Dani Ramos sembra una ragazza qualsiasi, fa l’operaria in fabbrica come suo fratello e si prende cura del padre. Un giorno nella sua vita compare Grace, una donna fortissima venuta dal futuro per proteggerla, poiché sulle tracce della ragazza si è messa un’arma mortale, un Terminator modello Rev-9, realizzato in metallo liquido e in grado di sdoppiarsi dal suo scheletro, il cui unico scopo è eliminarla. L’umanità è desinata a vivere un’apocalisse dove le macchine prenderanno il controllo del pianeta e Dani, a quanto pare, avrà un qualche ruolo nell’affrontare il nemico. Alle due donne si unisce anche Sarah Connor, il cui figlio John, in passato era stato perseguitato dai Terminator proprio come ora lo è Dani. Come se il terzetto non bastasse, della squadra entra a fare parte il T-800, un vecchio modello cyborg che ha, però, qualche conto in sospeso di troppo con Sarah.

Quando fu annunciato il ritorno nella saga di Terminator di James Cameron, autore del primo e del secondo capitolo, rispettivamente del 1984 e del 1991, l’attesa per l’uscita di questo Terminator – Destino Oscuro è salita alle stelle. In mezzo ci sono stati altri tre film: Terminator 3 – Le macchine ribelli (2003), Terminator Salvation (2009), Terminator Genisys (2015), che hanno dimostrato quanto una saga potesse esaurire drammaticamente le proprie idee. Cast sbagliato, ma soprattutto storie poco convincenti parevano aver portato Cameron a riprendere in mano la sua creatura, e con il ritorno in campo di Linda Hamilton, sembrava che tutto procedesse nella giusta direzione. Tanto è che Terminator – Destino Oscuro parte proprio da dove si era interrotto Terminator 2 – Il giorno del giudizio, con la Hamilton e Edward Furlong ringiovaniti in versione anni ‘90. Il collegamento però è tutto qui, e purtroppo la grandezza dei primi due capitoli, tutt’oggi pietre miliari non solo nel loro genere ma nella storia del cinema (pensiamo alle innovazioni tecniche di Terminator 2) non viene neppure sfiorata.

Terminator – Destino Oscuro si limita ad essere il solito blockbuster con poche idee e pure quelle confuse. Anche non facendo i puntigliosi sui buchi nella trama, ha poco senso pure aver cambiato il futuro (il pericolo non si chiama più Skynet) per sostituirlo con qualcos’altro che ne è praticamente una fotocopia. Arnold Schwarzenegger in versione T-800 invecchiato si era già visto in Genisys e tutto è puntato sulla Hamilton, in strepitosa forma, ma un po’ poco per far brillare un film.

Sullo sfondo qua e là c’è qualche spunto politico, Dani è un’operaia a cui una macchina sta prendendo il posto di lavoro, e una messicana che deve attraversare illegalmente il muro per entrare negli Stati Uniti. In particolar modo la rappresentazione del Messico è rilevante se si pensa che un film come Rambo: Last Blood, uscito di recente nelle sale, mostra a differenza di Terminator – Destino Oscuro, il mondo oltre confine come un gorgo infernale. Abbiamo a che fare anche nel caso di Rambo con un sequel che ha fatto la storia e che oggi cerca una nuova strada. Eppure, in entrambi l’anima da blockbuster delle pellicole riesce ad appiattire ogni riferimento ideologico, schiacciando in modo desolante opere di segno completamente opposto.