Al centro del tavolo troneggiavano un pentolone di stufato, una grande pagnotta e una caraffa di vino quasi vuota. Il capo stava servendosi per la seconda volta proprio in quel momento, con una mestolata di zuppa fumante, mentre gli altri erano intenti a lucidare le ciotole col pane. Tranne la ragazza, che non aveva neppure un coperto davanti.

- Dovrebbe già essere qui. – borbottò il capo, la testa china sulla sua ciotola, immergendo il cucchiaio. – Sta per fare buio.

- Abbi pazienza, Zoern. – replicò l’uomo magro. – Speriamo piuttosto che porti buone notizie.

- Tu dici? Per me non è un buon segno che tardi tanto. Accidenti a noi e alla nostra idea di infognarci in questo paesino. Ehi, piantala, Deter, ha già mangiato abbastanza.

Si riferiva al fatto che l’uomo dagli occhi azzurri aveva appena passato alla ragazzina un pezzo di pane intriso di sugo. Lei l’aveva afferrato velocemente e si era rannicchiata a divorarlo.

- Non esagerare, Zoern. – replicò Deter, che aveva una bella voce bassa e calda, dalla perfetta dizione priva d’accenti. – Non vedi che è ancora affamata? Vuoi che crolli per terra?

- Tanto per cominciare sono io che decido. Vorrei che te lo ricordassi più spesso. E certo non sono i miei servi a dovermi dire cosa fare dei miei servi.

L’uomo dagli occhi azzurri divenne più pallido, all’insulto, ma chinò la testa senza replicare, mentre l’altro, quello magro, si lasciava andare a un sorrisetto maligno. Però, poco dopo, passò anche lui un pezzetto di pane alla ragazzina.

Zoern lo notò ma questa volta si limitò a sbuffare. - Se volete digiunare, affari vostri. Per stasera non ordineremo altro cibo, deve bastare per tutti. Questa qui vi impietosisce con i suoi occhietti da uccellino e voi ci cascate.

Non passò molto tempo che la porta si aprì. Entrò una donna ancora giovane, non molto alta, robusta, vestita in abiti maschili e armata. Lei sì, che si poteva classificare subito come Farni, per la pelle olivastra, gli zigomi pronunciati, i lunghi capelli bronzei e gli elaborati orecchini.

Si guardò intorno brevemente, e individuato il gruppetto lo raggiunse al tavolo.

- Siediti, Siastra. – la incoraggiò Zoern, quasi con benevolenza. – Venja, vai a farti dare una ciotola e un boccale.

La ragazzina obbedì prontamente. La nuova arrivata si sedette dal lato dei due uomini, appoggiando la schiena al muro e sospirando. Appariva molto stanca.

- Non porto niente di buono, purtroppo. – annunciò, scuotendo la testa. – Ho fatto il giro di tutti i mercati, dei caravanserragli, delle locande di lusso. Mi sono informata se partivano carovane, convogli, se qualche ricco aveva bisogno di scorta, se qualcuno era a corto di personale…Niente da fare. E’ tutto il giorno che parlo e cammino, non ne posso più.

- Strano – osservò l’uomo magro – Non è mica inverno, né stagione di tempeste. Dovrebbe essere pieno di viaggiatori, in ogni direzione. Possibile che siano tutti al completo?

Zoern emise una specie di sbuffo, un suono sordo come un raschio. - Ah, l’avevo detto io, Lin. Questo posto è un mortorio, non dovevamo infilarci qui, ma seguire altre rotte. Altro che commerci…

- Non è questo – replicò Siastra. – E’ peggio, sono tutti bloccati. C’è una Ferita. Poco a nord di qua, e si estende. Hanno paura a partire, aspettano notizie, sperano che arrivino i Sanatori o cercano percorsi alternativi, per nave, se la strada al mare è sgombra. E’ un maledetto caos. Anche quelli diretti a sud aspettano notizie, non si fidano.

Si interruppe, per versarsi un boccale di vino che vuotò d’un fiato. Venja, la ragazzina, tornata rapidamente con quanto richiesto si era rimessa sul suo sgabello, e pareva ascoltare con ancora maggiore attenzione.

Zoern si lasciò andare a una fila di improperi che coinvolgevano vecchie divinità e attività sessuali di varia natura.

- Una Ferita – mormorò Deter, incredulo, quasi fra sé. – Così distante dalle pianure maledette. Ecco perché arriva questa luce strana. E’ sempre peggio. Presto non si potrà più viaggiare, presto non riusciremo a coltivare abbastanza cibo per tutti…

L’uomo magro replicò, beffardo: - Stai attento, qualcuno potrebbe capire questa lingua, e per chi parla così, lo sai, ci sono tenaglie e forca. Vietato dubitare del potere dei Sanatori e della Regola.

- Concentriamoci sul nostro problema – esortò Zoern – che è già abbastanza grave. Contavamo di trovare qualche risorsa per andarcene di qui. Ci sono rimasti i cavalli, le armi e qualche spicciolo. – frugò con cautela nella saccoccia che portava alla cintola. - Le armi ci servono, ma anche i cavalli sono fuori discussione, se li vendiamo siamo finiti. Non troveremo più lavoro neanche a spalare letame.

- Potremmo vendere qualcuno. Venja non vale un gran che, muta e quattr’ossa com’è, ma Deter…

L’interpellato scattò in piedi, senza potersi trattenere. - Piantala, Linedhr. Non sei divertente. Lo sai benissimo che un servo a termine non si può vendere: per il resto ti garantisco che quando sarò un uomo libero la prima cosa che farò sarà levarti la pellaccia di dosso.