La carriera di Mark Kerr e la sua vita privata sembrano procedere senza intoppi. Soprannominato The Smashing Machine, Kerr è diventato una star del wrestling e delle arti marziali miste: ha dominato in UFC, vincendo due tornei consecutivi con apparente facilità, per poi approdare — grazie all’amico e collega Mark Coleman — alla lega giapponese PRIDE, nota per compensi più elevati e una visibilità internazionale di prim’ordine. Dietro le quinte lo accompagna la compagna Dawn, presenza costante anche nelle lunghe e spesso estenuanti trasferte all’estero. Ma il dolore fisico accumulato nei combattimenti spinge Kerr a un uso sempre più massiccio di antidolorifici, fino al ricovero ospedaliero e a una complicata riabilitazione. La dipendenza mina anche la relazione con Dawn, il cui carattere impulsivo collide con il percorso di recupero intrapreso dall’atleta, deciso a rimettere ordine nella propria vita e nella sua carriera.
Benny Safdie, insieme al fratello Josh Safdie, è diventato celebre per la critica americana ed europea grazie a una serie di film e documentari indipendenti, oltre ad aver intrapreso un’ottima carriera da attore. The Smashing Machine è il primo film da lui diretto in solitaria, ma l’idea di raccontare alcuni anni della vita di Mark Kerr — diventato in America simbolo di forza ma allo stesso tempo di fragilità — è nata insieme a Dwayne “The Rock” Johnson, produttore e protagonista della pellicola. La figura di Kerr riflette infatti in modo esemplare il mito della forza fisica estrema, tipico della cultura sportiva americana degli anni ’90, ma anche quello dell’eroe complesso, la cui storia è fatta di trionfi ma anche di pressioni psicologiche e dipendenze. È proprio questa miscela di potenza, vulnerabilità e capacità di rialzarsi che ha contribuito a farlo percepire come un simbolo statunitense, un uomo che esplora i limiti, cade e prova a ricominciare, incarnando così uno dei racconti più profondi e ricorrenti della cultura americana.
Nel 2002 il documentario The Smashing Machine: The Life and Times of Extreme Fighter Mark Kerr di John Hyams aveva riportato praticamente la medesima storia e non si possono negare i debiti, anche di messa in scena, che il film di Safdie ha con il lavoro di Hyams. Basti guardare il trailer per capire quanto le due pellicole siano simili, soprattutto se si considera il tono pacato che contraddistingue The Smashing Machine da altri film di genere sportivo. Il pathos per l’ascesa dell’eroe è smorzato da un racconto che, se da una parte mostra muscoli gonfi, sudore e testosterone da spogliatoi, dall’altra propone invece un quadro quasi documentaristico dei pochi anni mostrati della vita di Mark Kerr, che ne esce come figura gentile e rassicurante anche quando si trova coinvolto nelle discussioni con la compagna Dawn.
Una menzione particolare merita Dwayne Johnson, che ha affrontato il ruolo con la volontà precisa di rompere con la propria identità cinematografica di star da blockbuster. L’attore ha più volte sottolineato il desiderio di portare sullo schermo una storia “senza filtri”, impegnandosi in una preparazione fisica e mentale incredibile, anche alla luce dei molti anni di differenza che lo separano dall’atleta interpretato. Safdie, dal canto suo, dimostra una notevole delicatezza nel dirigere Johnson, consentendogli di costruire un Kerr delicato e complesso, lontano da ogni caricatura.


















Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID