Tredici anni dopo la misteriosa scomparsa della sorella Riley, Mia Brennan non ha smesso di cercarla. Riley faceva parte dei Paranormal Paranoids, un gruppo di giovani youtuber che indagava su luoghi infestati dai fantasmi. La loro ultima indagine li aveva condotti a Shelby Oaks, cittadina abbandonata dell’Ohio dove Mia e Riley avevano trascorso l’infanzia. Delle riprese ritrovate dalla polizia, girate durante quella notte, mostrano un’ombra inquietante: la sagoma di colui che potrebbe essere il rapitore. I corpi dei ragazzi vennero poi rinvenuti… tutti tranne quello di Riley. Convinta che la sorella sia ancora viva, Mia riprende le indagini. Quando, dopo un evento sanguinoso, entra in possesso di un filmato inedito, la verità si manifesta davanti ai suoi occhi: il rapimento di Riley, e l’incubo d’infanzia che sembra essersi fatto realtà. La cosa che si affacciava alla camera della loro finestra quand’erano bambine è tornato.

Chris Stuckmann, youtuber da due milioni di follower, esordisce alla regia con un horror che prova a mixare found footage e cinema tradizionale con Shelby Oaks – Il covo del male. Stuckmann ha documentato sul suo canale la lavorazione del film, e il progetto ha iniziato a prendere forma con una serie di brevi video in stile VHS, realizzati per dare vita al mito dei Paranormal Paranoids. Da lì, il passo verso una fortunata campagna di crowdfunding su Kickstarter è stato breve, permettendo al progetto di evolversi grazie a successive fasi di reshooting, soprattutto dopo l’arrivo del sostegno di Mike Flanagan come produttore esecutivo. A credere nel progetto è stata Neon, la stessa casa di distribuzione dei film di Oz Perkins (Longlegs e The Monkey), evidentemente interessata a cercare nuovi talenti anche dal mondo di YouTube. D’altronde, non sono pochi i nomi di rilievo del cinema horror contemporaneo che arrivano direttamente dal web: basti citare i fratelli Philippou (Talk to Me e Bring Her Back) o Michael Shanks (Together), reduci non solo da ottimi incassi, ma anche da un’entusiasta critica.

Chris Stuckmann sceglie di usare, per il suo Shelby Oaks – Il covo del male, proprio il linguaggio ibrido del blog, del vlog e della contaminazione di materiali diversi, provando a moltiplicare i punti di vista. Costruendo un racconto che si muove tra leggenda popolare, memoria collettiva mediata dal web e soggettività del singolo creator, fa ciò che hanno già fatto tanti found footage da The Blair Witch Project in poi, provando a camuffare la mancanza di originalità e di idee con uno stile che alterna falso documentario e cinema tradizionale. Il grosso problema sta però nell’uso così persistente di cliché che pare pressoché impossibile, per uno spettatore appena un po’ smaliziato, rimanerne inquietato. Così, l’ennesima scena della ragazza che va da sola nella prigione infestata, con la torcia che si spegne e la presenza demoniaca che arriva, a voler essere indulgenti si trasforma in noia; a volerlo essere di meno, in un’involontaria parodia. Ci sarebbero altri mille esempi da fare: dall’assurda tecnologia anni ’90 che convive con quella presente, alle bizzarre coincidenze di un album fotografico (con foto stampate) che mostra a Mia e allo spettatore che cosa è successo a Riley.

Shelby Oaks – Il covo del male è l’ennesimo horror pigro che si limita a rimescolare gli stereotipi del genere, forse destinato solo a chi l’horror lo conosce davvero poco. Strana strategia per chi di mestiere fa il critico cinematografico e che per natura dovrebbe tenersi alla larga dai cliché.