Senzali

di Barbara Gisolo

– Domnaigh! – chiamò una voce baritonale.

– Domnaigh, mostrati! – le fece eco un’altra, meno profonda.

Domnaigh tacque. Che la cercassero pure.

Illustrazione di John Howe
Illustrazione di John Howe
Avrebbe riso nel vederli calpestare i ratti morti e gli escrementi su cui da giorni la costringevano a dormire, ghiacciati quando si accasciava e sciolti dal calore del suo corpo dopo poche, tormentate ore di sonno.

Avrebbe riso nel vederli arrancare nel buio, sbattere contro le stalattiti di cristallo, lacerarsi le ali sulle pareti di calcare com’era accaduto a lei, i primi tempi. Avrebbe annusato il disagio nell’odore del loro sangue, inebriandosi di quella misera vendetta. Già fremeva in tutte le scaglie.

– Domnaigh, siamo qui per farti una proposta. – Una terza voce? No, ancora la prima, ammorbidita da un tono di compiacenza.

Ridicolo. Prevedibile, falso e ridicolo.

Si sarebbe aspettata una strategia migliore dai Comandanti della Fiamma, il più terrificante esercito che avesse mai solcato i cieli a est delle Terre del Fuoco.

La grossa figura di Luain si profilò oltre la grata arrugginita. Il Pa-draig dell’Assembramento di Pianalto si orientava con controllati sbuffi di fumo iridescente, niente di più. Sapeva bene di quali gas fosse intrisa l’aria delle grotte. Gas che si sarebbero accesi, se solo i prigionieri avessero osato violare il divieto della luce con una fiammata che temperasse quelle tenebre insopportabili, eterne.

Qualcuno di tanto in tanto cedeva. Domnaigh ne aveva visto in lontananza i corpi accendersi. Brillavano un attimo. Poi restava solo odore di scaglie bruciate. Li aveva invidiati, talvolta: per loro non c’era più sofferenza. Niente più torture, interrogatori, fame e sonno. Eppure lei non era ancora giunta a quel punto. Restava aggrappata alla vita, a quel poco di vita che le veniva risparmiato.

Il Pa-draig avanzò, chino sotto il peso delle ali ripiegate. L’aveva vista.

– Riesci ad alzarti? – le domandò con impostata premura.

– Non giocare con me. – Domnaigh non si lasciò avvincere, sapeva bene che quella morbidezza era solo l’ennesima strategia per annientare la sua volontà.

– Non sta giocando – stridette Ceadoin. Il secondo del Pa-draig era altero e crudele per natura. Lo sapeva bene, lei, i cui artigli erano ancora purulenti per le piaghe da acido che le aveva inflitto con il suo terribile sogghigno, ogni volta che non otteneva la risposta voluta. Ma quella frase gli era uscita in qualche modo supplichevole.

– Cosa succede, là fuori? – domandò, curiosa, senza neppure rendersi conto che stava abbandonando ogni riserbo.

– Avevi ragione tu – fu la risposta schietta del Pa-draig. Un riconoscimento che una luna addietro l’avrebbe riempita di orgoglio. – Il gelo ci sta stringendo d’assedio. Non abbiamo la forza di contrastarlo.

Domnaigh lo sapeva. Aveva sentito la terra farsi fredda sotto le zampe, ogni giorno di più. L’acqua ghiacciava nella scodella, nonostante le prigioni fossero scavate parecchi metri sotto la superficie e le grotte di massima sicurezza, dove lei era rinchiusa, fossero più in basso di tutte. Domnaigh sapeva che il freddo stava avanzando, ma non sarebbe bastato quello a far scendere i Comandanti fino a lì.

– Ditemi ciò che tacete – li sfidò.