Se conoscete il significato di “saponificazione” siete gli spettatori ideali per il Grand Guignol, dovete assolutamente presenziare, altrimenti fate sempre in tempo a documentarvi e a rimanere sconvolti.