Il continente di Ell, dopo una serie di catastrofi apparentemente naturali, viene invaso da un esercito feroce e assetato di sangue. Stanno arrivando tempi cupi: il Pastore Nero, uno dei due fratelli Saijkalrae, si sta risvegliando dal suo secolare riposo; per ripristinare l’equilibrio dovrà essere risvegliato l'altro fratello, il Pastore Bianco.

All'orizzonte, una guerra. Uno scontro tra bene e male tra i più classici.

I rakuri sono il male, i clan di Eisbergen sono il bene.

I personaggi sui quali l'autore poggia le sua costruzione narrativa appartengono alla più classica delle caratterizzazioni: Madhrab il leader dei clan; Renlasol è il suo scudiero; Sapius è Il Mago; Elischa è una guaritrice; l'antagonista Grimmgour, il leader del Rakuri, rappresenta il male.

Sin dall'inizio il romanzo si presenta sovraccarico di informazioni, di descrizioni. Di dettagli fin troppo cesellati dall'autore. Tre pagine per fare attraversare un salone a un personaggio sono troppe.

Anche le riflessioni dei personaggi sono estenuanti. Madhrab sembra avere fin troppa profondità di pensiero per essere un guerriero. Il suo avversario Grimmgour è d'altra parte descritto come un sanguinario violentatore, ma sembrano mancargli tutte le qualità per essere un vero leader, sia pur votato al male. Ma per come sono descritti i rakuri sembra che valga il proverbio "nel regno dei ciechi l'orbo è il Re".

Più efficaci gli altri personaggi, sui quali spicca Sapius, che è tratteggiato con ampiezza di sfumature e di oscillazioni di stati d'animo.

Lo scopo dell'autore sembra essere quello di mostrare, almeno nel fronte del bene, come nel cuori dei più nobili oltre alla grandezza di “spirito” alberghino anche miserie, meschinità e vigliaccheria. Ma le oscillazioni sono repentine, facendo risultare poco credibili i passaggi di stato d'animo.

Un elemento che lascia insoddisfatti è l'arco narrativo, visibilmente incompleto. Sono tanti i particolari e troppi i riferimenti che sembrano proiettarsi oltre questo romanzo, che non vive di vita propria.

Alcuni brani sono molto tesi e non privi d'impatto, come il momento in cui nell'accampamento clan si scatena un veleno mortale che costringe i guerrieri a combattere contro i loro stessi amici, ponendoli di fronte a grossi dilemmi morali. 

La parte culminante della battaglia è molto cruenta. Ma per fortuna non dura così tanto da stancare. 

In conclusione un romanzo fantasy che strutturalmente non ha grossi difetti, se si eccettua il fatto che è chiaramente il primo volume di una saga, ma insegue il modello anglosassone con la stessa cifra stilistica con cui alcuni serial action/polizieschi tedeschi inseguono gli omologhi statunitensi, con esagerazione spettacolare e con psicologie in gran parte tagliate con l'accetta.