Mimì Maresco, ormai da qualche mese, è la campionessa imbattuta dei tornei di biglie di Borgo degli Scontri, cuore della Genova dei vicoli e delle bande di ragazzini di strada. Un’inaspettata sconfitta, causata da un richiamo misterioso che solo lei riesce a sentire, metterà in moto una serie di eventi che porteranno Mimì a scoprire la verità su se stessa e sulle sue origini: la ragazzina proviene infatti da Meterra, un mondo privo di sole e di stelle in cui convivono – più o meno – “pacificamente” umani, diafani, bleürl, garl e zerf. Come se non bastasse, Mimì scopre di essere una fatua, metà umana e metà diafana, di possedere un inaspettato dono per le lingue e che tutta Meterra attendeva il suo ritorno da moltissimi anni. Perché la fatua ha un destino da compiere, e c’è qualcuno pronto a tutto pur di impedirglielo…

Questa la trama di Meterra – Il destino in una biglia, esordio nella narrativa fantastica di Andrea Cisi, le cui precedenti pubblicazioni (per Transeuropea, Minimum Fax e Mondadori) appartenevano a generi differenti. Forse questa la spiegazione alla base di un sostanziale “classicismo” nello sviluppo del romanzo, che ripropone gli stilemi del genere fantasy senza guizzi creativi e originalità. C’è un protagonista che deve scoprire se stesso, dalle origini “importanti” a lungo celate, dei mentori, degli oggetti di valore, degli aiutanti e degli antagonisti. Ci si aspetterebbe almeno che i medesimi topoi vengano presentati con originalità. Questo però non avviene: il mondo di Meterra non costituisce in sé un’ambientazione fantastica particolarmente innovativa e soffre del confronto con la Genova ben reinventata da Cisi, dalle sfumature più urban e le cui atmosfere sono dichiaratamente ispirate a una pietra miliare del cinema fantastico, I Goonies. Non è sufficiente chiamare bleürl gli gnomi, diafane le fate, garl i giganti e zerf i cattivi perché ne risulti un’ambientazione originale. I nomi inventati da Cisi contribuiscono semmai ad aumentare la confusione del lettore, che in alcuni passaggi – la narrazione segue infatti punti di vista differenti – rischia di non riuscire a inquadrare personaggi e situazioni. Infelice la scelta di attribuire ai membri del Formicaio – un istituto in cui vengono addestrati giovani assassini – nomi che cominciano per la lettera “H” e che si somigliano l’un l’altro, ulteriore fattore di confusione. 

Se trama e ambientazione non presentano particolari guizzi creativi, lo stesso discorso si può applicare ai personaggi. Mimì accetta le proprie origini senza battere ciglio, senza neppure sentirsi tradita da padre e nonni putativi che le hanno nascosto la verità per anni. Una volta giunta a Meterra non sembra sentire nostalgia di casa e accetta supinamente la quest che le viene imposta e di cui né lei né il lettore comprendono le motivazioni. I suoi compagni di viaggio Egulash e Ballisto Bal, un guerriero e un plasmante (mago), entrambi reietti, non riescono a colpire come dovrebbero e soffrono della caratterizzazione secondo le stereotipie del genere. Le pagine scorrono prive di eventi sorprendenti o frasi memorabili, in un susseguirsi di scenari spesso identici e sequenze prive di pathos. Ed è un peccato perché sotto il profilo stilistico il romanzo è generalmente ben scritto, i dialoghi risultano nel complesso ben strutturati e si avverte una precisa vocazione, da parte dell'autore, al rischio: Cisi non opta per le situazioni più "semplici", rifiutando il buonismo a costo di far compiere azioni e prendere scelte difficili ai suoi personaggi.  

Meterra aspira a presentarsi allo stesso tempo come libro per ragazzi e romanzo fantasy, ma non convince in nessuna delle due vesti: troppo lungo e prolisso per essere diretto ai più giovani e troppo canonico per attirare gli amanti del genere. Ne risulta un romanzo né carne né pesce, che avrebbe potuto essere elaborato in modo diverso.