Le leggende vogliono che Dante Alighieri, durante l'esilio, mentre scriveva la Commedia, facesse inviare copie del testo finito a Cangrande della Scala, signore di Verona (a lui, tra l'altro, dedicò il terzo canto della sua opera). Di questi manoscritti, però, non è rimasta alcuna traccia.

Il figlio del sommo poeta, dopo la morte del padre, si stabilì nella metà del 1300 nel veronese, dove tutt'ora vive l'ultimo discendente della famiglia.

E' stato intervistato di recente su kataweb, il conte Pieralvise Serègo Alighieri, che ha 49 anni e fa il viticoltore a Gargagnago (VR), nella Valpolicella (non molto più a nord, sui monti Lessini, tra i paesi di Sant'Anna d'Alfaedo e Boscochiesanuova, sorge tra l'altro il cosiddetto Ponte di Veja, maestosa arcata di roccia che ispirò a Dante la descrizione delle Malebolge). A proposito dei manoscritti perduti del celebre antenato, Pieralvise Alighieri afferma: "C’è chi sostiene che possano esserci tracce da queste parti, i miei predecessori hanno provato anche a cercare. Io stesso non ho lesinato energie in questo senso, ma purtroppo, ad oggi, non siamo ancora riusciti a trovare qualcosa. C’è chi sostiene che il nascondiglio possa essere addirittura nei muri di questa casa...".

Nel 1921 il nonno di Alvise Serègo finanziò la riapertura dell'arca di Cangrande della Scala, a Verona, con la speranza di trovare all'interno i canti che Dante dedicò al signore della città, non ottenendo però risultati. Frattanto il conte, oltre a produrre, nel veronese, il vino Serègo Alighieri, esportato in tutto il mondo, ha acquistato terreni nella terra degli avi, in una zona posta di fronte alla Val d'Orcia e a Montalcino: centinaia di filari che produrranno vini doc e "supertuscan".